"Fatti vedere": la terapia online approda sul grande schermo. La recensione di Unobravo

"Fatti vedere": la terapia online approda sul grande schermo.  La recensione di Unobravo
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Redazione
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
11.2.2025
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Da poco disponibile nelle sale cinematografiche, Fatti vedere si presta a diventare uno dei film che più ci farà compagnia tra San Valentino e il Galentine’s Day, e non possiamo esserne stupiti. Divertente, brillante e con una dose extra di romanticismo, Fatti vedere è una storia moderna che esplora il confine tra identità digitale e realtà, in una commedia degli equivoci animata da battute scanzonate e quel perfetto mix di heart & humor

Ma più di una semplice commedia romantica, questo film costituisce una tappa importante nel processo di normalizzazione del benessere psicologico e della psicologia online. Un tempo oggetto di sussurri, il supporto psicologico online diventa protagonista del grande schermo e, per la prima volta, non più un mero argomento di conversazione, quanto il motore della trama stessa. 

Siamo andati a vedere il film insieme al nostro Manager Clinico, Angelo Capasso, che ci ha offerto una lettura psicologica della storia e svelato qualche retroscena su come funzioni davvero un servizio di psicologia online. 

Attenzione: l’articolo contiene spoiler. 

Immagine di copertina: copyright Cinecittà (filmitalia.org)

“Fatti vedere”: di cosa parla 

La pellicola segue le gesta di Sandra, psicologa fresca di studi e alla sua prima esperienza con il servizio di supporto psicologico online Fatti Vedere. Abbandonata di punto in bianco dal fidanzato di una vita, Sandra si appropria dell’identità di una collega e, sotto mentite spoglie, presta il suo supporto professionale all’ex, nel tentativo di comprendere ciò che lo abbia spinto a lasciarla. 

Complice una serie fortuita di eventi e un investigatore esperto in travestimenti, Sandra mette a repentaglio la propria carriera professionale, rendendosi protagonista di una serie di pratiche in contrasto con quanto raccomandato dal Codice Deontologico degli Psicologi Italiani. 

Ed è proprio al cospetto della Commissione Regionale dell’Ordine degli Psicologi del Lazio, riunita in consiglio per valutare la sua condotta, che il film si apre e la protagonista ripercorre quanto accaduto. 

La Sandra che lo spettatore incontra per la prima volta è una donna empatica, idealista e capace, alimentata dall’amore e dalla passione per ciò a cui ha dedicato oltre dieci anni della propria esistenza. 

Dopo tanti studi e sacrifici, grazie al servizio Fatti Vedere, la protagonista sembra riuscire a coronare il suo desiderio di stabilità, parzialmente incarnato anche dalla relazione che intrattiene con Stefano,una relazione a suo dire perfetta, scandita da quei piccoli, preziosi momenti in cui si parla di “niente” e che, per tante coppie, spesso significano più di molti “qualcosa”.

Ma è proprio quando la sua carriera professionale decolla che la sua vita privata va in frantumi e, all’improvviso, si ritrova a muovere i suoi passi in una casa costellata da contenitori di cibo per asporto vuoti, ghostata non solo dal compagno, ma anche dagli amici in comune. 

Quando un bug di sistema le assegna il profilo di un anziana collega e le assegna come paziente il suo ex, Sandra vede finalmente l’occasione di capire cosa sia successo e, perché no, riconquistare anche l’amore perduto. Sandra mantiene l’equivoco, camuffando voce ed aspetto, grazie all’aiuto di Marco, un investigatore esperto in travestimento.

La crisi come occasione di riscoperta del sé  

Moderna Mrs. Doubtfire, nel corso della storia, Sandra è chiamata progressivamente a scoprire la verità non solo rispetto alla fine della sua relazione con Stefano, ma anche su sé stessa

“Il tema dell’identità e della maschera, del rapporto tra ciò che siamo e ciò che mostriamo al mondo, è centrale nel percorso di Sandra. Quello che trovo particolarmente interessante è il paradosso per cui, a volte, per essere autentici abbiamo bisogno di indossare una maschera. Se ci pensiamo bene, la maschera non è necessariamente una menzogna: può essere un mezzo di esplorazione, un modo per sperimentare parti di noi che, senza un filtro protettivo, faticheremmo a esprimere,” commenta Angelo Capasso. 

A partire dai primi 30 minuti del film, appare infatti evidente come quella di Sandra sia una crisi personale, ancor prima che professionale. La sua crescita umana passa proprio attraverso l’adozione di una maschera, quella della Dott.ssa Robbiati, un’identità che le permette di allentare la rigidità del ruolo che ha sempre ricoperto nelle sue relazioni. In questo senso, la maschera diventa un’opportunità: invece di imprigionarla, le offre una via di fuga dalla versione di sé stessa idealizzata quanto cristallizzata, quella che, per paura di perdere Stefano, si è costruita intorno a bisogni altrui, silenziando i propri.

“Sandra si permette di esistere in una nuova dimensione perché non si identifica più totalmente con l’immagine che ha costruito nel tempo. È un processo che può essere esplorato nell’arco di un percorso terapeutico: il cambiamento autentico non avviene con un taglio netto tra il prima e il dopo, ma attraverso un’esplorazione graduale, a volte anche giocosa, di nuovi modi di essere,” continua il Dott. Capasso. 

“Nel suo caso, la maschera non è una fuga ma una strada, lastricata di sofferenza ma anche momenti di ritrovato entusiasmo,  per conoscere la nuova versione di sé stessa. La vera autenticità, infatti, non consiste nel rimanere fedeli a un’immagine statica di chi siamo, ma nel permetterci di cambiare senza tradire il nostro nucleo più profondo.”

Con quel nucleo Sandra è chiamata a misurarsi, alla fine del film, in occasione delle nozze della sua migliore amica, a cui, per uno strano scherzo del destino, sono presenti sia l’ex fidanzato che la Dott.ssa Robbiati. 

Dopo aver passato interminabili colloqui dietro lo schermo, Sandra scopre le carte con Stefano, trovando il coraggio di guardarlo negli occhi e riconoscere che, negli ultimi mesi, ha inseguito una chimera,un amore finito, per cui ha infranto il suo corredo di valori e la sua integrità professionale. 

“È proprio in questo momento, all’apice del suo cambiamento in divenire, che Sandra ritrova sé stessa e il proprio centro. La maschera che l’ha accompagnata fino a quel punto non è più necessaria: ora può sostenere lo sguardo di Stefano non per cercare conferme, ma per riconoscere, senza più illusioni, ciò che è stato e ciò che non può più essere. E, soprattutto, può guardare sé stessa con onestà,” sottolinea il Dott. Capasso. 

“La sua scelta di autodenunciarsi all’Ordine degli Psicologi non è un atto di resa, ma di riconciliazione con la sua integrità. Non lo fa per punirsi, né per espiare una colpa, ma perché comprende che non può costruire la sua nuova identità su una frattura irrisolta.

‘Ho troppo rispetto di questo lavoro per non farlo,’ afferma Sandra, e in questa frase risiede tutta la sua trasformazione: non è più la donna che temeva di perdere l’amore a costo di tradire sé stessa, né la terapeuta che ha aggirato le proprie regole per inseguire un’illusione. È finalmente libera di essere chi è, senza bisogno di nascondersi dietro nessun ruolo.”

L’ansia e il panico: una metafora poetica per un disturbo dagli effetti molto reali 

Nel corso del film, ansia e panico non sono semplici ostacoli per Sandra, ma veri e propri motori del cambiamento. L’ansia la accompagna come un rumore di fondo, spingendola a tenere tutto sotto controllo, a non deludere nessuno, a restare aggrappata a un’immagine di sé ormai troppo stretta. Ma è il panico, improvviso e travolgente, a costringerla a fermarsi, a smettere di rincorrere ciò che non esiste più.

Sandra stessa regala una metafora potente per descriverlo: “Il panico è come un’onda: se l’attraversi a bocca aperta soffochi, se ci plani sopra ti elevi.” 

Ed è proprio quando smette di lottare contro di esso e impara a cavalcarlo che trova il coraggio di guardarsi davvero. Il panico, paradossalmente, la aiuta a liberarsi dalle catene dell’ansia e a ritrovare sé stessa.

Thounght Catalog - Unsplash

Psicologia online: da stigma a quotidianità

Fatti vedere inaugura un nuovo capitolo nella rappresentazione della salute mentale: attraverso una narrativa che offre un’occasione di evasione, il film invita lo spettatore a riflettere su quanto il concetto di benessere psicologico si sia fatto strada nella quotidianità di ciascuno di noi, in particolare tra le generazioni più giovani (Millennials in testa a tutti). Benché il film si sia preso alcune licenze narrative, trasmette con forza l’importanza di un solido framework legislativo, deputato a governare il supporto psicologico in ogni sua forma. 

“La commissione dell’Ordine degli Psicologi e le tante menzioni al nostro Codice Deontologico, nell’arco dell’intero film, non sono semplici elementi di sfondo: sono il filo conduttore che guida la trasformazione di Sandra, il metro con cui misura le proprie scelte e il punto di riferimento a cui, infine, sceglie di tornare. Non rappresentano solo un vincolo, ma anche una bussola etica, che la spinge a interrogarsi su chi vuole essere, come professionista e come persona”, afferma il Dott. Capasso. 

La libertà narrativa è ciò che conferisce al cinema la magia che ci tiene incollati allo schermo: ma quali sono le differenza tra un servizio come quello fornito da Fatti Vedere e quello che, invece, offre Unobravo? 

Cosa nel film non rispecchia la realtà

Nella realtà, l’intero espediente su cui si regge la trama si configurerebbe come una condotta inaccettabile da parte del professionista. Quella dello psicologo è una professione regolamentata, e ogni professionista deve aderire a un rigoroso Codice Deontologico che protegge sia i pazienti che la relazione terapeutica. La fiducia è l'elemento centrale di questa relazione, e garantire un ambiente sicuro e rispettoso è una priorità.

“Nel film, ci sono alcuni aspetti che non rispecchiano la realtà della pratica che servizi come il nostro possono offrire. Primo fra tutti, la rappresentazione della relazione terapeutica: gli psicologi seguono un Codice Deontologico che si fonda sulla fiducia, non sulla manipolazione. È impensabile che un terapeuta tratti un paziente con cui ha già un legame personale, in quanto ciò comprometterebbe l’efficacia del percorso terapeutico,” sostiene il Dott. Capasso. 

Piattaforme che offrono un servizio di psicologia online come Unobravo, per esempio, collaborano solo con psicologi qualificati, seguendo scrupolosamente il Codice Deontologico e le normative professionali. Unobravo è anche un centro medico accreditato, sottoposto a controlli rigorosi per garantire la massima qualità e professionalità.

“Nel film, la protagonista infrange diversi articoli del Codice Deontologico degli Psicologi, mettendo in discussione l’etica professionale. L'articolo 3, che vieta l’uso inappropriato dell’influenza, viene violato quando manipola la sua relazione personale con il paziente, compromettendone la fiducia.

L'articolo 8, relativo all’abusivismo e alle attività ingannevoli, è infranto quando la protagonista sfrutta la terapia per scopi personali, così come l’articolo 22, che proibisce condotte lesive per ottenere vantaggi indebiti. Infine, l'articolo 26 impone di evitare conflitti tra vita personale e professionale, ma la protagonista non riesce a separare i due ambiti, compromettendo l’efficacia della terapia.”

LinkedIn Sales Solutions - Pexels

Anche i meccanismi operativi mostrati nel film non sono in linea con quanto avviene in un servizio di psicologia online.  

“Nel film, vediamo situazioni che non riflettono la realtà della nostra pratica professionale, soprattutto per quanto riguarda i meccanismi operativi. Per esempio, l'idea che un professionista possa essere associato a un profilo che non gli corrisponde è errata. In un contesto come quello di Unobravo, il supporto clinico che offriamo costantemente garantisce che non si verifichino equivoci come quelli mostrati nel film.

Inoltre, contrariamente a quanto si vede nella pellicola, la nostra Web App non prevede l'uso di cronometri a tempo, e i nostri psicologi sono incoraggiati a rispettare il valore clinico del setting, senza pressioni esterne per chiudere la seduta. Infine, il nostro Customer Success Team fornisce un’assistenza rapida e mirata, sia ai pazienti che ai professionisti, un supporto che è tutt'altro che inefficace o disorganizzato come mostrato nel film.”

E a proposito dell’atteggiamento tenuto da Sandra, nella veste della Dott.ssa Robbiati?

“Anche se volessimo tralasciare tutti gli aspetti deontologicamente controversi di cui abbiamo parlato sopra, l'atteggiamento che Sandra ha durante i suoi colloqui con Stefano è chiaramente governato dalla sua ansia e si rivela poco professionale. In nessun caso un professionista esprimerebbe una simile impazienza e tendenza al giudizio, in quanto offrire un supporto psicologico si fonda sulla comprensione empatica e sul rispetto del paziente, elementi che mancano in queste scene.”

Conclusione

"Fatti Vedere" segna un punto di svolta culturale per la salute mentale in Italia, mettendo per la prima volta il supporto psicologico online al centro della trama di un film. Questo passaggio, da argomento di nicchia a tema di cultura popolare, rappresenta un altro segno tangibile del cambiamento di cui servizi come il nostro sono stati motore. 

Il film non solo intrattiene, ma normalizza la ricerca di aiuto, facendo del supporto psicologico, online o in presenza, una parte comune delle nostre vite.

Questo è un grande cambiamento culturale, una testimonianza della nostra rivoluzione dolce, e siamo orgogliosi di esserne in prima linea.

Bibliografia
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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