Il mobbing sul lavoro rappresenta una delle forme più subdole di disagio all’interno dell’ambito professionale, poiché le dinamiche che ne derivano vengono spesso sottovalutate o considerate normali.
A conferma di ciò, i numeri raccontano una realtà degna di nota: secondo un rapporto pubblicato dall’ISTAT nel 2023, circa il 14% dei lavoratori italiani ha dichiarato di aver subito comportamenti vessatori o umiliazioni sul posto di lavoro.
Un’altra indagine condotta dall’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (EU-OSHA, 2022) ha fatto emergere come il 22% dei lavoratori in Europa abbia sperimentato nel corso della propria vita, tra i vari problemi sul lavoro, episodi di mobbing o molestie.
Questi importanti dati si traducono in milioni di persone colpite, con effetti negativi riscontrabili non solo sulla produttività aziendale, ma soprattutto sulla loro salute fisica e mentale. Infatti, le conseguenze del mobbing sulla salute possono includere lo stress cronico, problemi psicosomatici e, nei casi più gravi, il ritiro definitivo dal mondo del lavoro.
Nonostante la gravità del problema, molte vittime non denunciano il mobbing, sia per paura di ricevere delle ritorsioni, sia per la difficoltà di averne un’evidenza concreta. Nel presente articolo esploreremo il significato del mobbing, in che modo manifesta, quali sono i suoi effetti psicologici, come è possibile affrontarlo con il supporto della psicologia e quali azioni è possibile intraprendere per tutelarsi.
Mobbing: cosa significa e come si manifesta
Il termine mobbing ha origine dal verbo inglese “to mob”, che significa “accerchiare, assalire in gruppo”. L’etimologia riflette dunque perfettamente il comportamento vessatorio tipico di questa dinamica: si tratta infatti di un insieme di azioni deliberate, ripetute e mirate a colpire una persona all’interno di un contesto lavorativo. Un tipico esempio di mobbing potrebbe essere un demansionamento o un’estrema marginalizzazione: in questo caso si può parlare di straining.
È stato Heinz Leymann, psicologo svedese, ad aver introdotto per la prima volta il concetto negli anni ’80, definendo il mobbing come “un’escalation di conflitti sul posto di lavoro in cui una persona viene sistematicamente attaccata dai colleghi o dai superiori”.
Secondo Leymann (1996), il mobbing non si limita a un singolo episodio ma si riferisce a una serie di azioni protratte nel tempo, quali insulti, esclusione deliberata, critiche immotivate o sabotaggio del lavoro.
Tali comportamenti portano alla creazione di un clima di isolamento e insicurezza, compromettendo in parallelo il benessere lavorativo e la sicurezza riguardo la propria professionalità.
Mobbing orizzontale e verticale
Sono stati individuati diversi tipi di mobbing. Una distinzione importante è, per esempio, quella tra mobbing orizzontale e mobbing verticale.
- mobbing orizzontale: si riscontra tra colleghi che si trovano sullo stesso livello gerarchico. Viene spesso alimentato da rivalità personali, gelosie professionali o dinamiche di gruppo tendenzialmente tossiche. Un esempio di mobbing orizzontale si verifica quando una persona viene esclusa dai progetti importanti o derisa pubblicamente per possibili errori commessi
- mobbing verticale: coinvolge superiori o subordinati ed è suddivisibile in mobbing verticale discendente e ascendente. Il primo caso costituisce la forma più comune, nella quale un superiore utilizza il proprio potere per umiliare o danneggiare un dipendente, mentre nel secondo caso è il gruppo di subordinati che si coalizza contro un superiore.
Le conseguenze del mobbing orizzontale o verticale sulla vittima potrebbero essere senso di isolamento e svalutazione, oltre che incapacità di reagire. Ciò si verifica soprattutto nei contesti aziendali che mancano di un sistema efficace di gestione dei conflitti.
Cause del mobbing e possibili fattori scatenanti
Il mobbing sul lavoro non nasce mai per caso, ma costituisce il risultato di una serie di fattori individuali e organizzativi, tra cui è possibile riscontrare:
- dinamiche di potere: il desiderio di controllo o di eliminazione di una data persona che potrebbe essere percepita come una minaccia nell’ambito professionale e nel percorso di carriera
- ambiente lavorativo tossico: la mancanza di trasparenza, la competitività estrema o l’assenza di leadership positiva creano terreno fertile la messa in atto di una condotta vessatoria
- gestione inadeguata dei conflitti: nelle aziende in cui vi è la tendenza a non affrontare concretamente i conflitti in modo tempestivo e diretto, spesso questi ultimi si trasformano in veri e propri comportamenti di abuso.
Mobbing e genere
Un aspetto che appare spesso trascurato è il legame che intercorre tra una condotta di mobbing e il genere, nello specifico le molestie. Infatti, le donne risultano essere particolarmente esposte a tale forma di abuso, che può essere contraddistinto da sessismo, commenti inappropriati o esclusione sistematica.
Secondo uno studio condotto dall’Agenzia Europea per i Diritti Fondamentali (FRA, 2022), una donna su tre ha subito nel corso della propria vita delle molestie sul lavoro, con frequenti sovrapposizioni tra il mobbing e le discriminazioni di genere.
È importante effettuare una distinzione tra i due fenomeni: il mobbing sul posto di lavoro si riferisce a comportamenti sistematici di vessazione, indipendentemente dal genere, mentre le molestie di genere includono qualsiasi forma di discriminazione, abuso o violenza basata sul sesso o sull’identità di genere.
Sebbene si tratti di dinamiche differenti, in alcuni casi mobbing e molestie possono verificarsi contemporaneamente, rendendo la situazione delle vittime ancora più complessa.
Per esempio, il mobbing può essere accompagnato da atteggiamenti sessisti o da veri e propri episodi di molestie fisiche o verbali, soprattutto in contesti lavorativi che sono ancora dominati da stereotipi di genere o da squilibri di potere tra uomini e donne.
A tal riguardo, Fitzgerald e Cortina (2018) osservano che le donne che subiscono molestie legate al genere sul lavoro hanno anche una probabilità significativamente più alta di essere vittime di mobbing subdolo e sistematico, come l’esclusione da decisioni importanti o il sabotaggio delle loro attività. Questo può portare a conseguenze psicologiche ancora più gravi, come lo sviluppo di ansia, depressione e senso di isolamento.
Mobbing: effetti psicologici e sintomi sulle vittime
Le conseguenze del mobbing sulla salute possono essere devastanti per chi lo subisce, coinvolgendo sia il corpo sia la mente.
Tra i sintomi fisici più comuni troviamo mal di testa cronico, disturbi gastrointestinali, insonnia e stanchezza cronica.
Sul piano psicologico, invece, le vittime possono manifestare:
- ansia e attacchi di panico
- depressione
- diminuzione dell’autostima
- difficoltà a concentrarsi e perdita di fiducia nelle proprie capacità.
Gli effetti psicosomatici del mobbing possono manifestarsi anche sul lungo periodo. È possibile che la vittima sviluppi:
- disturbo da stress post-traumatico (PTSD), simile a quello riscontrato in chi ha subito gravi traumi
- difficoltà nelle relazioni personali e isolamento sociale
- ridotta capacità di affrontare nuove esperienze lavorative.
Come asserito da Einarsen e colleghi (2020) in Bullying and harassment in the workplace, le vittime di mobbing hanno un rischio significativamente maggiore di andare incontro allo sviluppo di patologie cardiovascolari e depressione rispetto alla popolazione generale.
Mobbing e supporto psicologico
La psicologia offre degli strumenti molto rilevanti per gestire gli effetti psicologici del mobbing. Nello specifico, approcci e tecniche possono includere:
- psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT), per supportare e aiutare le vittime nel riconoscimento e nella modifica dei pensieri negativi legati all’esperienza di mobbing subita
- terapia di gruppo, per agevolare la condivisione degli eventi vissuti e offrire supporto emotivo anche attraverso il confronto con persone che hanno vissuto situazioni simili
- tecniche di gestione dello stress, come la mindfulness e il rilassamento muscolare progressivo, possono aiutare nella riduzione dello stress da lavoro correlato, così come nel miglioramento del benessere generale della persona.
Per molte vittime di mobbing il ritorno al lavoro può costituire una sfida complessa. I programmi di riabilitazione psicologica e supporto possono essere uno strumento valido per ricostruire l’autostima, gestire eventuali conflitti futuri e riconoscere i segnali di un ambiente tossico al fine di evitarlo.
Mobbing a lavoro: cosa fare?
Chi è vittima di comportamenti vessatori sul luogo di lavoro potrebbe porsi alcune domande, per esempio: “come difendersi dal mobbing?”, “come dimostrare il mobbing?”, “come denunciare il mobbing?”.
In Italia il mobbing non è ancora definito come reato, ma le vittime hanno comunque la possibilità di ricorrere a strumenti legali e denunciare comportamenti non consoni. Le dimissioni per mobbing, infatti, rientrano tra quelle per giusta causa.
Sebbene non esista una legge sul mobbing, l’articolo 2087 del Codice Civile obbliga il datore di lavoro a tutelare la salute fisica e psicologica dei dipendenti. Inoltre, i casi di mobbing possono rientrare nelle norme contro le discriminazioni e i comportamenti illeciti sul lavoro.
Le aziende stesse possono giocare un ruolo cruciale nella prevenzione di condotte vessatorie, formando manager e dipendenti sulla gestione dei conflitti, attuando politiche di tolleranza zero verso chi compie abusi e predisponendo sistemi anonimi di segnalazione per individuare tempestivamente situazioni a rischio.
Il mobbing sul lavoro è un problema che richiede attenzione, sia da parte delle vittime che dei datori di lavoro. Nonostante le difficoltà, è importante ricordare che nessuno è solo: il supporto psicologico e una consulenza legale possono fare la differenza e costituire il primo passo verso un maggiore benessere.