Disturbi psichici

La sindrome di Cassandra

La sindrome di Cassandra
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Francesca Toni
Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
15.2.2022
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“Non ce la farò mai”, “andrà tutto male”: queste sono alcune delle tipiche affermazioni di chi soffre della cosiddetta sindrome di Cassandra. Nel tempo, il mito di Cassandra (come quello di Pigmalione nell'effetto Pigmalione, quello di Edipo nel complesso di Edipo di Freud o quello di Medea nella sindrome di Medea di Jacobs) è stato preso a prestito dalla psicologia. Cassandra identifica una persona pessimista, con visioni catastrofiche e malauguranti, vittima delle sue stesse aspettative negative. Per chi soffre di questa sindrome, insomma, il futuro sarà sicuramente negativo e non ci si può far niente… o forse sì!

Chi era Cassandra: il mito 

Nella mitologia greca Cassandra era la figlia di Ecuba e Priamo, re di Troia. Era talmente bella che persino il dio Apollo si innamorò di lei. Questi, per indurla a concedersi, le fece il dono della “Profezia”. Cassandra, però, negò di soddisfare i desideri di Apollo, che si vendicò rendendo inefficace il dono che le aveva fatto in precedenza. 

Così Cassandra continuò a prevedere il futuro, ma non fu più creduta. Anche se fece tante profezie su futuri eventi negativi, le sue previsioni non furono mai considerate vere. 

Cos’è la sindrome di Cassandra?

In psicologia, il mito di Cassandra venne preso in prestito dal filosofo francese Gastón Bachelard nel 1949 e utilizzato per descrivere persone che fanno previsioni sul futuro, generalmente catastrofiche, alle quali gli altri non credono e che quindi fanno sentire la persona costantemente svalutata e le fanno pensare di essere  inutile.  

Bachelard definì le caratteristiche principali del complesso di Cassandra:

La sindrome di Cassandra in psicologia è, dunque, una patologia che porta a formulare sistematicamente profezie avverse sul proprio futuro o su quello degli altri. Coloro che soffrono di questo complesso alla lunga non vengono creduti e finiscono quindi per non riuscire ad amare se stessi e avere fiducia in sé. Questo porta, molto spesso, ad una depressione reattiva, oltre che ad una profonda frustrazione per l’incapacità di agire prontamente ed efficacemente.

La scarsa autostima e la paura

Le carenze affettive subite durante la prima e seconda infanzia hanno costruito un’identità che si basa sulla ricerca dell'approvazione altrui, sulla mancanza di autostima e sulla tendenza a farsi carico di ogni responsabilità: ciò provoca nel soggetto una costante svalutazione. Nelle persone che soffrono dell’effetto Cassandra, la paura diventa una costante: la si prova in ogni circostanza e si vive con una forte frustrazione. 

Si sviluppa la cherofobia, temendo sempre che succeda qualcosa di brutto e, nel tempo, questo può portare all’impotenza appresa: non si vedono vie d’uscita e si assume un atteggiamento passivo, rinunciatario e pessimistico, tipico di chi ha un locus of control eccessivamente indirizzato verso l’esterno, arrivando a credere di essere incapace di esercitare una qualunque influenza sul proprio ambiente.

Victoria Borodinova - Pexels

Mettersi costantemente alla prova 

Si cade spesso nella trappola della “profezia autoavverante”. In psicologia, una profezia che si autoavvera è «una previsione che si realizza per il solo fatto di essere stata espressa, senza che concretamente ci siano elementi che possano condurre a quella conseguenza». La persona che soffre della sindrome di Cassandra, dunque, tenderà a sbagliare perché è ciò che si aspetta da se stessa. 

Da un punto di vista psicologico è una sorta di mania di controllo, o meglio un modo per mantenere il controllo. Infatti, se ci si lascia andare alla felicità, a un lieto fine, si va incontro alla possibilità che accada qualcosa di brutto e l'idea di crollare emotivamente supera di gran lunga il coraggio di viversi il momento. Pensare costantemente al peggio quindi diventa una strategia inconscia per farsi trovare “pronti” quando la catastrofe arriverà.

La sindrome di Cassandra si può sperimentare anche nei rapporti sentimentali: se si ha paura che succeda qualcosa di brutto, ci si sente non meritevoli di stima e di amore. Come afferma la psicoanalista Laurie Layton Schapira, chi soffre di questa sindrome tende a soffrire di gelosia e ad avere relazioni tossiche che vertono sulla distanza emotiva, ed è più propenso a scegliere dei partner (il cosiddetto Archetipo di Apollo) che rispecchiano il pensiero di non valere nulla.

Come superare la sindrome di Cassandra

Come guarire dalla sindrome di Cassandra? La bella notizia è che è possibile uscirne, tornando ad assaporare le gioie della vita e vedere il futuro in chiave positiva

Innanzitutto è importante fare un viaggio nel passato e nella propria storia, per comprendere come si è imparato quello schema di pensiero disfunzionale. In questo modo si può divenire consapevoli del fatto che, se un tempo il sintomo era utile poiché ci proteggeva da qualcosa, adesso non lo è più e abbiamo le competenze per poter scegliere di agire diversamente. 

La cura alla sindrome di Cassandra consiste nell’allenarsi a sostituire le profezie “catastrofiche” con profezie basate sui dati di realtà, prendendo in considerazione non solo la conclusione negativa ma tutte le possibili alternative.

Jessika Arraes - Pexels

Questo permette di:

  • Acquisire nuove competenze
  • Avere la capacità e lo spirito di osservazione per poter uscire dalla gabbia del controllo
  • Camminare, passo dopo passo, verso la gestione delle situazioni che si incontrano lungo il percorso.

Per poter cambiare davvero, però, è fondamentale che ci sia una buona dose di motivazione nell’intraprendere questo cammino di presa di consapevolezza e lasciare Cassandra al suo posto: nella mitologia. 

L’importanza di chiedere aiuto  

Se non sai come uscire dalla sindrome di Cassandra in maniera autonoma, non esitare a rivolgerti ad un professionista. Puoi chiedere in qualunque momento il supporto di uno psicologo o psicologa online di Unobravo, che sapranno guidarti ed accompagnarti nel percorso verso la guarigione. 

Bibliografia
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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