Siamo abituati a definire e categorizzare i nostri pensieri come positivi o negativi, piacevoli o spiacevoli. Più difficilmente ci chiediamo se il nostro pensiero sia utile o meno: questo aspetto è invece considerato centrale nell’Acceptance and Commitment Therapy (ACT).
Le parole sono sempre importanti?
Immaginiamo, ad esempio, di aver commesso un errore a lavoro. Pensare allo sbaglio che si è commesso, al motivo e alle conseguenze che comporta è importante perché ci rende possibile:
- minimizzare i “danni”;
- chiedere eventualmente aiuto;
- apprendere dall’errore;
- migliorarci nell’eseguire il nostro lavoro.
Di fronte allo stesso errore, la nostra mente può tuttavia produrre pensieri come “sono incapace”, “sono un perdente”, fatti di parole che non ci dirigono verso il cambiamento o l’azione ma che hanno l’unico scopo di giudicare, biasimare e demoralizzare.
I pensieri inutili possono essere quindi individuati chiedendoci cosa ci portano ad ottenere, se ci permettono di intraprendere un’azione efficace; può essere utile anche chiederci se è un “vecchio pensiero”, un pensiero che già conosciamo e notare se in passato ci è servito o meno.
Quando i pensieri inutili sono un problema: la fusione
I pensieri inutili, giudicanti e critici, non sono per loro natura un problema e non sono una minaccia. Sono storie, più o meno conosciute, che la nostra mente ci propone spesso. Queste storie possono diventare problematiche quando reagiamo ad esse come se fossero la verità, quando ci crediamo senza riserve o quando “lottiamo” e li contrastiamo perché scompaiano.
Questo accade quando, ad esempio, reagiamo al “sono incapace” come se lo fossimo veramente o quando crediamo al pensiero “non ce la farò” come se l’insuccesso fosse l’esito certo. In questi casi ci troviamo in uno stato di fusione con i nostri pensieri. La fusione con i nostri pensieri può portarci a:
- impiegare molto tempo ed energie nel tentativo di contrastarli, metterli in dubbio e scacciarli;
- agire in risposta diretta ad essi, allontanandoci però da attività importanti o piacevoli per noi.
La fusione con i nostri pensieri diventa quindi dannosa nel momento in cui risucchia energie, tempo e attenzione a discapito di attività nutrienti e ricche. Una “mente fusa” faticherà a portare l’attenzione all’esperienza diretta e immediata della vita, perché sintonizzata con la “mente ipercritica”.
Cosa fare con i pensieri inutili: la defusione
Lottare contro i pensieri inutili cercando di contrastarli e contraddirli, può portare a un notevole dispendio di energie e a un allontanamento da azioni concrete che promuovano il nostro benessere. Cosa fare quindi di questi pensieri?
- Possiamo osservarli per quello che sono: pensieri
- possiamo prenderne le distanze, non considerarli come verità, fatti o minacce, ma solamente per quello che realmente sono: parole in fila prodotte dalla nostra personalissima radio, la nostra mente.
Il processo attraverso il quale prendiamo le distanze dai nostri pensieri, molliamo il combattimento con loro e accettiamo che siano presenti, si chiama defusione cognitiva. Lo scopo della defusione è quello di:
- farci smettere di impiegare energie nel tentativo di scacciare i pensieri;
- permetterci di dirigere le nostre energie e la nostra attenzione verso azioni concrete e utili per noi.
Come praticare la defusione
Esistono diverse tecniche per praticare la defusione, una di queste è l’utilizzo del “noto che…”.
Prova a immaginare un pensiero ricorrente, per te fastidioso o doloroso, come ad esempio “sono inutile”, e concentrati su di esso. Dopodiché fai precedere a quelle parole la frase “noto che sto avendo il pensiero che sono inutile” e nota l’effetto che fa.
La “banale” introduzione di questa frase permette di distanziarsi dai pensieri, di defonderci da essi. Altre tecniche, come quella dei “pensieri musicali”, utilizzano il canale verbale come nell’esempio appena descritto, ma ci sono tuttavia anche tecniche che privilegiano il canale visivo-immaginativo ed è possibile quindi scegliere la modalità che sentiamo più familiare.