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Joker: Folie à Deux e la psicosi condivisa

Joker: Folie à Deux e la psicosi condivisa
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Ilaria Tonelli
Redazione
Psicologa a orientamento Psicodinamico
Unobravo
Pubblicato il
16.10.2024

Il 2 ottobre 2024 è uscito nelle sale cinematografiche italiane il film Joker: Folie à Deux, per la regia di Todd Phillips e interpretato da Joaquin Phoenix e Lady Gaga, rispettivamente nei panni di Joker e Harley Quinn.

Il primo capitolo della saga, al quale abbiamo dedicato un articolo che analizza Joker dal punto di vista psicologico, è stato molto apprezzato da critica e spettatori. Al contrario, Folie à Deux ha, per alcuni versi, deluso le aspettative del pubblico. 

Sapendo di dover scrivere questo articolo, ho cercato di non farmi influenzare dai commenti e sono andata al cinema senza aver letto recensioni, né visto alcun trailer.

Mi sono seduta e ho goduto dello spettacolo. Già, perché proprio di questo si tratta: di come i disturbi mentali possano essere spettacolari. Il film risucchia lo spettatore all’interno del vortice della psicosi e non è un caso che sia una psicosi a due, condivisa. 

Infatti, già il titolo suggerisce un'attenzione particolare al fenomeno della folie à deux, un disturbo psichico in cui un individuo trasmette i propri deliri a un altro.

Attenzione: l’articolo contiene spoiler!

Immagine di copertina: copyright Warner Bros.

La follia condivisa

Il titolo stesso, Joker: Folie à Deux, introduce un concetto psicologico fondamentale: la psicosi condivisa o disturbo psicotico condiviso, una condizione psicopatologica coinvolge due o più persone nello stesso delirio o disturbo mentale. 

Questo tipo di dinamica è spesso osservato in relazioni strette, come coppie o famiglie, dove una persona dominante con deliri psicotici "contagia" l’altra, che finisce per accettare e condividere le stesse credenze psicotiche. 

Arthur, il nostro protagonista, inizia fin da piccolo a condividere un delirio con la madre nel quale i due vivono un attaccamento morboso. Vi è una fusione tale tra loro, che l’uno non può vivere senza l’altro.

Nel secondo capitolo, il concetto di folie à deux si sviluppa nella relazione tra Arthur Fleck, alias Joker, e Lee Quinzel, alias Harley Quinn. Psicologicamente, il film esplora come i due personaggi condividono e alimentano le rispettive psicosi, creando un circolo vizioso di dipendenza emotiva e rafforzamento reciproco dei loro disturbi.

Il film si apre con un cartoon nel quale Joker vede la sua ombra impadronirsi della scena, creandogli dei seri problemi. La parte oscura di Arthur prende il sopravvento sull’aspetto mite e fragile dell’uomo, mettendolo sotto la luce dei riflettori di una società assetata di violenza che lascia poco spazio alle persone deboli. 

L’ombra di Arthur rappresenta quel lato oscuro che tutti possiedono, ma che la maggior parte di noi riesce a contenere perché sufficientemente agganciato alla realtà e in grado di rispettare le regole sociali.

Nel sequel, si introduce l’idea che la psicosi condivisa possa essere "contagiosa", creando una dinamica tra Joker e Harley Quinn. Questo introduce l'idea di come la malattia mentale possa non solo isolare, ma anche connettere individui in una spirale discendente di distruzione. È interessante come, all’interno dell’istituto di igiene mentale, si crei un clima di condivisione tra i pazienti, tant’è che Arthur finisce per diventare l’eroe del reparto.

Psicosi condivisa e alternanza nelle dinamiche di potere

Il concetto di folie à deux non è solo una condizione clinica ma anche una metafora potente per esplorare il potere della suggestione e l'influenza delle relazioni tossiche

Tra i due protagonisti, Joker e Lee, si instaura un legame di codipendenza patologica, dove entrambi si nutrono delle instabilità mentali dell’altro. I due personaggi hanno un senso distorto della realtà, infatti condividono lo stesso spazio mentale di sofferenza e caos interiore.

Tutto ciò implica una riflessione su come le persone vulnerabili possano essere manipolate e coinvolte in dinamiche di violenza e delirio. Entrambi trovano l’uno nell’altra un senso di appartenenza, che viene suggellato in un patto implicito di coppia, purtroppo patologico e disfunzionale. 

Questo legame scaturisce con una fusione delle due identità, in cui la percezione della realtà dell’uno viene completamente distorta dall’influenza dell’altra e viceversa. In una visione psicodinamica questo alternarsi e rispecchiarsi, attiva fenomeni proiettivi in cui uno dei due investe l'altro delle proprie ansie, paure e deliri. 

I due protagonisti vivono una codipendenza psichica nella quale le azioni disfunzionali, violente, deliranti e paradossali trovano una giustificazione. Entrambi soffrono di una fragilità psichica che li rende forti solamente stando insieme. 

Nel patto implicito di coppia, Joker rappresenta la forza, il delirio di onnipotenza, la possibilità di distruggere una società alienante. Nel momento in cui Arthur ritrova un contatto con il piano di realtà, rompe il patto e Lee non accetta questo “tradimento”. 

Arthur ripropone lo stesso tradimento che aveva subito da sua madre, che lo aveva umiliato e ingannato. Così come la donna gli aveva fatto credere di essere speciale, Arthur mostra Joker lasciando che Lee si innamori di questa “parte di sé”. 

Lee, infatti, ama solo una parte di Arthur, una sfaccettatura idealizzata attraverso la quale lei stessa può sentirsi onnipotente, la prescelta. Parafrasando la canzone del film, quella che tra tutte le ragazze che gli camminano accanto gli è più vicina.

In un contesto più ampio, il film suggerisce che la follia non è solo individuale, ma una sorta di "follia sociale" che alimenta l'instabilità mentale dei più vulnerabili. Secondo una prospettiva psicologica, vi è il tentativo di esplorare la sanità mentale all’interno di una società disumanizzante, dove il sistema di sostegno per i disturbi mentali è insufficiente. È una società che non ascolta, ma anzi, emargina e de-individua i più fragili favorendone il delirio psicotico.

L'ambiguità morale e la psiche disturbata

Da un punto di vista clinico, Joker non è solo una figura violenta e antisociale, ma anche un uomo che soffre profondamente. La sua "follia" potrebbe essere vista come un tentativo disperato di trovare significato in una vita altrimenti vuota e dolorosa. Arthur si distacca dalla realtà per poter sostenere il dolore profondo della solitudine interiore. 

Norbert Kundrak - Pexels

Questo riflette un tema comune in psicologia, quello della dissonanza cognitiva, in cui la persona è incapace di conciliare i propri bisogni di appartenenza e validazione con la realtà ostile e alienante che lo circonda.

Arthur è in continua ambivalenza tra il mostrare un Falso Sé e un Vero Sé che non viene accettato socialmente. Vive una frattura interiore che non gli consente di integrare i due aspetti del sé, quindi né l’una, né l’altra parte, trovano un equilibrio. Questo determina un tutto buono (Arthur) e un tutto cattivo (Joker). 

Nel momento del processo, Joker interroga il suo amico a cui aveva risparmiato la vita. In questa scena è spiegato il dolore condiviso della diversità, della richiesta della società a mostrarsi “normali” e comunque appiattiti alla legge morale.

Joker: Folie à Deux è davvero un musical?

Joker: Folie à Deux viene presentato come una sorta di musical, ma in realtà del vero musical hollywoodiano ha ben poco. Quale significato assume, allora, tutta quella musica, se non per far cantare Lady Gaga e farla assurgere definitivamente a stella del cinema?

La musica è l’espressione interiore che permette ai due personaggi di vivere l’emozione più appagante e coinvolgente che ogni essere umano proverà almeno una volta nella vita: l’amore.

Finalmente anche due negletti, fragili e sgangherati esseri umani come Joker e Harley Quinn possono sentirsi parte della vita di qualcun altro, provare sensazioni fisiche di appartenenza e contatto intimo. 

Joker riconosce che finalmente qualcuno ha “bisogno di lui” e che, di una possibile pena capitale, non gli interessa nulla perché l’amore è sopra ogni cosa. I personaggi condividono una musica interiore, quella melodia che poi, tutto sommato, caratterizza ognuno di noi e che dà il ritmo alla nostra vita. Una musica che gli altri non possono sentire, ma che ciascuno vive internamente. 

Nell’amore la musica interna è la medesima, fintanto che la relazione è condivisa e rende felici entrambi. Joker ci lascia entrare nella sua mente raccontandoci le sue emozioni attraverso la musica che, non è un caso, diventa strumento terapeutico nel penitenziario di Arkham. 

È un avvicendarsi tra dentro e fuori la mente di Joker, dove la sua fantasia si esprime attraverso la musica a tratti romantica, a tratti jazz, a tratti drammatica. La colonna sonora rimarca che la vita è un intrattenimento, uno show, un po’ come il manicomio di Arkham. 

Questo luogo riporterà Arthur a contatto con la realtà, inducendolo ad ammettere chi è realmente e quindi a rinnegare quella parte di sé sulla base delle aspettative sociali. Allora, soltanto allora, il tribunale esploderà, così come la personalità di Arthur/Joker implode. 

Suvan Chowdhury - Pexels

Simboli e curiosità

Il film è caratterizzato, come il primo episodio, da numerosi simboli che lo rendono interessante ed enigmatico. Allo stesso modo, la struttura narrativa è caratterizzata da una circolarità degli eventi che accompagnano lo spettatore fino all’epilogo.

Arthur esprime le sue emozioni attraverso il riso che lo caratterizza nei momenti di ansia e paura, mentre la tristezza viene rappresentata dall’esterno attraverso la pioggia, quasi a significare che il terrore viene da dentro e la malinconia è qualcosa che lo pervade da fuori, schiacciandolo.

La scalinata è forse il simbolo più eloquente del film e nel sequel il protagonista si troverà a salirla per l’ultima volta. Qui incontrerà il suo unico amore che, però, lo lascerà per sempre. Harley è infatti innamorata di Joker e non di Arthur, il patto tra le loro parti deliranti è ormai definitivamente rotto. Avrebbero dovuto costruire una montagna da una collina, chiaramente un progetto assurdo, irreale e surreale.

Il processo, parte centrale del film, assume un significato simbolico dalle diverse sfaccettature. È vero che viene processato Joker, ossia quel lato oscuro che si nasconde in ognuno di noi, quella parte inaccettabile e inadeguata che la società rinnega e ci costringe a rinnegare, ma il processo è anche un’autocritica al film del 2019. 

È un po’ come mettere le mani avanti alle aspettative del pubblico, in quanto nel sequel manca quell’azione che abbiamo vissuto nel primo film. Sembra una mossa folle ma, forse, anche coraggiosa da parte degli autori.

Joker: Folie à Deux proietta lo spettatore nella mente malata del protagonista rendendolo partecipe dei suoi deliri visivi e uditivi, portandolo sulle montagne russe delle emozioni più devastanti che l’essere umano possa provare: l’onnipotenza e la fragilità, l’amore e la morte.

L’amore tossico dei protagonisti apre uno squarcio sul vissuto di due persone che provano un sentimento travolgente come quello dell’amore, legandosi a un patto implicito attraverso il quale credono di poter curare le ferite profonde del loro “bambino interiore”, restandone, però, sopraffatti.

Bibliografia

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  •  Jung, C.G. (2020). L’uomo e i suoi simboli. Milano: Raffaello Cortina Editore
  • Albano, L. (2004). Lo schermo dei sogni. Chiavi psicoanalitiche del cinema. Venezia: Marsilio Editori.

  

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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