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Il ciclo della violenza

Il ciclo della violenza
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Martina De Pace
Redazione
Unobravo
Pubblicato il
14.4.2022


La violenza all’interno della coppia è un fenomeno molto diffuso e riguarda tutte le classi socio-culturali ed economiche, senza distinzioni di età, credo religioso o razza. Comincia con episodi occasionali ed è molto importante sin da subito non sottovalutare certi comportamenti a cui spesso, soprattutto nelle prime fasi della relazione, non è dato molto peso.

Saper riconoscere i segnali iniziali di una relazione maltrattante è importante per metterle fine prima che questa diventi un “labirinto” da cui è difficile uscire. In questo articolo ci concentreremo sul ciclo della violenza in tutte le sue sfaccettature.

La spirale della violenza: cos'è

La spirale della violenza è un modello sviluppato per spiegare la complessità e la coesistenza della violenza nel contesto delle relazioni interpersonali. In una relazione, il ciclo della violenza si riferisce ad abusi ripetuti e pericolosi che seguono uno schema tipico: non importa quando si verificano o chi è coinvolto. 

La spirale, o ciclo, si ripete: ogni volta il livello di violenza può aumentare. In ogni fase del ciclo della violenza, l’aggressore sta lavorando per controllare e isolare ulteriormente la sua vittima. Ne sono un esempio le molestie subite dalle persone LGBTQ+ vittime di omofobia, bifobia e transfobia, oppure il comportamento del manipolatore affettivo. Comprendere questo modello è fondamentale anche per fermare il ciclo della violenza nella coppia, che si manifesta ai danni soprattutto delle donne. 

Le diverse forme della violenza 

Le forme di violenza possono essere diverse e spesso presentarsi insieme:

  • Violenza fisica: ogni lesione fisica, anche in forma lieve, che può, purtroppo, sfociare anche in atti delittuosi. La violenza fisica perpetrata all’interno delle mura domestiche, ad esempio, è tra le principali cause del femminicidio
  • violenza psicologica: ogni forma di comportamento volta a ledere l’identità e il rispetto della persona. La violenza psicologica nella coppia fa riferimento a una specifica forma di violenza domestica,in cui uno dei due partner è vittima di comportamenti e di atteggiamenti molesti da parte dell’altro, con lo scopo di possederne il controllo, come nel gasligthing
  • violenza sessuale: qualsiasi atto carnale non desiderato, al quale non è stato dato o non è stato possibile dare il consenso sessuale
  • violenza economica: ogni azione rivolta a controllare o limitare l’autonomia economica 
  • stalking: un insieme di comportamenti persecutori ripetuti, intrusivi ed indesiderati. Aggressività e violenza sono spesso alla base di questi atteggiamenti. 

Le donne che subiscono una spirale di violenza e vivono in una relazione di maltrattamento provano paura, si sentono intrappolate e senza via d’uscita, sperimentando un profondo isolamento. Si chiedono come siano arrivate a sentirsi così e, dalle loro storie è possibile capire che alcuni atteggiamenti ci sono sempre stati. 

Inizialmente si tratta di avvenimenti sporadici, che si fanno via via più frequenti. Ma perché è così difficile interrompere una relazione maltrattante?

Il principio della rana bollita 

Il principio della rana bollita del filosofo americano Noam Chomsky è utile per comprendere il concetto di accettazione passiva. La storia della rana bollita è la seguente: 

“Immaginate un pentolone pieno d’acqua fredda nel quale nuota tranquillamente una rana. Il fuoco è acceso sotto la pentola, l’acqua si riscalda pian piano. Presto diventa tiepida. La rana la trova piuttosto gradevole e continua a nuotare. La temperatura sale. Adesso l’acqua è calda. Un po’ più di quanto la rana non apprezzi. Si stanca un po’, tuttavia non si spaventa. L’acqua adesso è davvero troppo calda. La rana la trova molto sgradevole, ma si è indebolita, non ha la forza di reagire. Allora sopporta e non fa nulla. Intanto la temperatura sale ancora, fino al momento in cui la rana finisce – semplicemente – morta bollita”. 

La teoria della rana bollita di Chomsky, conosciuta anche come strategia della gradualità, ci fa capire che quando un cambiamento avviene in maniera graduale, sfugge alla coscienza e non suscita quindi alcuna reazione o opposizione. Se l’acqua fosse già stata bollente la rana non sarebbe mai entrata nel pentolone o, se fosse stata immersa direttamente nell’acqua a 50°, avrebbe dato un forte colpo di zampa e sarebbe balzata fuori.

Denis Trushtin - Pexels

Teoria del ciclo della violenza e fasi

La situazione in cui si trova la rana nel pentolone di acqua bollente è quella in cui troviamo molte donne che faticano ad uscire da un amore violento

Per comprendere meglio come una donna che subisce violenza di coppia, maltrattamenti e abusi dal proprio compagno fatichi ad interrompere la relazione, facciamo riferimento alla teoria del ciclo della violenza della psicologa Lenore Walker, proposto per la prima volta nel 1979. 

Il ciclo della violenza della Walker è associato alla violenza domestica e si divide in tre fasi, che si ripetono ciclicamente nel corso di una relazione maltrattante:

  1. costruzione della tensione
  2. maltrattamento
  3. luna di miele

Fase di costruzione della tensione

È la prima delle 3 fasi della teoria del ciclo della violenza. Spesso, in questa fase, la violenza non è agita in modo diretto ma attraverso parole e comportamenti che rivelano ostilità. Vengono usati:

  • controllo
  • isolamento
  • umiliazioni
  • minacce di usare la violenza fisica.

Nella fase della tensione, il partner violento diventa nervoso e ha difficoltà a gestire la rabbia. È qui che la persona maltrattata può sentirsi come se stesse camminando sui gusci d'uovo. Mentre lui mostra distacco, la donna inizia a temere un abbandono e così, per scongiurare una crisi di coppia evita di contestare il proprio compagno od opporsi e asseconda ogni sua mossa, ogni suo volere.

Fase di maltrattamento

Alla prima fase segue quella dell’esplosione della violenza, che può essere sia fisica che psicologica, ma anche economica e sessuale. È una violenza graduale, che inizia con spintoni o schiaffi e che può degenerare anche nella violenza sessuale e nel femminicidio.

La seconda fase della teoria della violenza è, dunque, l’effettiva fase di esplosione in cui si verifica l’abuso fisico. Può durare da pochi minuti a diverse ore.

Fase della “luna di miele”

La tensione e la violenza spariscono, lasciando spazio a comportamenti di “riparazione, seduzione e scuse”. Sono usuali anche le minacce di suicidio. C’è poi lo scarico della responsabilità: spesso si attribuisce la causa della perdita di controllo a motivi esterni come il lavoro, una difficoltà economica, oppure al comportamento della donna.

Questa terza fase riporta la coppia alla situazione iniziale, così il ciclo della violenza si ripete. Nel ciclo della violenza domestica la fase del pentimento dura più a lungo nei primi episodi di violenza, e mano a mano che questi tendono a ripetersi la durata si abbrevia. Con il tempo, infatti, le fasi si susseguono sempre più velocemente, intensamente e frequentemente e anche le forme di violenza possono cambiare.

Anete Lusina - Pexels

L’impotenza appresa 

Oltre al ciclo della violenza, la Walker nel 1983 concettualizzò la teoria dell’ “impotenza appresa”, sulla base dell’omonimo paradigma di Seligman. Attraverso i suoi studi sulla depressione, Seligman osservò che gli animali che vivevano in cattività, a cui veniva impedito di operare ogni controllo sugli stimoli dolorosi a loro diretti, sviluppavano un comportamento apatico e passivo. 

Gli animali avevano appreso che qualsiasi cosa facessero non avrebbe evitato loro di subire la scarica elettrica improvvisa. Inoltre, anche quando veniva lasciata la gabbia aperta non tentavano la fuga ed opponevano resistenza se si cercava di spingerli fuori.

Attraverso la teoria dell’impotenza appresa, la Walker ha voluto spiegare il senso di paralisi e anestesia emotiva sperimentato dalle donne vittime di violenza, all’interno di una relazione intima. La donna che vive in condizioni di abuso, di fronte alle minacce di violenza o anche di morte, di fronte al senso di impotenza, si arrende. Vive aspettando la scarica elettrica improvvisa, in una spirale della violenza che la conduce all’isolamento.

Come fermare la spirale della violenza

Il ciclo della violenza è una violazione sistematica dei diritti umani. Lo spiega bene il libro della docente universitaria padovana, Paola Degani – “La protezione delle donne vittime di violenza nella prospettiva dei diritti umani - che vuole essere uno strumento rivolto a riorganizzare un sistema di interventi nuovo, diverso e funzionale contro la violenza nei confronti delle donne. Si tratta di un fenomeno che investe non solo la donna, ma anche i figli che sono spesso vittime di violenza assistita.

Le donne vittime di violenza domestica possono avere a che fare con una persona che definiscono, a torto o a ragione, "narcisista" oppure con un uomo che manifesta una “mania del controllo” sulla vita della partner. La si giudica in ogni azione che compie, le rassicurazioni non bastano mai a placare la paura di un tradimento o di un abbandono ed entrambi gli attori della relazione vivono il rapporto come una relazione tossica

Secondo la Degani, per superare la spirale della violenza sulle donne, è necessario ripensare gli interventi attraverso la bussola dei diritti umani, ragionando soprattutto sulla discriminazione sessuale, quella distanza di potere e risorse che ancora separa gli uomini dalle donne.

È importante per le donne vittime della spirale della violenza psicologica e fisica capire che non sono sole, ma che hanno la possibilità di essere accompagnate in un percorso di liberazione accedendo al supporto di uno psicologo o psicologa online, ma anche all’aiuto psicologico, legale e informativo dei centri antiviolenza. 

Conclusioni: come chiedere aiuto  

Se hai bisogno di aiuto, puoi contattare: 

  • il 1522: è il Numero Anti Violenza e Anti Stalking, attivo ogni giorno h24
  • l'app 1522: è l'app del numero Anti Violenza e Anti Stalking che consente di effettuare una richiesta di aiuto immediata tramite operatrici specializzate
  • il 122, il numero unico europeo per le emergenze.


Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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