Salute mentale
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Psicofarmaci nella psicoterapia: quando sono necessari?

Psicofarmaci nella psicoterapia: quando sono necessari?
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Nicola Zingaro
Redazione
Unobravo
Pubblicato il
9.2.2023

L’uso degli psicofarmaci nel contesto della psicoterapia è notevolmente cresciuto negli anni: lo sviluppo di nuovi farmaci sempre più efficaci per una varietà di disturbi psichici che in precedenza non erano curabili li hanno resi “appetibili”. 

Ciò nonostante, è molto comune avere dubbi sulle terapie psicologiche combinate agli psicofarmaci e chiedersi:

  • a cosa servono
  • come funzionano
  • quali sono i possibili effetti collaterali e le controindicazioni
  • quando è consigliabile prenderli.

Proviamo a rispondere a qualcuno di questi interrogativi partendo da cosa sono gli psicofarmaci, per poi soffermarci sull’uso degli psicofarmaci contestualmente all’intervento psicoterapico. 

Ma prima un’importante precisazione: l’assunzione degli psicofarmaci deve avvenire esclusivamente su indicazione di un medico, dopo un’accurata diagnosi

Solo un medico (in genere medico di medicina generale o psichiatra) può prescrivere psicofarmaci, attività che non può essere svolta da psicologi e psicoterapeuti. Questi ultimi possono suggerire al paziente un consulto con medici specialisti e iniziare, se necessario, una stretta collaborazione nell’interesse del paziente.

Psicofarmaci: cosa sono

Nel corso degli anni sono stati sviluppati diversi tipi di psicofarmaci, ciascuno appartenente a una classificazione e ad un uso specifico. Treccani li definisce come:

“Gruppo di farmaci capaci d'influenzare l'attività psichica, normale e patologica. Sono sostanze difficilmente classificabili, perché a somiglianza di struttura molecolare e di effetti d'ordine neurologico possono corrispondere proprietà terapeutiche differenti.”

La storia degli psicofarmaci è piuttosto recente, se pensiamo che, già nell’antichità, gli uomini utilizzavano una serie di sostanze naturali in grado di alterare la percezione della realtà (spesso con effetti allucinatori), modificare i pensieri e curare alcune patologie.

La psicofarmacologia moderna può essere collocata intorno agli anni ‘50 del Novecento, quando vennero scoperte le proprietà antipsicotiche della reserpina e quelle calmanti della clorpromazina.

Le ricerche chimiche e farmacologiche si ampliarono ulteriormente fino a comprendere numerosi farmaci utilizzati per il trattamento degli sbalzi d’umore e del disturbo bipolare, dei disturbi depressivi, degli attacchi d’ansia, degli attacchi di panico o dei disturbi di personalità come il disturbo borderline.

Molti problemi di salute emotiva e mentale, tuttavia, non sono riducibili a uno squilibrio biochimico. Come ben sappiamo, le preoccupazioni psicologiche hanno origine e sono influenzate dagli eventi della vita. 

Poiché non cambiano il modo in cui le persone si relazionano psicologicamente alle loro esperienze, i farmaci da soli non possono risolvere questi problemi. Per fare una similitudine, il trattamento con i soli farmaci è come ricucire una ferita da proiettile senza prima rimuoverlo.

Tipologie di psicofarmaci

Gli psicofarmaci più usati nel trattamento dei disturbi mentali agiscono sulla regolazione dei neurotrasmettitori del Sistema Nervoso Centrale (come dopamina e serotonina). Alcuni farmaci utilizzati in psichiatria hanno indicazioni terapeutiche più ampie, ma possiamo suddividerli in 4 macro categorie:

  • gli antipsicotici: come suggerisce il nome, questi farmaci hanno come indicazione per lo più le condizioni psicotiche (come la schizofrenia, un grave disturbo caratterizzato da deliri e allucinazioni), ma, per alcuni, c’è anche indicazione per la stabilizzazione del tono dell’umore
  • gli ansiolitici: sono farmaci indicati in prima battuta per i disturbi d’ansia ma anche, per esempio, per contrastare gli effetti dell’astinenza provocati dalla dipendenza da alcol o altre sostanze d’abuso. Tra gli psicofarmaci più “famosi” ci sono le cosiddette benzodiazepine
  • gli antidepressivi: sono psicofarmaci utilizzati soprattutto nel trattamento dei disturbi dell’umore, come la depressione maggiore o la depressione reattiva. L’antidepressivo ha però un utilizzo molto ampio e, per questo, può essere utilizzato anche nel trattamento di disturbi alimentari, del disturbo ossessivo compulsivo o del disturbo da stress post traumatico
  • gli stabilizzatori del tono dell’umore: sono psicofarmaci utilizzati soprattutto nel trattamento dei disturbi dell’umore caratterizzati da oscillazioni timiche importanti, come la ciclotimia e il disturbo bipolare.


Il Rapporto OsMed pubblicato dall’Agenzia Italiana del Farmaco ha indagato l’uso degli psicofarmaci in Italia, riportando una statistica su quanti italiani assumono psicofarmaci:

“Nel 2021 il consumo di antidepressivi rappresenta il 3,4% del consumo totale di farmaci in Italia (tra gli antidepressivi gli SSRI costituiscono il 70 % del consumo). [...] Circa il 7% della popolazione italiana, nel 2021, ha utilizzato antidepressivi, con un aumento di uso nel sesso femminile e all’aumentare dell’età. La durata media di trattamento è 8 mesi, anche se un’elevata percentuale di soggetti rimane in trattamento per meno di 6 mesi ed il 12,2% riceve una sola prescrizione.”
psicofarmaci effetti sul cervello
Kendal - Unsplash

Gli effetti collaterali degli psicofarmaci

La paura di dover assumere psicofarmaci, per via dei possibili effetti collaterali, può essere uno dei motivi che inibisce le persone nell’iniziare un percorso di psicoterapia. Ma andare dallo psicologo non significa che automaticamente avremo bisogno di assumere psicofarmaci, seppure in alcuni casi questi possono essere necessari.

È vero che gli psicofarmaci fanno male? Danneggiano il cervello? Gli psicofarmaci possono provocare alcuni effetti collaterali a breve e lungo termine, per questo devono essere assunti esclusivamente sotto controllo medico

Il compito dei medici e dei professionisti della salute mentale è proprio quello di tutelare il benessere del paziente, ponderando attentamente i pro e i contro dell’assunzione dei farmaci. 

Tra gli effetti collaterali più comuni alle varie classi di psicofarmaci si possono riscontrare:

  • vertigini, stanchezza, reazioni rallentate, sonnolenza
  • deficit mnemonici, rush cutanei, ipotensione arteriosa.

A pensarci bene, tutti i farmaci in generale (anche la più comune tachipirina) presentano effetti collaterali. Se si soffre di disturbi che si ritengono invalidanti, il lavoro dello psichiatra, insieme a quello dello psicologo, è necessario.

Un ulteriore e raro effetto collaterale è l’effetto paradosso: con questa espressione si intende la produzione di effetti indesiderati diversi e/o opposti rispetto a quelli previsti e, nel caso in cui si verificasse, è necessario allertare il proprio medico. 

Una ricerca svolta da un gruppo di neuroscienziati ha indagato il fenomeno, delineando le basi per produrre farmaci con un maggiore indice terapeutico e minori effetti collaterali. Tra questi può anche esserci un’ eventuale dipendenza, i cui effetti possono essere tenuti sotto controllo anche grazie alla psicoterapia

Qual è il modo corretto di prendere psicofarmaci?

‍Come abbiamo accennato, il medico di base può prescrivere psicofarmaci così come può farlo uno psichiatra. Chi prescrive gli ansiolitici, gli antidepressivi o gli antipsicotici deve essere un medico. Psicologo e psicoterapeuta, invece, non possono farlo.

È possibile assumere psicofarmaci a vita? Una terapia farmacologica basata sugli psicofarmaci è studiata in modo assolutamente personalizzato, per questo non può esistere una regola universale che stabilisca per quanto tempo bisogna assumerli.

Gli effetti degli psicofarmaci, come già precisato, possono essere immediati o arrivare dopo del tempo ma, in ogni caso, una terapia farmacologica va eseguita sotto stretto controllo medico e per il tempo e con le modalità stabiliti dal professionista.

Attenersi alle indicazioni di un professionista può inoltre scongiurare un’eventuale dipendenza da psicofarmaci. Un rischio che, come riporta questa ricerca sul consumo di alcol e altre sostanze, vede il 15,4% degli adolescenti farne uso senza prescrizione e “l’oltre il 52% degli studenti a cui sono stati prescritti almeno una volta”, continuare ad assumerli senza controllo medico.

Cosa succede se si smette di assumere psicofarmaci bruscamente? Nel caso in cui un paziente decida di smettere in autonomia uno psicofarmaco, potrebbe incorrere in effetti collaterali come l’astinenza, l’acuirsi del disturbo o a recidive della malattia.

È importante, quindi, che la sospensione degli psicofarmaci sia concordata con il medico che guiderà il paziente a una progressiva riduzione delle dosi, fino alla dismissione completa degli psicofarmaci e la conclusione della terapia. 

psicofarmaci funzionano
Amy Hirschi - Unsplash

Psicoterapia e psicofarmaci: sì o no? 

Per alcune persone può essere difficile concentrarsi sulla propria crescita personale quando si lotta con i sintomi di forte ansia, attacchi di panico, agorafobia, depressione reattiva, disturbo bipolare o altre condizioni legate alla salute mentale. 

In questi casi, gli psicofarmaci aiutano e possono supportare e coadiuvare il percorso psicoterapico, permettendo alla persona di ottenere maggiori e migliori effetti terapeutici. 

Diversi studi hanno dimostrato l’efficacia dei farmaci contestualmente alla psicoterapia. Per esempio, la terapia cognitivo comportamentale combinata con farmaci mirati, tende a portare a un miglioramento significativo dei sintomi del disturbo da attacchi di panico e di altri disturbi d’ansia.

Ci sono psichiatri che, a seconda del disturbo che devono trattare, non usano psicofarmaci ma, in linea generale, non sembrano esserci nella comunità scientifica psichiatri che si dicono “contro” gli psicofarmaci che, in un trattamento a breve termine, risultano avere la stessa efficacia di una terapia psicologica.  

Naturalmente, un risultato auspicabile di una psicoterapia (un trattamento che in alcuni problemi di salute mentale ha un’efficacia a lungo termine superiore al farmaco) è la riduzione o l'eliminazione della necessità di farmaci psicotropi o di altro tipo. 

Psicofarmaci, terapia psicologica e benessere mentale

Molti problemi di salute emotiva e psicologica possono trarre giovamento dalla cura combinata di farmaci e psicoterapia. 

Diventa fondamentale quindi, rivolgersi a un professionista del benessere psicologico, come uno degli psicologi online di Unobravo, che sia in grado di fare una corretta diagnosi e, se necessario, coinvolgere le figure di medici e psichiatri per l’affiancamento di una terapia farmacologica in base all’entità del disturbo diagnosticato.

Il lavoro con lo psicologo può aiutare inoltre a non demonizzare l’immagine dei farmaci, che possono essere visti esclusivamente come un giogo al collo. Qualunque psicologo potrà togliere ogni dubbio sulle terapie combinate agli psicofarmaci e dare le giuste indicazioni.

È in ogni caso assolutamente sconsigliato prendere psicofarmaci senza averne bisogno. Un professionista sarà in grado di indicare per quanto tempo prendere antidepressivi o altri tipi di psicofarmaci, quando prenderli e quando smettere di prendere farmaci psichiatrici senza causare effetti collaterali.

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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