Ad alcune persone può capitare di non percepire le proprie reali competenze rispetto al ruolo lavorativo che ricoprono, oppure di sentirsi incompetenti al lavoro e non sentirsi all’altezza della propria mansione.
In molti casi, queste persone ricoprono un’ottima posizione lavorativa, oppure cavalcano un momento di ascesa della loro carriera e, nonostante ciò, non è raro sentir dire loro:
- “mi sento incapace al lavoro”
- “non so fare il mio lavoro”
- “ho paura di non essere all'altezza nel lavoro”.
Si tratta della sindrome dell’impostore e in questo articolo la scopriremo meglio.
Cos’è la sindrome dell’impostore?
La sindrome dell’impostore è una specifica condizione psicologica legata a una bassa autostima per cui la persona dubita delle proprie competenze e non riesce a riconoscere i propri meriti. Spesso i successi personali vengono attribuiti in maniera totalizzante a fattori esterni come la fortuna.
Questa condizione, descritta dalle psicologhe Clance e Imes nel 1978 come fenomeno, non è affatto definibile come un disturbo, ma piuttosto come una costellazione di pensieri de-valutanti che inevitabilmente sono collegati, oltre che all’autostima, al rapporto con i propri colleghi e con i propri superiori.
Il contrario della sindrome dell'impostore è l’effetto Dunning- Kruger, teorizzato dagli psicologi J. Kruger e D. Dunning che hanno indagato quella distorsione cognitiva che, in alcune persone, porta a sovrastimare le proprie competenze e a sottostimare quelle degli altri. L’effetto Dunning- Kruger e la sindrome dell'impostore sono, in buona sostanza, due facce della stessa medaglia.
Sindrome dell'impostore: si può parlare di sintomi?
Come accennato, la sindrome dell’impostore non è un vero e proprio disturbo e, per questo, è più corretto parlare di caratteristiche legate a questa condizione che ci può far sentire di non meritare nulla.
Immagine di sé e degli altri, autostima e sindrome dell’impostore sono strettamente connesse tra loro. Quali sono i pensieri che accompagnano la sensazione di non meritare il proprio lavoro e la propria posizione?
"Non sono all'altezza"
Si ha il pensiero legato alla paura di non essere all’altezza della propria posizione lavorativa, e di conseguenza di non meritare riconoscimenti, promozioni o avanzamenti di carriera. Questa paura è definita anche atelofobia.
Per questo motivo si declinano o si sminuiscono i complimenti e non si dà peso agli elogi. Il frutto del proprio lavoro sembra sopravvalutato dagli altri, causando spesso una sensazione di colpevolezza. Si smette di essere ambiziosi e competitivi e non si cercano o richiedono le circostanze per una crescita professionale.
"Sto ingannando gli altri"
Si ha la sensazione di ingannare gli altri, con la conseguente paura di essere smascherati. Si temono la valutazione e il giudizio, quindi non ci si espone con i colleghi e ancor di meno con i superiori.
Si ha paura di porre domande o questioni, oppure di criticare l’operato degli altri anche di fronte a evidenti errori. A volte ci si esclude dalle situazioni sociali con i colleghi. Queste manovre di evitamento hanno tutte l’obiettivo di non mostrare la propria inferiorità e incapacità (percepite) e non risultare degli stupidi.
"Non devo sbagliare"
Si è intransigenti verso sé stessi, il che spesso porta a sperimentare un forte stress lavoro correlato. Il lavoro può diventare il fulcro della vita, come accade anche nella sindrome di burnout.
Si lotta quotidianamente contro la svalutazione di sé stessi e con pensieri quali “non mi sento in grado di lavorare”, aumentando così il carico di lavoro, il tempo dedicato a esso alzando gli standard, e il tutto anche se non richiesto.
Un segnale è la presenza del rimuginìo: si rimugina sui propri errori o comportamenti, a volte attraverso un pensiero ossessivo alla ricerca del perfezionismo. Spesso non si riesce a bilanciare il lavoro con la vita quotidiana, e finiscono per risentirne le relazioni e gli interessi personali.
Non esistono specifici test sulla sindrome dell’impostore, ma un test sul burnout può aiutare a prendere consapevolezza di alcuni di questi sintomi.
"Il mio collega merita questo lavoro più di me"
Si idealizzano gli altri e ci si svaluta: "Non so fare niente più dei miei colleghi, non merito questa posizione". C’è un continuo confronto con i colleghi dei quali si sovrastima l’operato, sentendosi sempre inferiori.
Sindrome dell’impostore: le possibili cause
L’origine di questo modo di pensare a sé stessi è spesso rintracciabile in alcune esperienze di vita che per la persona sono significative, come quelle fatte nell’ambiente familiare.
Il ruolo relazionale è al centro di questo meccanismo di autosvalutazione. Quando, per esempio, si ritiene che gli altri non abbiano grandi aspettative nei nostri confronti, questo finisce per assecondare la convinzione di non poter avere successo e, in certi casi, ci fa pensare di non meritare la felicità.
Ogni volta che l’esperienza ci mostra il contrario, ci si convince che sia stato il frutto di un caso, di un errore, di cieca fortuna, minando fortemente il proprio senso di autoefficacia.
Nella storia degli “impostori” infatti sono spesso rintracciabili genitori iperprotettivi, ipercritici e tendenti al controllo, una continua competizione con i fratelli, alta conflittualità, difficoltà di confronto e supporto e incapacità a esprimere le proprie emozioni.
La sindrome dell’impostore in amore
Sebbene la sindrome dell’impostore sia spesso associata ai problemi sul lavoro, è possibile sperimentarla anche nelle relazioni sentimentali. Accade nei casi in cui si pensa di non meritare l’amore del partner, probabilmente anche per via di un processo di idealizzazione dell’Altro che alimenta una bassa autostima in amore.
Le conseguenze possono portare a sperimentare una forte ambivalenza emotiva, dipendenza affettiva e a far cadere nella trappola del breadcrumbing.
Sindrome dell'impostore nelle donne
Gli stereotipi di genere, purtroppo, sono ancora molto presenti nella società contemporanea, tanto da influenzare non solo il vissuto emotivo della donna, ma anche numerose questioni pratiche come le opportunità di avere un ruolo di leadership in azienda o un’equa retribuzione.
Il Global Gender Gap Report 2023 lo evidenzia con chiarezza: “Mentre le donne sono (ri)entrate nella forza lavoro a tassi più elevati rispetto agli uomini a livello globale, determinando una lieve ripresa della parità di genere nel tasso di partecipazione alla forza lavoro dall’edizione del 2022, i divari rimangono nel complesso ampi e sono evidenti in diverse dimensioni specifiche.”
Indipendentemente dai pochi dati che indagano la relazione tra donne e sindrome dell'impostore, può essere quindi lecito pensare che esiste una “sindrome dell'impostora”, che frena le donne nel loro agire.
In un articolo pubblicato sulla Harvard Business Review si va ancora più a fondo rispetto il tema; le autrici pongono l’accento sul contesto in cui questa sindrome viene sperimentata affermando che “la sindrome dell’impostore attribuisce la colpa agli individui, senza tenere conto dei contesti storici e culturali che sono fondamentali per il modo in cui si manifesta”.
Suggeriscono inoltre di contrastare i bias cognitivi che ne sono alla base:
“La sindrome dell’impostore è particolarmente diffusa nelle culture distorte e tossiche che valorizzano l’individualismo e il superlavoro. Eppure la narrativa del ‘riparare la sindrome dell’impostore delle donne’ è persistita, decennio dopo decennio.
Consideriamo i luoghi di lavoro inclusivi come un multivitaminico in grado di garantire che le donne di colore possano prosperare. Piuttosto che concentrarsi sulla correzione della sindrome dell’impostore, i professionisti le cui identità sono state emarginate e discriminate devono sperimentare un cambiamento culturale di ampia portata.”
Sindrome dell'impostore: esiste una cura?
Dato che non si tratta di una patologia, più correttamente si può parlare di come superare la sindrome dell'impostore. Per trovare una soluzione, bisogna innanzitutto riconoscere le dinamiche scatenanti nella propria storia personale e la stretta correlazione con il proprio modo di vivere i legami.
Ognuno di noi è unico e presenta peculiarità che fanno la differenza nella costruzione di un intervento terapeutico. Quali sono dunque i possibili rimedi per uscire dalla sindrome dell'impostore?
Riconoscere la sindrome dell'impostore
Prendere consapevolezza di essere protagonisti di questa condizione significa fare un passo avanti per cambiare la nostra personale narrazione e iniziare a scardinare questa errata convinzione. Bisogna poi lavorare su sé stessi e sulla propria crescita personale. Alcune strategie terapeutiche che possono essere adottate includono:
- restituire a se stessi una valutazione oggettiva: nel momento in cui si ritiene che sia in atto una svalutazione, bisogna cercare un parere obiettivo per esaminare ciò a cui si sta pensando
- mettere per iscritto tutti i propri successi, i complimenti ricevuti e le conquiste, per poi rileggerli e ricordarsi delle proprie capacità
- entrare in contatto con persone che vivono la stessa condizione, scambiare opinioni, sensazioni, per sentirsi parte di un sentire comune.
Spesso la sindrome dell’impostore è accompagnata da ansia, umore depresso, difficoltà relazionali o problemi come l’insicurezza patologica. In aiuto può venire un percorso psicologico, sia esso individuale o di gruppo.
Il supporto di uno psicologo o psicoterapeuta, infatti, potrà sostenere la persona che sta sperimentando la sindrome dell’impostore con un percorso su misura, utile a individuare le cause che ne hanno dato origine ma anche le possibili soluzioni.
Un altro metodo che sembra essersi rivelato efficace è quello di utilizzare gli strumenti del coaching psicologico, come sottolineato da una ricerca del 2020 che ha lavorato con un approccio “caratterizzato dal supporto sistematico allo sviluppo di convinzioni in un sé lavorativo auto-efficace, corrispondente ad una mentalità di crescita”.
Il team di studiosi ha concluso che "l'intervento di coaching può essere visto come un modo efficace per ridurre i punteggi IP (impostor phenomenon). Pertanto, concludiamo che favorire un cambiamento di mentalità nel ridurre la paura di valutazioni negative mediante un intervento di coaching è effettivamente un modo efficace per ridurre le espressioni della PI”.
Sindrome dell’impostore: libri per approfondire
La sindrome dell'impostore non è stata oggetto specifico di film, ma molti attori e personaggi dello spettacolo hanno condiviso le loro testimonianze sul non sentirsi abbastanza bravi o in grado di svolgere una buona performance.
Se il cinema ci viene in aiuto con le testimonianze dei protagonisti, la lettura può aiutarci ad approfondire il tema con diverse prospettive.
Il primo libro sulla sindrome dell'impostore che suggeriamo è quello di Pauline Rose Clance, citata all’inizio di questo articolo: The Impostor Phenomenon: Overcoming The Fear That Haunts Your Success. A questo testo aggiungiamo:
- Pensavo di essere io... invece è la Sindrome dell'Impostore. Come trasformare il senso di inadeguatezza nel nostro migliore alleato, F. Di Stefano, Vallardi Editore
- E se poi mi scoprono? Noi donne e la sindrome dell'impostore, E. Cadoche, A. de Montarlot, Longanesi
- La sindrome dell'impostore. Perché pensi che gli altri ti sopravvalutino, S. Mann, Feltrinelli.