Il lutto: quando diventa patologico?

Il lutto: quando diventa patologico?
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Vanessa De Tommaso
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Cognitivo-Comportamentale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
7.2.2020
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Il lutto è un processo di reazione alla perdita e di ricerca di un nuovo equilibrio che comprende momenti di sofferenza acuta e talvolta di parziale o totale compromissione della funzionalità lavorativa o sociale.

Non esiste un modo unico o giusto per tutti di vivere il lutto. L’elaborazione di una perdita è un processo che ogni essere umano vive e affronta in maniera diversa e personale. Proprio questa unicità, anzi, è indispensabile perché ciascuno trovi il suo modo di accogliere il dolore e trovare un nuovo modo di vivere una vita piena e soddisfacente.

La durata e l’intensità della reazione alla perdita dipendono in larga parte dalla relazione che intercorreva con chi è venuto a mancare e, quindi, un lutto può durare diversi mesi per persone con cui avevamo una relazione stretta o molto poco per persone che conoscevamo appena. Inoltre, la reazione alla perdita può essere tanto più intensa quanto più la scomparsa della persona è inaspettata.

 

Le fasi del lutto

Nel momento in cui ci troviamo a dover affrontare la morte di una persona a noi cara, le reazioni possono essere molteplici: dalla chiusura in noi stessi al desiderio di condividere con amici e familiari i nostri pensieri e le nostre emozioni.

Nel 1982 John Bowlby, medico e psicoanalista britannico, ha proposto un modello per descrivere le fasi che si presentano in un normale processo di lutto. Queste quattro fasi del lutto costituiscono un processo che conduce, una volta “attraversato” nella sua interezza, ad elaborare la perdita e ha una durata di circa 6-12 mesi:

  1. Fase di incredulità: è la prima del percorso di elaborazione. In questo momento il desiderio di fuggire dal dolore e fare finta di niente è comune. È la fase dello shock, della disperazione acuta, della negazione della drammatica realtà della perdita. In questa fase i sentimenti più frequenti sono tristezza, paura, rabbia o angoscia.
  2. Fase di protesta: la consapevolezza della perdita è ancora discontinua. Si ricerca nella propria mente la persona scomparsa e si desidera ricongiungersi con essa. Sono frequenti i vissuti di ansia e rabbia, che possono associarsi alle manifestazioni fisiche dello stress: elevati livelli di arousal, vigilanza e agitazione.
  3. Fase di disorganizzazione e di disperazione: si fa sempre più forte la consapevolezza che qualunque sforzo per riavere con sé il caro defunto è inutile. L’emozione più frequente in questa fase è la tristezza.
  4. Fase di riorganizzazione: gli aspetti acuti del dolore lentamente si riducono, inizia la rielaborazione della perdita e della relazione con il defunto. La persona “riorganizza” la sua vita e torna a investire energie verso il mondo esterno.
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Quando si parla di lutto patologico?

Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5), definisce la diagnosi di “disturbo da lutto persistente e complicato” indicando quelle condizioni in cui le manifestazioni acute del lutto permangono anche dopo che sono trascorsi almeno 12 mesi per l’adulto e 6 mesi per il bambino. Dopo questo lasso di tempo, il lutto non è più connotabile come “fisiologico”, ma diventa un lutto patologico e la persona:

  • soffre ancora molto per la perdita;
  • mostra segni di ritiro dalla vita e dal mondo esterno;
  • compromette la sua vita sociale e lavorativa;
  • sente di aver perso, insieme al defunto, una parte di sé;
  • soffre di disturbi del sonno, perdita dell’appetito e astenia;
  • assume comportamenti disfunzionali come l’uso di alcool o droghe.

Perché chiedere una consulenza psicologica?

Iniziare un percorso con un professionista può essere utile nei casi in cui:

  • ci sentiamo bloccati nel processo di elaborazione della perdita;
  • il lutto sembra non risolversi;
  • tornare a vivere in un “mondo senza quella persona” sembra troppo faticoso;
  • c'è il rischio di possibili complicanze derivanti dalla concomitanza con altri quadri psicopatologici.

Bibliografia
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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