ADHD: disturbo da deficit di attenzione e iperattività
ADHD: cos’è, sintomi, diagnosi e trattamento
L’attention deficit hyperactivity disorder (ADHD), è una condizione neurobiologica, o disturbo del neurosviluppo, che combina tratti di impulsività, iperattività e difficoltà di concentrazione. Il significato dell'acronimo ADHD, in italiano, è disturbo da deficit di attenzione e iperattività (DDAI).
Cos’è l’ADHD?
L’ADHD è considerato un disturbo del neurosviluppo, che di solito si manifesta nell'infanzia e persiste nell'età adulta. Tuttavia, esiste una notevole controversia riguardo alla diagnosi dell'ADHD.
Gran parte del dibattito ruota attorno al modello biomedico, che assume che i sintomi siano evidenza di una patologia. Ci si potrebbe quindi chiedere se l’ADHD è una disabilità.
Da una prospettiva depatologizzante, il disturbo di iperattività e deficit di attenzione è considerato più come un funzionamento “neurologicamente diverso” o una condizione con caratteristiche che dovrebbero essere comprese e valorizzate, proponendo un approccio educativo e di supporto piuttosto che interventi di esclusivo trattamento medico volti a "curare una malattia". Quest'ultimo approccio considera l'ADHD come una neurodiversità.
ADHD: sintomi e caratteristiche
I sintomi dell’ADHD nei bambini spesso si manifestano con difficoltà di concentrazione a scuola o nei giochi, scarsa capacità di organizzazione e un comportamento iperattivo, come parlare eccessivamente, attività motoria incessante e inquietudine evidente nelle mani o nei piedi.
Gli adolescenti, invece, possono sperimentare una maggiore impulsività, difficoltà nella gestione del tempo e una tendenza alla procrastinazione, che influisce sul rendimento scolastico e sulle relazioni sociali.
Tra i possibili sintomi dell’ADHD negli adulti, invece, si osservano problemi nella gestione delle responsabilità quotidiane, basso livello di tolleranza alla frustrazione, dimenticanze e mancanza di attenzione ai dettagli.
Un aspetto spesso trascurato riguarda la diagnosi dell'ADHD nelle donne adulte, che tende a essere più tardiva rispetto agli uomini a causa di manifestazioni sintomatologiche meno evidenti. Le donne con ADHD, infatti, presentano più frequentemente sintomi di disattenzione piuttosto che iperattività, che possono essere erroneamente attribuiti a distrazione o ansia.
I sintomi dell'ADHD si possono riferire a tre principali caratteristiche:
- la disattenzione, che si manifesta con difficoltà a rimanere focalizzati su compiti prolungati e tendenza a distrarsi facilmente
- l’iperattività, caratterizzata da un costante bisogno di movimento o dal parlare eccessivamente
- l'impulsività, che porta, per esempio, a prendere decisioni avventate senza considerare le conseguenze o a interrompere le conversazioni altrui.
L’ADHD può essere associato ad altri disturbi. Tra le comorbidità dell’ADHD più frequenti si rilevano disturbi d’ansia, disturbo oppositivo-provocatorio, disturbo della condotta e disturbi dell’apprendimento.
Di fondamentale importanza è la diagnosi differenziale, in particolare nel caso di ADHD e autismo. Si tratta di condizioni che possono condividere difficoltà nella regolazione emotiva, nei rapporti sociali e nella gestione degli stimoli ambientali. Sono tuttavia disturbi distinti, che possono coesistere, ma che scaturiscono da cause differenti e meritano trattamenti specifici.
Una valutazione completa aiuta a identificare una particolare condizione ed eventuali comorbidità.
Cause dell’ADHD
Una delle domande più frequenti è: ADHD si nasce o si diventa? La realtà è che le cause del disturbo non sono ancora completamente comprese. Tuttavia, la ricerca ha identificato vari fattori che possono contribuire al suo sviluppo:
- fattori genetici: certe varianti genetiche possono aumentare il rischio di ADHD, anche se la relazione esatta tra questi geni e il disturbo non è ancora chiara e continua ad essere oggetto di ricerca
- fattori neurologici: il cervello con ADHD spesso mostra differenze nell'attività e nella struttura, specialmente in aree legate all'attenzione, al controllo degli impulsi e alle funzioni esecutive, rispetto a un cervello senza ADHD
- fattori ambientali e di sviluppo: complicazioni durante la gravidanza e il parto, basso peso alla nascita e prematurità, sono stati associati a un maggior rischio di ADHD nei bambini.
La diagnosi di ADHD
Come diagnosticare l’ADHD?
Diagnosticare il disturbo da deficit di attenzione con iperattività (ADHD) implica un processo meticoloso e preciso da parte dei professionisti della salute mentale.
La diagnosi di ADHD può essere effettuata da neuropsichiatri infantili, psicologi clinici o psichiatri. La valutazione si basa su criteri diagnostici specifici, colloqui clinici, osservazioni comportamentali e strumenti standardizzati.
Per diagnosticare l'ADHD nei bambini, si procede innanzitutto con l'osservazione del comportamento in diversi contesti, come casa e scuola, attraverso colloqui con genitori e insegnanti e l'uso di test standardizzati. Tra gli strumenti più utilizzati troviamo le Scale Conners e la Wechsler Intelligence Scale for Children (WISC), utile per individuare eventuali difficoltà cognitive associate al disturbo.
La diagnosi dell’ADHD negli adulti risulta più complessa, poiché i sintomi possono essere meno evidenti e mascherati da strategie compensative. Per questo motivo, gli specialisti ricorrono a interviste cliniche dettagliate e a test specifici per valutare l’impatto dell’ADHD nella vita quotidiana.
In entrambi i casi, la diagnosi si basa sui criteri stabiliti dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), che richiede la presenza di sintomi persistenti e clinicamente significativi in più contesti di vita.
Trattamento dell’ADHD
Molte delle esperienze di genitori con figli ADHD hanno in comune alcune domande tanto semplici quanto complesse: come comportarsi con una persona che ha l’ADHD? L'ADHD è curabile? Forse, la parola "curare" non è la più appropriata, poiché è sempre più comune considerare l'ADHD come una condizione con cui si convive e i cui sintomi possono essere gestiti.
In questo senso, il trattamento indicato per bambini e adulti si concentra sulla riduzione dell’impatto dei sintomi e sul miglioramento della qualità della vita della persona.
Il trattamento per l'ADHD include generalmente una combinazione di psicoterapia e psicofarmaci (questi ultimi solo se necessari e solo su prescrizione medica) e, nei casi in età evolutiva, di interventi di supporto ai genitori come il parent training.
La terapia cognitivo comportamentale per l’ADHD aiuta le persone a sviluppare abilità per gestire i loro sintomi, includendo tecniche di autogestione, strategie per migliorare l'attenzione e modi per controllare l'impulsività. Nei bambini di 6 a 12 anni, il trattamento di solito combina, oltre a quanto sopra, tecniche di gestione del comportamento a casa e a scuola, con attività mirate per l’ADHD e volte a nutrire l’autostima. Per esempio:
- stabilire routine chiare
- utilizzare sistemi a punti come la token economy
- promuovere l’uso di strategie per i compiti, suddividendo le attività in segmenti più piccoli
- concentrarsi sui punti di forza del bambino e trattarlo con empatia
- insegnare e praticare tecniche di gestione dello stress e rilassamento, come la respirazione profonda e la mindfulness
In Italia sono presenti numerosi centri per il trattamento dell’ADHD a cui i genitori possono rivolgersi per chiarimenti e supporto.
L’ADHD può rientrare tra le condizioni riconosciute dalla Legge 104/92 se compromette in modo significativo l’autonomia e la partecipazione sociale. Il riconoscimento dipende dalla gravità del disturbo e dalla valutazione della commissione medico-legale.
Chi ha l’ADHD ha quindi diritto al sostegno a scuola. È possibile ottenerlo attraverso il Piano Educativo Individualizzato (PEI) e il riconoscimento della disabilità proprio ai sensi della Legge 104/92.
I nostri articoli sull’ADHD
Leggi tutti i nostri approfondimenti dedicati all’ADHD
Tutti i contenuti sono revisionati dalla redazione clinica.