Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (DDAI) o attention deficit hyperactivity disorder (ADHD) in inglese, è una condizione neurobiologica o un disturbo del neurosviluppo che combina problemi di impulsività, iperattività e difficoltà di concentrazione.
Cos’è l’ADHD?
All'interno della comunità scientifica, l'ADHD è considerato come un disturbo del neurosviluppo, che di solito si manifesta nell'infanzia e che persiste nell'età adulta. Tuttavia, esiste una notevole controversia riguardo alla diagnosi dell'ADHD.
Diversi professionisti, inclusi psichiatri, pediatri, psicologi e pedagogisti, hanno opinioni divergenti al riguardo. Gran parte del dibattito ruota attorno al modello biomedico, che assume che i sintomi siano evidenza di una patologia.
Tuttavia, da una prospettiva depatologizzante, il disturbo di iperattività e deficit di attenzione è considerato più come un funzionamento “neurologicamente diverso” o una condizione con caratteristiche che dovrebbero essere comprese e valorizzate, proponendo un approccio educativo e di supporto piuttosto che interventi di esclusivo trattamento medico volti a "curare una malattia". Quest'ultimo approccio considera l'ADHD come una neurodiversità.
Bambini e ADHD
L'ADHD nei bambini si manifesta comunemente prima dei 12 anni di età. In italia, la prevalenza del disturbo nei bambini e negli adolescenti varia tra l’1,1 e il 3,1%. I bambini con ADHD spesso affrontano difficoltà costanti nell'ambito scolastico a causa della loro difficoltà a mantenere l'attenzione, a controllare gli impulsi e a regolare il loro livello di attività.
Questi problemi non sono limitati solo alle prestazioni scolastiche, ma possono anche influenzare le loro interazioni con i compagni di classe e gli adulti, traducendosi talvolta in problemi comportamentali e difficoltà emotive.
Molti studenti con ADHD, a scuola, per esempio, possono agire senza pensare, avere problemi ad aspettare il loro turno nei giochi o interrompere le conversazioni in classe, così come mostrarsi irrequieti o eccessivamente attivi in situazioni che richiedono calma e concentrazione.
A casa, i bambini con deficit di attenzione e iperattività possono affrontare difficoltà simili. È comune che abbiano problemi a seguire le routine, a completare le faccende domestiche o i compiti scolastici senza continue distrazioni.
La loro impulsività può portare a decisioni affrettate o a comportamenti impulsivi, che spesso portano a conflitti familiari. Inoltre, possono avere problemi a dormire o rilassarsi, influenzando il loro umore e la loro capacità di gestire lo stress.
Sintomi dell'ADHD nei bambini
I sintomi dell'ADHD nei bambini possono variare significativamente da un individuo all'altro, ma generalmente si raggruppano in tre caratteristiche principali: disattenzione, iperattività e impulsività.
Sintomi di deficit dell’attenzione:
- problemi nel rimanere concentrati durante attività o giochi
- tendenza a distrarsi facilmente con stimoli irrilevanti
- tendenza a dimenticare spesso impegni di routine
- difficoltà nel seguire istruzioni e finire lavori a scuola o in casa
- disorganizzazione in compiti e attività
- evitamento di compiti che richiedono uno sforzo mentale prolungato.
Sintomi di iperattività:
- attività motoria incessante, inclusi comportamenti quali correre o saltare in momenti non adatti
- difficoltà a impegnarsi in giochi o attività in maniera calma
- parlare eccessivamente
- costante bisogno di cambiare posizione mentre si è seduti
- inquietudine evidente nelle mani o nei piedi, o torcersi sulla sedia.
Sintomi di impulsività:
- azioni impulsive senza considerare le conseguenze
- interruzione delle conversazioni o dei giochi di altri bambini
- difficoltà ad aspettare il proprio turno in situazioni di gruppo
- risposte impulsive nelle conversazioni, spesso prima che la domanda sia stata completata.
Diagnosi di ADHD: come si svolge?
Molti genitori si chiedono: “Come capire se mio figlio ha l’ADHD?” Diagnosticare il disturbo da deficit di attenzione con iperattività (ADHD) implica un processo meticoloso e preciso.
Prima di tutto è necessario sapere che, per diagnosticare l’ADHD devono essere soddisfatti certi criteri diagnostici. Nel DSM-5, i criteri per l’ADHD includono varie manifestazioni di inattenzione, iperattività e impulsività che devono verificarsi prima che il bambino compia i 12 anni e in più di due ambienti distinti (per esempio, a casa e a scuola).
Gli psicologi esperti in ADHD (come chi si occupa di psicologia infantile) possono utilizzare strumenti di valutazione standardizzati, come le Scale Conners, che rappresentano uno dei test per l'ADHD più utilizzati.
Nella valutazione possono poi essere utilizzati altri strumenti come la Wechsler Intelligence Scale for Children (WISC), che consentono una valutazione del funzionamento cognitivo.
Questi test cercano di identificare sintomi specifici per individuare il disturbo e differenziarlo da altre condizioni che possono avere caratteristiche sovrapposte.
Inoltre, vengono utilizzati altri test come questionari e scale di osservazione, sia per i genitori che per gli educatori, che forniscono informazioni preziose sul comportamento del bambino in diversi ambienti.
Specificamente, i test per diagnosticare l'ADHD nei bambini sono progettati per essere sensibili alle manifestazioni dell'età e considerano la variabilità propria dello sviluppo infantile.
È essenziale che questi test siano somministrati da professionisti della salute mentale, poiché la diagnosi di ADHD non si basa solo sulla presenza/assenza di sintomi, ma anche sulla valutazione del loro impatto sulla vita quotidiana della persona.
L’ADHD è una disabilità?
Secondo la normativa italiana, in particolare l'articolo 3, comma 1, della legge 104/92, si considera persona con disabilità chi “presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”.
Una persona con ADHD può sperimentare gravi difficoltà nelle relazioni interpersonali e un concreto pericolo di esclusione sociale, in particolare nell'ambiente scolastico o professionale: questo fa rientrare l’ADHD tra le possibili forme di disabilità.
La legge n. 68 del 12 marzo 1999 "Norme per il diritto al lavoro dei disabili" stabilisce inoltre, a condizione che sia riconosciuta una certa percentuale di disabilità, la possibilità di inserimento delle persone con ADHD tra le categorie protette.
In Italia, le persone con ADHD possono accedere a vari tipi di aiuti economici, a seconda della gravità del disturbo e del livello di invalidità riconosciuto. La percentuale di invalidità per l'ADHD viene stabilita da una commissione medica dell’INPS e varia in base alla gravità dei sintomi e all’impatto che questi hanno sulla vita quotidiana.
ADHD: la Legge 107
La Legge 107/2015, nota anche come "La Buona Scuola", non si focalizza specificamente sull'ADHD ma introduce delle novità significative nel sistema educativo italiano, che possono indirettamente influenzare il supporto agli studenti con ADHD.
Questa legge si concentra sull'innovazione e il miglioramento del sistema scolastico italiano attraverso vari aspetti, tra cui la valorizzazione delle competenze degli insegnanti, il potenziamento dell'autonomia scolastica e l'aggiornamento dei programmi di studio.
Per quanto riguarda l'ADHD e altri Bisogni Educativi Speciali (BES), il riferimento normativo più pertinente è la Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012, che insieme a documenti successivi (come la Circolare Ministeriale n. 8 del 2013) fornisce indicazioni su come le scuole dovrebbero supportare gli studenti con BES, inclusi quelli con ADHD.
Questi documenti stabiliscono che le scuole devono adottare piani educativi personalizzati (PEP) per studenti con BES, basati su valutazioni multidisciplinari delle loro esigenze.
Gli insegnanti sono incoraggiati a utilizzare metodi didattici flessibili e inclusivi, mentre le istituzioni scolastiche devono garantire che gli studenti con BES ricevano il supporto necessario per il loro successo accademico e personale. Questo può includere adattamenti curricolari, supporto psicopedagogico e l'uso di tecnologie assistive.
La Legge 107/2015 ha anche introdotto il concetto di "Inclusione Scolastica" come uno degli assi portanti del sistema educativo, ponendo le basi per una maggiore attenzione verso tutti gli studenti con bisogni educativi speciali, inclusi quelli con ADHD, attraverso l'implementazione di pratiche didattiche innovative e un maggiore coinvolgimento della comunità scolastica nel loro percorso educativo.
Certificazione per ADHD
In Italia, per ottenere una certificazione di ADHD, è necessario seguire un percorso diagnostico guidato da specialisti nel campo della salute mentale. Solitamente, vengono seguiti i seguenti step:
- valutazione iniziale attraverso il coinvolgimento del medico di base
- diagnosi specialistica, che deve essere effettuata da uno specialista in neuropsichiatria infantile (per bambini e adolescenti) o da uno psichiatra (per adulti), attraverso una valutazione clinica approfondita
- certificazione medica: se la diagnosi è confermata, lo specialista può rilasciare una certificazione medica che attesta la presenza del disturbo. Questo documento è fondamentale per accedere a eventuali supporti e agevolazioni previsti dalla legge
- certificato di disabilità: in base alla gravità e all'impatto dell'ADHD sulla vita quotidiana, può essere possibile richiedere il riconoscimento dello stato di disabilità presso l'ASL di appartenenza. Questo processo prevede la valutazione di una commissione medica che stabilisce il grado di disabilità e l'eventuale diritto a benefici specifici (es. Legge 104/1992).
Sulla base della certificazione medica, può essere attivato un Piano Educativo Personalizzato (PEP) per studenti con Bisogni Educativi Speciali (BES), mentre nel contesto lavorativo possono essere richiesti adeguamenti e supporti specifici.
Tipi di ADHD
L'ADHD può manifestarsi in modi diversi, il che ha portato all'identificazione di vari tipi di ADHD. Nel DSM-5 i diversi tipi di disturbo da deficit di attenzione sono categorizzati tre tipologie
- ADHD senza iperattività o con predominanza di disattenzione
- ADHD con predominanza di iperattività/impulsività
- ADHD combinato, che include sintomi di entrambi.
Inoltre, si considerano diversi gradi di ADHD, che descrivono la gravità dei sintomi: ADHD lieve, moderato e grave. Nell'ADHD lieve, i sintomi possono essere meno evidenti e non interferire significativamente nella vita quotidiana, mentre nell'ADHD moderato e grave, i sintomi sono più evidenti e possono causare un impatto considerevole sul rendimento scolastico e sulle relazioni sociali.
Cause del disturbo da deficit di attenzione e iperattività
Una delle domande più frequenti è: ADHD si nasce o si diventa? La realtà è che le cause del disturbo non sono ancora completamente comprese. Tuttavia, la ricerca ha identificato vari fattori che possono contribuire al suo sviluppo.
Uno dei principali fattori associati all'ADHD è la genetica. Gli studi mostrano che l'ADHD ha una forte componente ereditaria. Ciò suggerisce che certe varianti genetiche possono aumentare il rischio di ADHD, anche se la relazione esatta tra questi geni e il disturbo non è ancora chiara e continua ad essere oggetto di ricerca. [7]
A livello neurologico, si è osservato che il cervello con ADHD spesso mostra differenze nell'attività e nella struttura, specialmente in aree legate all'attenzione, al controllo degli impulsi e alle funzioni esecutive, rispetto a un cervello senza ADHD. [9]
Questo disturbo è stato anche associato a un ritardo nello sviluppo di certe aree cerebrali, che può influenzare le abilità di autocontrollo e attenzione. Inoltre, l'ADHD è stato collegato a carenze nelle funzioni esecutive, nei processi di pianificazione, organizzazione, controllo degli impulsi e regolazione dell'attenzione. [9]
Oltre alla genetica, ci sono fattori ambientali e di sviluppo che possono influenzare il rischio di sviluppare l'ADHD. Per esempio, complicazioni durante la gravidanza e il parto, come il consumo di tabacco e alcol da parte della madre, basso peso alla nascita e prematurità, sono stati associati a un maggior rischio di ADHD nei bambini.[8]
Comorbilità nell’ADHD
Il concetto di comorbidità con l'ADHD è fondamentale per comprendere la complessità e le sfide diagnostiche e terapeutiche associate a questo disturbo. L'ADHD infatti, spesso può coesistere con una o più condizioni, che possono influenzare significativamente l'approccio terapeutico, l'outcome clinico e la qualità della vita dell'individuo affetto.
Le comorbidità più frequentemente associate all'ADHD includono:
- depressione
- disturbo bipolare
- disturbi d'ansia
- disturbi del comportamento (come il disturbo oppositivo provocatorio e il disturbo della condotta),
- disturbi dell'apprendimento
- disturbi dello spettro autistico
- disturbo ossessivo-compulsivo.
Inoltre, l'ADHD può coesistere con disturbi del sonno e dipendenze, complicando ulteriormente la gestione del disturbo. Vediamo alcune di queste relazioni di comorbilità con l’ADHD.
Ansia e ADHD
La relazione tra problemi d’ansia e ADHD è notevole: alcuni studi mostrano infatti che circa il 25% delle persone con ADHD può sperimentare anche disturbi d'ansia. Tra le due condizioni si può instaurare un vero e proprio circolo vizioso: l'ansia può aggravare i sintomi di disattenzione dell'ADHD, mentre le difficoltà associate all'ADHD possono esacerbare l'ansia.
I disturbi d’ansia sono inoltre molto frequenti tra gli adulti con ADHD e sono associati a una maggiore predisposizione alla rabbia e a comportamenti aggressivi, a un più alto tasso di ospedalizzazione e presenza di sintomi psicotici. [9]
Depressione e ADHD
La comorbilità tra ADHD e depressione è anch'essa significativa. Secondo alcune ricerche, i bambini con ADHD hanno un rischio 2,7 volte maggiore di sviluppare depressione, particolarmente a causa delle difficoltà che affrontano nella loro vita quotidiana, accademica e sociale a causa dell'ADHD.
Disturbo ossessivo compulsivo (DOC) e ADHD
Il DOC può manifestarsi nelle persone con ADHD, con un’elevata comorbilità tra ADHD e DOC in età pediatrica. Uno studio che ha analizzato il legame neurobiologico tra disturbo ossessivo compulsivo e ADHD ha osservato la presenza di processi inibitori anomali, che potrebbero essere responsabili tanto dei sintomi ossessivi e compulsivi che dei comportamenti disinibiti e impulsivi dei pazienti con ADHD. [1]
In questi casi l'impulsività e la disregolazione emotiva tipiche dell'ADHD possono esacerbare i pensieri ossessivi e i comportamenti compulsivi del DOC.
Disturbi del sonno e ADHD
L’insonnia, che può includere difficoltà ad addormentarsi, sonno interrotto o non riposante e problemi di risveglio, può trovarsi in comorbilità con l’ADHD e aggravare i sintomi.
La mancanza di sonno può infatti influenzare la concentrazione, l'umore e le funzioni esecutive, complicando ulteriormente la gestione dei sintomi dell'ADHD.
Disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) e ADHD
La coesistenza del disturbo da deficit di attenzione e iperattività con i disturbi specifici dell'apprendimento (DSA) come la dislessia è stata oggetto di numerosi studi, anche per la loro elevata prevalenza. [3]
I bambini con ADHD e DSA possono incontrare difficoltà a scuola a causa di problemi di attenzione e nell'organizzazione e nel processamento delle informazioni. È essenziale capire come ADHD e DSA interagiscono, quali sono le affinità e le differenze, nonché l'impatto della loro presenza congiunta per poter pianificare interventi efficaci.
Disturbo oppositivo provocatorio (DOP) e ADHD
Esiste una forte comorbilità tra l’ADHD e il disturbo oppositivo provocatorio nei bambini, che rappresenta un fattore di rischio per l’insorgenza di un successivo disturbo della condotta in adolescenza.
In particolare risulta particolarmente a rischio di sviluppare il disturbo oppositivo provocatorio quei bambini con ADHD in comorbilità con una disabilità intellettiva (disturbo dello sviluppo intellettivo).
I bambini con entrambe le diagnosi possono avere difficoltà a interagire con i coetanei e con gli adulti (a scuola con gli insegnanti e a casa con i genitori) e possono sviluppare altri problemi come disturbi d’ansia e depressione. [4]
ADHD e autismo
La coesistenza di autismo (ASD) e ADHD è un fenomeno sempre più riconosciuto nella pratica clinica. Sebbene l'autismo e l'ADHD insieme rappresentino una sfida diagnostica e terapeutica per molti professionisti, è importante comprendere le loro differenze e somiglianze.
L'ASD è caratterizzato da difficoltà nella comunicazione sociale e comportamenti ripetitivi, mentre l'ADHD si manifesta attraverso disattenzione, impulsività e iperattività. La differenza tra ASD e ADHD risiede principalmente nel nucleo dei loro sintomi:
- l'ASD colpisce più severamente le abilità sociali e il comportamento
- l'ADHD ha un impatto maggiore sulla regolazione dell'attenzione e sul controllo di sé.
Plusdotazione e ADHD
I bambini con ADHD sono più intelligenti della media? Si può parlare di ADHD e genialità? La risposta è: dipende.
Si discute molto della relazione tra l'ADHD e le alte capacità intellettuali, essendo un'area di crescente interesse, segnata soprattutto dalla nozione di "doppia eccezionalità", dove una persona può avere sia l'ADHD che alte capacità cognitive.
Spesso, si osserva che alcune persone con ADHD sono notevolmente intelligenti e creative. Questa combinazione può essere una sfida difficile da gestire, poiché i sintomi dell'ADHD possono essere mascherati dalle alte capacità cognitive e portare a una diagnosi e a un trattamento inadeguati.
I bambini con ADHD e plusdotazione possono mostrare una intensa curiosità intellettuale e capacità di pensiero critico, ma possono anche incontrare difficoltà nella gestione del tempo e nell'organizzazione, a causa del disturbo da deficit di attenzione con iperattività.
Comprendere questa intersezione tra ADHD e plusdotazione è cruciale per fornire un supporto adeguato che promuova sia le capacità intellettuali sia la gestione dei sintomi dell'ADHD.
Trattamento dell’ADHD
Molte delle esperienze di genitori con figli ADHD hanno in comune una domanda tanto semplice quanto complessa: l'ADHD è curabile? Forse, la parola "curare" non è la più appropriata, poiché è sempre più comune considerare l'ADHD come una condizione con cui si convive e i cui sintomi possono essere gestiti.
In questo senso, anche se non esiste una cura in senso stretto, il trattamento indicato per bambini e adulti si concentra sulla riduzione dell’impatto dei sintomi e sul miglioramento della qualità della vita della persona.
Da notare che l'ADHD nei bambini si manifesta spesso con maggiore iperattività e comportamento impulsivo, mentre l'ADHD nelle ragazze tende a presentarsi con maggiore disattenzione e sintomi interni, come l'ansia. Per questo motivo, è importante adattare il trattamento alle esigenze di ogni bambino o bambina. [5]
Il trattamento per l'ADHD include generalmente una combinazione di psicoterapia e psicofarmaci (questi ultimi solo se necessari e solo su prescrizione medica) e interventi di supporto ai genitori come il parent training.
La terapia cognitivo comportamentale per l’ADHD aiuta le persone a sviluppare abilità per gestire i loro sintomi, includendo tecniche di autogestione, strategie per migliorare l'attenzione e modi per controllare l'impulsività. Nei bambini di 6 a 12 anni con ADHD, il trattamento di solito combina, oltre a quanto sopra, tecniche di gestione del comportamento a casa e a scuola, con attività mirate per l’ADHD.
Per quanto riguarda la terapia farmacologica, sono comunemente prescritti farmaci stimolanti come il metilfenidato (Ritalin) e le anfetamine e non stimolanti (atomoxetina, guanfacina, clonidina).
Tutti si sono rivelati efficaci nel mitigare i sintomi dell'ADHD e nel potenziare vari esiti funzionali, quali la qualità della vita e le prestazioni accademiche, senza conseguenze negative o effetti indesiderati di rilievo. [6]
In conclusione, un bambino con ADHD può condurre una vita normale con il trattamento psicologico e medico appropriato. È essenziale che i genitori, gli educatori e i professionisti della salute lavorino insieme per fornire un ambiente di supporto affinché il bambino possa raggiungere il suo pieno potenziale.
In Italia sono presenti numerosi centri per il trattamento dell’ADHD a cui i genitori possono rivolgersi per chiarimenti e supporto.
Strategie per la gestione dell’ADHD nei bambini
La gestione dell'ADHD nei bambini, sia a casa che a scuola, può trarre grande beneficio dall'implementazione di attività e strategie specifiche. Questo tipo di interventi non solo aiutano i bambini a gestire i loro sintomi, ma incoraggiano anche un ambiente positivo e di supporto per il loro sviluppo.
A casa, è cruciale stabilire routine chiare. I bambini con ADHD possono trarre beneficio nel seguire attività “prevedibili” poiché li aiuta a capire cosa ci si aspetta da loro e a gestire meglio il loro tempo e il loro comportamento. Ciò include orari regolari per i pasti, i compiti, il tempo di gioco e l'ora di andare a letto.
Utilizzare sistemi a punti come la token economy può servire a promuovere comportamenti positivi, offrendo riconoscimento e ricompense per i compiti completati o per aver dimostrato autocontrollo. È inoltre importante curare lo spazio riservato ai compiti scolastici, rendendolo un ambiente libero da distrazioni, dove i bambini possano concentrarsi sui loro studi.
Nell'ambiente scolastico, la collaborazione tra genitori e insegnanti è fondamentale per sostenere il bambino con ADHD. Gli insegnanti possono adottare strategie come fornire istruzioni chiare e step by step, utilizzare segnali visivi e uditivi per catturare e mantenere l'attenzione del bambino, offrire pause frequenti per attività fisiche o di rilassamento.
È anche utile promuovere l’uso di strategie per i compiti come la suddivisione delle attività in segmenti più piccoli, preoccupandosi di fornire sempre feedback costruttivi. Il supporto individualizzato, come quello che può venire da un tutor compiti o dal lavoro in piccoli gruppi, può essere particolarmente vantaggioso per i bambini con ADHD, poiché consente un lavoro personalizzato e adattato alle loro specifiche esigenze.
In entrambi i contesti, concentrarsi sui punti di forza del bambino e trattarlo con empatia, piuttosto che concentrarsi solo sulle difficoltà, è fondamentale. È essenziale celebrare i successi, per quanto piccoli possano essere e incoraggiare interessi e talenti per nutrire l'autostima e la motivazione del bambino.
Inoltre, insegnare e praticare tecniche di gestione dello stress e rilassamento, come la respirazione profonda e la mindfulness, può essere molto utile per aiutare i bambini a gestire l'ansia e l'impulsività associate all'ADHD. [2]
Bibliografia
- [1] Brem S, Grünblatt E, Drechsler R, Riederer P, Walitza S. The neurobiological link between OCD and ADHD. Atten Defic Hyperact Disord. 2014 Sep;6(3):175-202. doi: 10.1007/s12402-014-0146-x. Epub 2014 Jul 14. PMID: 25017045; PMCID: PMC4148591.
- [2] Cairncross, M., & Miller, C. J. (2020). The effectiveness of mindfulness-based therapies for ADHD: a meta-analytic review. Journal of attention disorders, 24(5), 627-643.
- [3] Crisci, G., Caviola, S., Cardillo, R., & Mammarella, I. C. (2021). Executive functions in neurodevelopmental disorders: Comorbidity overlaps between attention deficit and hyperactivity disorder and specific learning disorders. Frontiers in human neuroscience, 15, 594234.
- [4] Eskander, N. (2020). The psychosocial outcome of conduct and oppositional defiant disorder in children with attention deficit hyperactivity disorder. Cureus, 12(8).
- [5] Fraticelli, S., Caratelli, G., De Berardis, D., Ducci, G., Pettorruso, M., Martinotti, G., ... & Di Giannantonio, M. (2022). Gender differences in attention deficit hyperactivity disorder: An update of the current evidence. Rivista di psichiatria, 57(4), 159-164.
- [6] Groom, M. J., & Cortese, S. (2022). Current pharmacological treatments for ADHD. New Discoveries in the Behavioral Neuroscience of Attention-Deficit Hyperactivity Disorder, 19-50.
- [7] Kian, N., Samieefar, N., & Rezaei, N. (2022). Prenatal risk factors and genetic causes of ADHD in children. World Journal of Pediatrics, 18(5), 308-319.
- [8] Kim, J. H., Kim, J. Y., Lee, J., Jeong, G. H., Lee, E., Lee, S., ... & Fusar-Poli, P. (2020). Environmental risk factors, protective factors, and peripheral biomarkers for ADHD: an umbrella review. The Lancet Psychiatry, 7(11), 955-970.
- [9] Krain, A. L., & Castellanos, F. X. (2006). Brain development and ADHD. Clinical psychology review, 26(4), 433-444.
- [10] Quenneville, A. F., Kalogeropoulou, E., Nicastro, R., Weibel, S., Chanut, F., & Perroud, N. (2022). Anxiety disorders in adult ADHD: A frequent comorbidity and a risk factor for externalizing problems. Psychiatry research, 310, 114423.