Negli ultimi decenni, crescente attenzione è stata dedicata alle sfide psicologiche ed emotive affrontate dalle persone che fanno parte della comunità LGBTQIA+. Nonostante i passi avanti fatti nel corso degli anni, purtroppo le persone appartenenti alla comunità possono sperimentare nella loro quotidianità diversi fattori di stress, inclusi discriminazioni, pregiudizi e marginalizzazioni, che possono influire sul loro benessere psicologico.
Alcuni dati
Recenti stime (2020-2021) provenienti da fonti come l'Organizzazione Mondiale della Sanità, i Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie negli Stati Uniti e l'Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali, suggeriscono che la popolazione LGBTQIA+ rappresenta una parte significativa della società, con una prevalenza stimata tra il 4% e il 6% della popolazione adulta mondiale, europea e italiana.
Nonostante tale prevalenza, persistono disparità significative in termini di salute mentale all'interno di questa comunità rispetto alla popolazione generale. Per esempio, le persone LGBTQIA+, essendo sottoposte al cosiddetto minority stress, presentano un rischio maggiore di sviluppare depressione e ansia rispetto al resto della popolazione, con tassi di prevalenza che possono essere fino al doppio rispetto alla popolazione generale.
Uno studio svolto negli Stati Uniti ha inoltre riportato che il 44% degli adulti LGBTQIA+ ha affrontato un episodio depressivo nel corso della propria vita, rispetto al 13% della popolazione generale (US Census Bureau’s Household Pulse Survey public-use files, 2022).
Ancora, chi appartiene alla comunità può sperimentare specifici disturbi legati all'identità di genere e all'orientamento sessuale, come la disforia di genere. Proprio in riferimento ai progressi che sono stati compiuti all’interno della comunità scientifica, ricordiamo che i criteri diagnostici della disforia di genere nel DSM-5-TR sono stati aggiornati grazie all’introduzione di un linguaggio più inclusivo e meno medicalizzato.
Le persone LGBTQIA+ hanno anche una maggiore prevalenza di comorbilità, ossia la presenza simultanea di due o più disturbi (Wang J et. al, 2007) . È importante notare che la discriminazione, il pregiudizio e la mancanza di supporto sociale possono, per esempio, contribuire significativamente agli elevati livelli di stress mentale e al rischio suicidario.
L'importanza del supporto psicologico
Sulla base delle stime disponibili, è evidente che in questo contesto si rende concreta l'importanza di un supporto psicologico sensibile e competente. I professionisti della salute mentale possono giocare un ruolo cruciale nel contribuire a creare un ambiente sicuro, accogliente e non giudicante per le persone LGBTQIA+, offrendo sostegno emotivo, strategie di coping e risorse adeguate per affrontare le sfide che possono emergere, legate alla propria identità di genere o all’orientamento sessuale.
Nello specifico, il supporto psicologico può aiutare le persone a esplorare e comprendere meglio la propria identità, affrontare discriminazioni agite dall’esterno, elaborare un eventuale trauma e migliorare il proprio benessere emotivo e psicologico. Attraverso la terapia è possibile sviluppare un maggiore senso di accettazione di sé e di appartenenza, contribuendo così a ridurre il rischio di depressione, ansia e altri disturbi.
È fondamentale che i professionisti adottino un approccio che tenga conto delle esperienze uniche dell’individuo e delle sfide specifiche affrontate dalla comunità LGBTQIA+, per garantire che ognuno abbia accesso alle risorse necessarie per raggiungere un buono stato di benessere psicologico e vivere una vita appagante e autentica.
La relazione di aiuto con persone LGBTQIA+
Così come per qualunque persona che chieda supporto psicologico, è in primo luogo fondamentale che si possa instaurare tra paziente e terapeuta una relazione caratterizzata da fiducia e accettazione. Indipendentemente dall’orientamento o dall’approccio psicologico scelto dallo specialista, si ritiene sempre più che l’elemento centrale di una relazione di aiuto sia proprio la qualità della relazione stessa.
In particolare, l’approccio nel lavoro con persone LGBTQIA+ dovrebbe essere sensibile, rispettoso e culturalmente competente.
Alcuni aspetti particolarmente rilevanti che non dovrebbero mai mancare sono:
- accettazione incondizionata: il professionista dovrebbe essere capace di accogliere e accettare la persona LGBTQIA+ senza giudizio o pregiudizio riguardo alla sua identità di genere o al suo orientamento sessuale. Questo permette di creare un ambiente sicuro in cui la persona possa sentirsi libera di esprimersi apertamente
- empatia: affinché possa essere efficace, il modo di essere (Rogers C., 1980) dello psicologo dovrebbe essere empatico nei confronti dei vissuti specifici che la persona LGBTQIA+ riferisce a causa della discriminazione, del pregiudizio o della mancanza di comprensione da parte degli altri. Tale comprensione deve però essere anche espressa affinché la persona possa sentirsi effettivamente accolta dal professionista
- sensibilità culturale e linguistica: lo psicologo dovrebbe conoscere le specificità culturali, linguistiche e sociali della comunità LGBTQIA+ e adattare il proprio linguaggio e comportamento di conseguenza. Questo include l'uso di terminologia inclusiva e rispettosa, nonché la possibilità di comprendere appieno il significato delle esperienze che possono essere affrontate da persone transgender, queer, intersex e di altre identità di genere e orientamenti.
A tal proposito, è stato redatto negli ultimi anni dall’Ordine degli Psicologi della Lombardia un glossario, chiamato Rainbow Map, con l’obiettivo di “[...] diffondere un linguaggio scientifico condiviso, da cui poter partire per approfondire il vasto mondo delle identità sessuali” e “fornire approfondimenti e strumenti ai professionisti per poter lavorare con maggiore spirito critico, consapevolezza e sicurezza sui temi delle identità sessuali” - approccio non giudicante e rispettoso nei confronti delle diversità: il professionista dovrebbe rispettare la diversità all'interno della comunità LGBTQIA+ e riconoscere che non c’è un'unica esperienza possibile. Ogni persona è unica e il compito dello psicologo è di accogliere ciascuno con la propria storia, le proprie emozioni e vissuti. Questo significa essere aperti alle esperienze individuali che ogni persona può affrontare in base alla propria identità di genere, orientamento sessuale, età, contesto culturale e altro ancora
- relazione collaborativa: non bisogna infine dimenticare che, all’interno della relazione di aiuto, il lavoro viene svolto insieme alla persona. Pertanto, gli obiettivi vengono concordati e le strategie di intervento condivise. Questo coinvolgimento attivo della persona nel processo terapeutico favorisce l'autonomia e il senso di controllo sulla propria vita in un’ottica di diritto all’autodeterminazione.
Affinché tali aspetti caratterizzanti la relazione si verifichino, risulta particolarmente centrale e di fondamentale importanza che la figura del terapeuta sia non solo adeguatamente formata, ma anche sufficientemente consapevole di quelle che sono le sue personali idee, i pregiudizi e le contraddizioni ideologiche che, se inconsce, potrebbero entrare nel rapporto e sabotarne l’efficacia.
Per questo motivo, per poter lavorare in scienza e coscienza, il professionista dovrebbe avvalersi di alcuni strumenti di riflessione e autoconsapevolezza come la psicoterapia personale, la supervisione e l’intervisione.
Il lavoro clinico con la comunità LGBTQIA+
Sono molte le motivazioni che possono portare un paziente a chiedere un aiuto per il proprio benessere psicologico.
Nel lavoro con persone LGBTQIA+, alcune di queste tematiche sono indubbiamente più frequenti. Considerando la discriminazione ancora oggi esistente, per esempio, è possibile che venga richiesto un intervento specifico per la gestione di un eventuale trauma subito. Infatti, le persone LGBTQIA+ possono essere maggiormente esposte a ostracismo, bullismo, violenza o al rigetto familiare, proprio a causa del loro orientamento sessuale o identità di genere.
Il sostegno al coming out è un altro motivo che può portare un paziente a rivolgersi a un professionista. Quello del coming out è infatti un momento estremamente significativo nella vita di molte persone, ma può essere accompagnato da ansia, paura del rifiuto e preoccupazioni rispetto alle reazioni degli altri (familiari, amici, colleghi).
In quanto professionisti della salute mentale, è importante offrire sostegno durante questo momento aiutando le persone a esplorare i loro sentimenti e a sviluppare strategie per affrontarlo al meglio. Talvolta può essere utile, per esempio, co-costruire un piano che tenga conto delle risorse, delle potenziali difficoltà del singolo e del contesto di vita. Può avere effetti positivi anche aiutare il paziente a sviluppare tecniche di comunicazione efficaci.
È anche possibile che l’aiuto psicologico venga richiesto al fine di migliorare l’accettazione di sé, che potrebbe essere complessa a causa del pregiudizio interiorizzato o della mancanza di sostegno sociale.
Capita spesso, inoltre, che lo psicologo si trovi a dover collaborare con altre realtà territoriali che si occupano del benessere psicologico della comunità LGBTQIA+. In questi casi è importante essere a conoscenza delle risorse disponibili sul territorio, come gruppi di sostegno, centri di consulenza e organizzazioni di difesa dei diritti, in modo da poter indirizzare le persone a queste risorse per ricevere un supporto aggiuntivo, e aiutarle a sviluppare un maggiore senso di appartenenza.
BIBLIOGRAFIA
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- Burgio G., 2012, Adolescenza e violenza. Il bullismo omofobico come formazione alla maschilità, Mimesis, Sesto San Giovanni
- Graglia M., 2018, Psicoterapia e omosessualità, Carocci Faber, Milano
- Lingiardi V., Nardelli N., 2014, Linee guida per la consulenza psicologica e la psicoterapia con persone lesbiche, gay e bisessuali, Raffaello Cortina, Milano
- Rigliano P., Graglia M., 2006, Gay e lesbiche in psicoterapia, Raffaello Cortina, Milano
- Rogers C.R., 1980, A way of being, Houghton Mifflin Company, Boston. Trad.it., 1983, Un modo di essere, Martinelli, Firenze
- Wang J. et al., 2007, High prevalence of mental disorders and comorbidity in the Geneva Gay Men's Health Study, in Social psychiatry and psychiatric epidemiology, 42(5):414-20.