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The Bad Batch: considerazioni in chiave psicologica del film

The Bad Batch: considerazioni in chiave psicologica del film
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Pamela Anile
Redazione
Psicologa ad orientamento Cognitivo-Comportamentale
Unobravo
Pubblicato il
6.9.2023

Con questo articolo vorrei condividere con voi lettori una rilettura in chiave psicologica, ma anche una riflessione, circa la visione della società di cui facciamo parte, e provare a trovare similitudini con l’idea, forse futurista, del film The bad batch.

Vi starete chiedendo: perché, con tutti i film che offrono le varie piattaforme, proprio The bad batch? Perché seppur con pochi dialoghi ma con molto linguaggio del corpo, riesce a toccare molti temi attuali, come:

  • il libero arbitrio
  • il senso di inadeguatezza
  • l’egoismo
  • la rabbia
  • l’illusione
  • la sopravvivenza
  • il tentativo di negare che alcuni soggetti siano più fragili di altri e che, spesso, ciò che non si conforma alla massa, diventa trasparente agli occhi di chi non sa guardare.
the bad batch
Vincent Ma Janssen - Pexels

Lotti difettosi

Dopo la liberazione da un Istituto di pena, le persone non considerate degne di vivere in società vengono relegate in una grande area desertica del Texas. Questa grande area è terra di nessuno. Non vi sono leggi né governo.

Le persone che l’abitano hanno tutte un numero seguito da un BB tatuato dietro l’orecchio, per poterle identificare. L’acronimo sta per bad batch, tradotto letteralmente “il lotto difettoso”.

I BB sono coloro che non sono adeguati per vivere in mezzo agli altri a causa dei loro sbagli, perché considerati inetti alla vita, reietti, scarti della società, a tal punto da essere identificati con un numero di matricola e, per questo, “rinchiusi” in questa terra di nessuno.

Tra i temi di questo film, la libertà è forse la cosa più evidente: seppur si capisca bene all’inizio del film che i BB vengono ‘liberati’, essi non saranno mai liberi, perché la società ha deciso così.

Comfort Town e la paura

In questa landa desolata e fuori dalla giurisdizione statunitense, le persone formano una comunità in mezzo al deserto: nella città di Comfort Town e nella zona del Ponte. Uno dei protagonisti del film, Miami Man, via via che la trama si snoda, viene spinto a “trovare Comfort”. 

Il nome della città è significativo: cosa vuol dire trovare comfort? Equivale a trovare la salvezza? Forse l’invito può riferirsi a far parte della comunità che non ha perso le speranze, oppure potrebbe trattarsi di quella zona di comfort che ci permette di sperimentare sicurezza e dalla quale a volte facciamo fatica a uscire per paura di andare incontro a incertezze e alla paura di sbagliare? 

Il film lascia a noi la domanda e il compito di trovare la risposta.

La paura può essere sia la nostra più grande amica che nemica. È un’emozione che tutti noi abbiamo provato spesso e dalla quale ci siamo sentiti stringere il cuore, a volte troppo forte. Ci toglie dalle situazioni di pericolo, ma è anche la reazione a essa che ci spinge ad agire e ci può far fare cose d’impulso.

libertà di scelta
Cottonbro Studio - Pexels

Il libero arbitrio

Quando parliamo di libero arbitrio ci riferiamo alla libertà dell’essere umano di prendere decisioni circa l’agire e il pensare secondo la propria volontà e di porsi obiettivi che possano migliorare la propria vita e di tutto ciò esserne responsabile.

Il primo a parlare di libero arbitrio fu il filosofo Descartes, che lo definì una nozione “innata”, ossia quella possibilità di fare delle scelte con cui nasciamo e che è alimentata dalla nostra libertà e razionalità. È così che possiamo autodeterminarci. 

È possibile Immaginare un mondo in cui l’uomo non si debba sentire responsabile degli eventi che lo circondano? Molti autori hanno dibattuto sul tema: c’è chi crede che il libero arbitrio non esista o che dipenda solo dalla fede dell’uomo che lo considera come dono di Dio, oppure che si tratti di una legge morale senza la quale esso non esisterebbe.

Secondo Kant, per esempio, il libero arbitrio è qualcosa di pratico, qualcosa che non può essere dimostrato vero, ma che si presuppone quando agiamo: “se devi, allora puoi”, poiché si presume che siamo liberi se possiamo assumerci delle responsabilità. 

Arlen, la protagonista del film, usa il libero arbitrio per scegliere se togliere o no la vita a una donna che insieme alla figlioletta si era recata poco fuori dalla zona del Ponte per cercare oggetti in una discarica. 

La rabbia e la voglia di vendetta deriva dalle violenze che ha subito in quella metà dell’area desertica dove si procurano il cibo uccidendo i nuovi arrivati, violenze che l’hanno resa disabile, senza mezza gamba e mezzo braccio, utilizzati dai suoi aguzzini per sfamarsi. Arlen si sentiva legittimata a usare violenza a causa della violenza subita: uccide la madre e porta con sé la bambina.

La libertà

Non sempre ci dirigiamo verso la libertà, pur possedendo (per chi sceglie di crederci) il libero arbitrio. La libertà proviene dall’esterno, è una concessione e, se vogliamo trovare una similitudine con il film, possiamo immaginare la libertà come la grande area desertica, ma recintata. 

Forse crediamo di essere liberi, ma non lo siamo: la libertà non è data dal poter scegliere che musica ascoltare, se mangiare carne o pesce o se trascorrere le vacanze al mare o in montagna. La libertà, sostiene Sara D'agostini, è provare un’emozione superiore direttamente proporzionale al grado di distaccamento dal nostro ego. Meno viviamo di ego e più sapremo essere liberi. 

L’attrice protagonista del film parla di libertà quando si trova di fronte al guru della comunità di Comfort, anch’esso pur sempre un bad batch (anche se vive da privilegiato nella sua villa, piena di comodità, droga e soldi) e che ha deciso di rapire, a sua volta, la bambina.

Alla domanda dell’uomo su cosa avrebbe voluto davvero la ragazza, lei risponde che avrebbe voluto una macchina del tempo per tornare indietro e fare le cose in modo diverso, in modo migliore.

Ma non si può, perché le scelte che ha fatto, la meta che aveva, l’hanno portata proprio lì, su quel divano con lui. Tuttavia, Arlen riesce a salvare la bambina.

Solo quando esce da Comfort con la piccola e senza uccidere nessuno, essa diviene libera, seppur attorno non ci sia niente e nessuno; incontra il padre della bambina e insieme, nonostante la riluttanza di lui e le scarse capacità emotive, decidono di essere liberi insieme, seppur nel nulla.

È proprio lui che invita la ragazza a rendersi conto di come attorno a loro non ci sia nulla e non ci sia futuro, ma la ragazza, prendendogli la mano, cerca di fargli capire che non è vero che non c’è nulla: loro ci sono e sono vivi e liberi, insieme.

felicità e libero arbitrio
Daniel Reche - Pexels

Felicità e libero arbitrio: quale relazione?

Secondo uno studio condotto da un gruppo di ricercatori cinesi e di recente pubblicato su Frontiers in Psychology, potrebbe esserci una correlazione tra chi crede nel libero arbitrio e la felicità:

“Teoricamente, credere nel libero arbitrio significa credere che le persone possano agire liberamente per raggiungere obiettivi personali e migliorare la qualità della vita. Questa convinzione può avere benefici sul benessere soggettivo sotto due aspetti. 

In primo luogo, la fede nel libero arbitrio può far sì che un individuo abbia un maggiore livello di autonomia percepita, che ha ulteriormente prodotto un maggiore benessere soggettivo. In secondo luogo, studi precedenti hanno suggerito che la fede nel libero arbitrio può rendere un individuo più disposto a esercitare l’autocontrollo e a ottenere prestazioni migliori.”

Queste teorie non sorprendono poi molto se consideriamo che non stiamo parlando di un vero e proprio costrutto psicologico ma di qualcosa che può essere assimilato ad altri costrutti studiati dalla psicologia della salute o la psicologia sociale. 

Pensiamo al concetto di locus of control o a quello di autoefficacia o agentività: percepire di poter raggiungere i propri obiettivi o incidere sul corso degli eventi sono aspetti correlati al benessere psicologico. 

Scelta e consapevolezza

A volte le nostre scelte possono farci pensare di essere in balia dell’incertezza, come una barca a vela nel mare, senza vento (come chiama il guru di Comfort Town la protagonista). Gli eventi cambiano in fretta e, anche se agli occhi degli altri potremmo sembrare liberi, può capitare di sentirsi persi. 

Capita poi che noi per primi non vogliamo chiedere aiuto né lo riceviamo spontaneamente perché la nostra difficoltà non viene percepita.

Come i bad batch, in apparenza liberi, ma senza sapere cosa farsene della libertà. Nel loro caso qualcuno li aveva convinti di essere difettosi, tanto da indurli a pensare di meritare l’esilio nel deserto, mascherato dall’illusione di Comfort Town. 

Similmente, potremmo credere di essere difettosi e che sia giusto o normale che gli altri ci trattino in modo diverso…  Personalmente, credo che almeno una volta nella vita tutti abbiamo creduto di essere un po' bad batch, ma dobbiamo sempre ricordare che possiamo scegliere cosa essere e cosa fare e, qualunque siano le nostre scelte, dobbiamo esserne consapevoli e non permettere a nessuno di determinare chi siamo. 

Per ognuno di noi la libertà significa una cosa diversa. Siate liberi nel modo in cui potete essere felici.

Bibliografia

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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