Le relazioni sul posto di lavoro sono tanto delicate da gestire quanto importanti per il benessere organizzativo. Nella realtà quotidiana difficilmente le beghe che coinvolgono i collaboratori evolvono in un’amicizia, come tra il saccente ma leale assistente del direttore della filiale Dwight e l’indolente e giocherellone addetto alle vendite Jim della serie cult “The Office”.
Le relazioni di lavoro pericolose
Le relazioni sul posto di lavoro possono essere davvero problematiche, come dimostrano anche alcuni recenti casi di cronaca. In un’azienda del torinese un uomo, sentendosi mobbizzato da alcuni colleghi, si è vendicato dei presunti bulli “correggendo” la loro acqua con un farmaco ansiolitico.
Un episodio simile, ma con risvolti ancor più drammatici, è capitato tra due operai agricoli dopo un rimprovero dei datori di lavoro per un errore del meno esperto: la tensione per il richiamo e la conseguente preoccupazione di perdere il posto sono sfociati in una lite e in un efferato tentato omicidio.
La convivenza organizzativa
La convivenza è quel processo che consente ai membri di organizzazioni e comunità di gestire relazioni importanti e durature che nascono, si mantengono ed evolvono all’interno di uno spazio fisico o simbolico e che coinvolgono persone, gruppi e sistemi sociali.
La complicazione dello smart working
Negli ambienti di lavoro, la convivenza è resa complicata dal fatto che i colleghi non si scelgono e potrebbero non essere in sintonia; eppure si ritrovano a trascorrere insieme buona parte del loro tempo e a dover collaborare per “portare a casa il risultato”.
Inoltre, con la diffusione dello smart working e di team sempre più virtuali, le comunicazioni diventano meno dirette e i conflitti rischiano di inasprirsi rapidamente, con una conseguente maggiore difficoltà di risoluzione.
Potrebbero verificarsi anche fenomeni di “pigrizia sociale” (social loafing), la tendenza a profondere un minor livello d’impegno nel raggiungimento dell’obiettivo quando si è in gruppo, rispetto a quanto si farebbe se si lavorasse da soli, favoriti dalla tecnologia.
Natura e cause dei conflitti sul lavoro
Perché scoppiano conflitti sul lavoro? Vari studi hanno posto l’attenzione su aspetti diversi: conflitti in base a soggetti coinvolti e conflitti basati sulle cause.
I conflitti in base ai soggetti coinvolti implicano la relazione tra:
- conflitti individuali e collettivi;
- conflitti tra pari e up-down cioè tra un subordinato e un superiore;
- conflitti il cui nucleo risiede nelle persone o nell’organizzazione;
- conflitti neutri da un punto di vista ideologico o motivati;
- conflitti contingenti o esistenziali, che riguardano cioè un problema relativo alla qualità della vita.
Per quanto riguarda le possibili cause, invece, distinguiamo:
- interesse diretto, come la remunerazione, una promozione o gli incentivi;
- condizioni sociali e organizzative, tra cui le condizioni di sicurezza e gli orari;
- tensioni psicologiche, dovute ad esempio alla cattiva comunicazione o all’incompatibilità personale;
- divergenze intellettuali sugli obiettivi da perseguire o tra posizioni politiche contrapposte, o lotte per il potere.
Un lieto fine è possibile?
Quale che ne sia l’origine, i problemi sul lavoro e i conflitti che seguono possono avere un happy ending. Perché si abbia un lieto fine è necessario che le parti in causa abbraccino una concezione delle relazioni e del potere che contempli la possibilità di un accordo da cui entrambe ottengano un risultato soddisfacente.
Anziché una competizione in cui se io vinco tu perdi, e viceversa, una soluzione può essere mettere in campo le soft skills come la capacità di essere assertivi, indispensabile nelle negoziazioni, e una buona intelligenza emotiva.
E se non dovesse funzionare, praticare regolarmente yoga o una sua variante specifica, come la terapia della risata (laughter yoga), può garantire benefici in termini di gestione delle emozioni, dello stress e dei conflitti tanto che proprio a questo scopo, questa disciplina ha preso piede nei programmi di team building aziendale.