La violenza di genere si riferisce a qualsiasi atto di violenza o discriminazione che ha come base il genere di una persona. Più nello specifico, la definizione di violenza di genere comprende un'ampia gamma di comportamenti, tra cui la violenza domestica, lo stupro, le molestie sessuali, la tratta di esseri umani, la violenza basata sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere, nonché la discriminazione sul lavoro e nelle relazioni interpersonali.
Come si manifesta la violenza di genere? Non esiste una risposta univoca a questa domanda, perché la violenza di genere può essere fisica, psicologica, sessuale o economica e può manifestarsi in molteplici contesti, come la famiglia, la comunità, il luogo di lavoro oppure online. È importante sottolineare che la violenza di genere riguarda le donne e gli uomini, così come persone che si sentono appartenenti ad altre identità di genere. Tuttavia, le donne e le persone che fanno parte della comunità LGBTQI+ sono spesso le principali vittime di questa forma di violenza, che trova terreno fertile nei diseguali livelli di potere e discriminazioni strutturali presenti nella società.
La lotta contro la violenza di genere richiede un impegno collettivo per promuovere l'uguaglianza, educare e creare una società in cui tutte le persone siano libere dalla violenza e dalla discriminazione. Per contrastare un fenomeno così radicato nella società, da un livello macro a quello micro, il cambiamento può avvenire soltanto con interventi distinti ma interconnessi: sul piano sociale e comunitario con azioni volte sia a prevenire che a garantire diritti (misure legislative, istituzioni ed enti), sul piano individuale con un lavoro terapeutico in cui l’individuo si assume la responsabilità delle proprie azioni e imparare a riconoscere e gestire le dinamiche relazioni e i vissuti emotivi sottesi al comportamento violento.
La violenza di genere nel mondo
Nel 2022, circa 48.800 donne e ragazze in tutto il mondo sono state uccise dai loro partner intimi o da altri membri della famiglia. Questo significa che, in media, più di cinque donne o ragazze sono state uccise ogni ora da qualcuno appartenente alla loro stessa famiglia. A livello globale, circa 736 milioni di donne, quasi una su tre, sono state vittime di violenza fisica e/o sessuale da parte del partner e/o violenza sessuale da parte di persone diverse dal partner (il 30% delle donne di età pari o superiore a 15 anni).
Questi numeri appaiono molto rilevanti dal momento che i tassi di depressione, disturbi d’ansia, gravidanze non pianificate, infezioni sessualmente trasmissibili e HIV risultano essere più alti nelle donne che hanno subito violenza rispetto a quelle che non l’hanno subita. Ad ogni modo, il maggior numero di casi di violenza contro le donne è perpetrata dagli attuali o ex mariti o dai partner intimi. Più di 640 milioni, ovvero il 26% delle donne di età pari o superiore a 15 anni, hanno subito violenza da parte del partner.
Secondo lo studio di Sardinha e colleghi del 2022, a livello globale, si stima che il 27% delle donne di età compresa tra 15 e 49 anni, abbiano subito violenza fisica o sessuale, o entrambe, da parte di un partner nel corso della loro vita. Esistono variazioni regionali, con i paesi a basso reddito che segnalano una maggiore longevità e, in modo ancora più pronunciato, una maggiore prevalenza nell’ultimo anno rispetto ai paesi ad alto reddito.
La matrice socioculturale della violenza di genere
Per comprendere a pieno che cos'è la violenza di genere, è necessario analizzare il contesto nel quale si è sviluppata e affonda le sue radici.
La matrice socioculturale della violenza di genere si riferisce all'insieme di fattori sociali, culturali ed economici che si intrecciano e si influenzano reciprocamente, contribuendo a creare un contesto in cui la violenza di genere può manifestarsi e persistere. Alcuni elementi chiave che alimentano il fenomeno sono:
- disuguaglianza di genere: le disuguaglianze di potere, status e opportunità costituiscono un fattore centrale nella perpetuazione della violenza di genere. Le norme sociali che attribuiscono ruoli e comportamenti di genere rigidi e stereotipati possono contribuire a una visione gerarchica dei sessi, in cui le donne sono considerate inferiori agli uomini
- norme di mascolinità tossica: le norme socialmente costruite sulla mascolinità e concetti come la supremazia maschile, il controllo delle donne e la violenza come mezzo di affermazione di sé possono incoraggiare comportamenti violenti come forma di dominio e controllo
- cultura dello stupro e dello sfruttamento sessuale: una cultura che normalizza o giustifica lo stupro e lo sfruttamento sessuale contribuisce alla perpetuazione del fenomeno. Questa cultura può essere alimentata da stereotipi di vittimizzazione, colpevolizzazione delle vittime e mancanza di responsabilizzazione degli autori di violenza
- fattori socio-economici: la povertà, l'insicurezza economica e l'accesso limitato all'istruzione e all'occupazione possono aumentare la vulnerabilità delle donne. La disuguaglianza economica può creare dinamiche di potere sbilanciate e condizioni in cui la violenza è più diffusa
- sistema legale e istituzionale: la mancanza di leggi efficaci per prevenire e affrontare la violenza di genere, insieme a un sistema giudiziario e organi di applicazione della legge che non rispondono adeguatamente alle vittime, può perpetuare l'impunità per gli autori di violenza e scoraggiare le persone a denunciare.
Il ruolo della donna nella società patriarcale
Il ruolo della donna nella società patriarcale è stato storicamente caratterizzato da disuguaglianza di potere, limitazioni e discriminazioni basate sul genere. Nei sistemi patriarcali, il potere e l'autorità sono principalmente detenuti dagli uomini, mentre alle donne viene assegnato un ruolo subordinato e spesso stereotipato.
Alcuni elementi tipici dell'immagine della donna nella società patriarcale includono:
- ruolo domestico: alle donne spetta tradizionalmente la responsabilità delle faccende domestiche e della gestione della famiglia, ma anche lo svolgimento di lavori considerati “femminili” perché di “cura”, come l'insegnamento e l'assistenza sanitaria. Questo può chiaramente limitare le opportunità di carriera e di partecipazione pubblica per il genere femminile
- sottomissione e obbedienza: alle donne viene spesso richiesta una sottomissione agli uomini e un rispetto acritico delle norme sociali che stabiliscono la gerarchia di genere. Ciò può limitare l'autonomia e l'indipendenza delle donne nella presa di decisioni e nella realizzazione dei propri obiettivi
- discriminazione e violenza di genere: le donne sono spesso soggette a discriminazioni basate sul genere e a violenze, come molestie sessuali, violenza domestica e violenza sessuale. Questi comportamenti possono essere alimentati da dinamiche di potere e da norme culturali che giustificano o minimizzano la violenza contro le donne
- limitazioni all'istruzione e all'occupazione: alle donne è spesso negato l'accesso all'istruzione di qualità e alle opportunità di lavoro. Ciò può limitare le loro possibilità di sviluppo personale, di realizzazione professionale e di partecipazione economica.
Ad ogni modo, è importante sottolineare che il ruolo delle donne nella società sta cambiando e che ci sono progressi significativi verso l'uguaglianza di genere. Le donne stanno infatti guadagnando sempre più diritti e opportunità e assumendo ruoli di leadership in diversi ambiti della società. La lotta per l'uguaglianza di genere è una sfida continua, ma è fondamentale per costruire una società più giusta, inclusiva e meno violenta.
L'uomo come detentore del potere
Se nella società patriarcale il ruolo della donna è subordinato a quello maschile, l'uomo è di conseguenza il detentore del potere che ricopre posizioni di autorità e controllo. Ciò si basa su una serie di credenze e valori radicati nella cultura e nella storia.
Nella visione patriarcale, l'uomo è considerato il capo della famiglia e della comunità. Gli uomini sono visti come naturalmente più forti, razionali e adatti a prendere decisioni importanti. Questo ruolo di “capo” comporta il controllo sulle risorse economiche, politiche e sociali, nonché il diritto di assumere decisioni che riguardano la famiglia e la società, spesso a scapito delle donne. Infatti, l'accesso limitato all'istruzione e all'occupazione e la dipendenza economica possono rendere le donne più vulnerabili alla violenza e meno in grado di sfuggirne, in quanto dipendenti da partner, padri, fratelli o altri membri maschili della famiglia.
In questo quadro, le donne sono spesso viste come emotive, deboli e dipendenti dagli uomini per la protezione e la guida. Questo crea dinamiche di disuguaglianza di potere e limita parallelamente l'autonomia e l'indipendenza delle donne.
La visione patriarcale ha tuttavia delle forti conseguenze negative per entrambi i sessi: gli uomini sono spesso sottoposti a pressioni sociali per conformarsi a un ideale di mascolinità basato sulla forza, il controllo e la dominanza. Questo può creare un ambiente in cui gli uomini si sentono obbligati a reprimere le emozioni, ad assumere ruoli di leadership anche quando non lo desiderano e a perpetuare comportamenti negativi nei confronti delle donne.
Allo stesso tempo, le donne sono svantaggiate in termini di opportunità economiche, politiche e sociali e vengono spesso trattate come oggetti di proprietà da parte degli uomini. In alcune culture, forme di controllo o coercizione verso le proprie partner e le donne appartenenti al proprio nucleo familiare sono considerate accettabili, anzi, una vera e propria manifestazione di “mascolinità” o “diritto”.
È importante riconoscere che questa visione è basata su una costruzione sociale e culturale e non è una caratteristica intrinseca del genere maschile. La lotta per l'uguaglianza di genere cerca di smantellare queste dinamiche di potere e promuovere una visione più equa e inclusiva della società in cui uomini e donne abbiano pari opportunità e diritti.
La violenza come strumento di controllo
Come abbiamo già sottolineato, la violenza è uno strumento di controllo e una delle manifestazioni più gravi del potere che gli uomini esercitano sulla vita delle donne con lo scopo di mantenere e rafforzare la gerarchia di genere. Può essere trasmessa da una generazione all'altra a causa di dinamiche familiari e culturali che, se vissute fin dall’infanzia, possono influenzare la percezione e il comportamento delle persone in età adulta.
La violenza di genere può manifestarsi in diverse forme, attraverso atti finalizzati a sottomettere, intimidire e controllare le donne, causando loro danni fisici, emotivi, psicologici e conseguenze devastanti, mettendo a rischio la loro sicurezza, la loro salute fisica e mentale e la loro libertà. Le donne possono vivere in costante paura e subire conseguentemente un grave impatto sulla loro autostima e autodeterminazione.
Un primo passo per porre fine all’accettazione della violenza di genere nella società è l’adozione di misure legislative e politiche che proteggano le donne, così come l’educazione alla prevenzione, il sostegno alle vittime e la promozione di una cultura del rispetto. Inoltre, è fondamentale coinvolgere gli uomini nel processo di cambiamento, incoraggiandoli a sfidare gli stereotipi e ad esaminare e mettere in discussione i loro privilegi.
Il ruolo del sessismo benevolo
Il sessismo benevolo si manifesta attraverso atteggiamenti paternalistici, protezionisti o con complimenti basati sul genere, che possono sembrare positivi ma portano comunque a sottolineare la superiorità o l'inferiorità di un genere rispetto all'altro.
Una manifestazione del sessismo benevolo è presumere che le donne siano più adatte a determinati ruoli o professioni perché sono considerate più empatiche o gentili. Questo tipo di pensiero sottintende che le donne debbano essere limitate a determinati ambiti o che non siano in grado di affrontare sfide più impegnative.
Il sessismo benevolo può anche manifestarsi attraverso complimenti che sembrano positivi, ma che in realtà riducono le donne a oggetti sessuali o le valutano principalmente per l'aspetto fisico, sminuendone competenze e capacità.
Stereotipi di genere e violenza
I fattori socioculturali, la definizione di ruoli e compiti prestabiliti e le gerarchie di potere sono legati a doppio filo con gli stereotipi di genere, che influenzano a loro volta la percezione delle donne e degli uomini, contribuendo al mantenimento della violenza di genere.
Gli stereotipi sono generalizzazioni o aspettative riguardo a un gruppo di persone, che si basano sulle loro caratteristiche o sulla loro appartenenza sociale, come il genere, l'etnia, la religione o l'orientamento sessuale. Gli stereotipi possono svolgere diverse funzioni per gli esseri umani, tra cui semplificare il processo di categorizzazione sociale, consentendo alle persone di raggruppare e organizzare le informazioni in modo più efficiente. Ciò può aiutare a ridurre la complessità del mondo che ci circonda e semplificare il processo decisionale.
Allo stesso tempo, quando le persone si basano sugli stereotipi per giudicare o valutare gli altri, possono perpetuare disuguaglianze e trattamenti ingiusti o violenti ed essere influenzati dalle aspettative sociali nel proprio comportamento. Per esempio:
- gli stereotipi che attribuiscono alle donne caratteristiche come la debolezza o l'inferiorità possono portare a discriminazioni nelle opportunità di lavoro o nelle relazioni personali
- gli stereotipi che associano agli uomini l'aggressività o alla donne la passività possono influenzare il modo in cui le persone agiscono e quello in cui si aspettano che gli altri si comportino, a causa delle pressioni sociali.
È importante riconoscere il potere degli stereotipi e delle norme sociali nel perpetuare la violenza e lavorare per sfidarli e promuovere l'uguaglianza e il rispetto tra tutte le persone. Questo può essere fatto, sul piano sociale, e comunitario attraverso l'educazione, la sensibilizzazione e la promozione di una società equa e inclusiva e, sul piano individuale, con percorsi psicoteraputici in setting individuale gestiti da esperti del fenomeno.
Il peso del linguaggio nella violenza di genere
Il linguaggio svolge un ruolo fondamentale nella psicoterapia per il problema della violenza di genere. Attraverso il linguaggio, infatti, i terapeuti possono creare uno spazio sicuro per le vittime per esprimere le loro esperienze ed emozioni.
Un aspetto cruciale è la scelta delle parole utilizzate durante le sessioni di terapia. Infatti, è opportuno che i terapeuti siano consapevoli del potere delle parole e utilizzare, di conseguenza, un linguaggio non giudicante e rispettoso. È importante non colpevolizzare le vittime e focalizzarsi piuttosto sul sostegno e sulla guarigione.
Il linguaggio può essere utilizzato anche come strumento per educare e sensibilizzare sul tema, oltre che per sfidare e destrutturare i sistemi di pensiero patriarcali che perpetuano la violenza di genere. I terapeuti possono, infatti, incoraggiare i propri pazienti a riflettere sulle norme sociali e culturali che influenzano le loro esperienze e aiutarli a sviluppare nuovi modelli di pensiero più sani e rispettosi.
Non meno importante: i terapeuti, attraverso discorsi pubblici, articoli e Social Media, possono condividere informazioni sulle dinamiche della violenza di genere, sulle risorse disponibili e sulle strategie per prevenirne e affrontarne gli effetti.
Stereotipi di genere e psicologia
Per far luce all'interno della psicoterapia sul ruolo degli stereotipi nella vita quotidiana, i terapeuti possono adottare diverse strategie:
- creare uno spazio sicuro: è fondamentale che i terapeuti creino uno spazio sicuro, privo di giudizio e accogliente in cui le vittime di violenza di genere possano esprimere liberamente le loro esperienze e affrontare i traumi vissuti. Questo ambiente di fiducia permette ai pazienti di esplorare i modi in cui gli stereotipi di genere possono influenzare la loro vita e la loro percezione di sé stessi
- sensibilizzazione sugli stereotipi: i terapeuti possono educare i propri pazienti sugli stereotipi di genere e sul modo in cui possono influenzare le relazioni e il benessere psicologico. Si può intraprendere, per esempio, una discussione sugli stereotipi di genere comuni, come quello che vede le donne come "deboli" e gli uomini come "forti"
- esplorare le esperienze personali: i terapeuti possono incoraggiare i pazienti a riflettere sulle esperienze personali in cui hanno subito o perpetuato stereotipi di genere. Questo può aiutare a creare consapevolezza sulle influenze culturali e sociali che hanno contribuito a tali stereotipi e sulla loro relazione con la violenza di genere
- sfida degli stereotipi: i terapeuti possono aiutare i loro pazienti a sfidare gli stereotipi di genere internalizzati e a sviluppare una visione più equilibrata e inclusiva di sé e degli altri. Questo può includere la messa in discussione delle credenze limitanti e l'esplorazione di nuove prospettive che promuovano l'uguaglianza di genere e il rispetto reciproco
- promuovere l'empowerment: i terapeuti possono lavorare con i loro pazienti per sviluppare strategie di empowerment che li aiutino a resistere agli stereotipi di genere dannosi e a promuovere una cultura più inclusiva. Ciò può contemplare la promozione dell'autostima, dell'autonomia e della consapevolezza delle proprie capacità e risorse individuali
- collaborazione con le risorse esterne: i terapeuti possono connettere i loro pazienti con risorse esterne, come gruppi di supporto e organizzazioni attiviste, per ampliare il sostegno e la consapevolezza sulla tematica degli stereotipi di genere.
È importante sottolineare che ogni terapeuta è tenuto ad adottare approcci diversi in base alle esigenze dei propri pazienti, e a fornire strumenti che consentano di sviluppare una maggiore consapevolezza e di trasformare le loro prospettive e comportamenti.
Buone pratiche del lavoro in terapia
Oltre all’adottare specifiche strategie, è importante effettuare una valutazione iniziale approfondita per identificare la presenza di violenza di genere. Questa valutazione può includere domande specifiche sulla storia di violenza, sulle dinamiche relazionali e sugli effetti psicologici dell'abuso.
In presenza di situazioni di pericolo o emergenza, è importante stabilire un piano di sicurezza per proteggere la vittima. Ciò può includere il collegamento con servizi di supporto, l'informazione sulle risorse disponibili per le vittime di violenza di genere e l'assistenza nel denunciare l'abuso alle autorità competenti. Allo stesso tempo, fornire informazioni e sensibilizzare sui diversi tipi di violenza di genere, sui suoi effetti e sulle risorse disponibili può aiutare i pazienti a comprendere meglio la loro esperienza e a identificare strategie di coping adeguate.
Il terapeuta dovrebbe poi offrire un sostegno emotivo e un ascolto empatico, per esempio includendo la validazione delle emozioni, la gestione dello stress e lo sviluppo di strategie per affrontare le conseguenze psicologiche dell'abuso.
È possibile, inoltre, utilizzare approcci terapeutici basati sul trauma per affrontare i sintomi e le conseguenze della violenza come l'EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) o la terapia cognitivo-comportamentale focalizzata sul trauma.
Alla base del lavoro di terapia vi è senza dubbio la costruzione di una relazione terapeutica solida e di fiducia con la paziente, in cui si favoriscano l'empatia, la collaborazione e il rispetto reciproco per facilitare il processo di guarigione e di trasformazione personale.
BIBLIOGRAFIA
- Bozzoli A. et al., 2017, Il lato oscuro degli uomini. La violenza contro le donne: modelli culturali di intervento, Ediesse, Roma
- Deriu M., 2012, Il continente sconosciuto. Gli uomini e la violenza maschile, Bologna, Regione Emilia-Romagna