Salute mentale
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Emozioni e ragione: nemiche o alleate?

Emozioni e ragione: nemiche o alleate?
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Elena Conzatti
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Psicoanalitico
Unobravo
Pubblicato il
7.2.2020

Cosa sono le emozioni?

Le emozioni sono reazioni psicologiche, fisiologiche e comportamentali, attraverso cui rispondiamo a ciò che accade nel nostro ambiente di vita. Nella storia della nostra evoluzione si ritiene che la loro principale funzione sia stata di permettere una risposta immediata agli stimoli provenienti dall'esterno, atta a garantire la sopravvivenza della specie. Le emozioni quindi, perlomeno quelle considerate "di base", sono innate in ognuno di noi e in una certa misura automatiche. Essendo reazioni immediate, il processo cognitivo è ridotto al minimo.

Le emozioni di base sono:

1. rabbia: generata dalla frustrazione che si può manifestare attraverso l’aggressività;

2. paura: dominata dall’istinto di sopravvivenza a una situazione pericolosa;

3. tristezza: si origina a seguito di una perdita o di uno scopo non raggiunto;

4. gioia: stato d’animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri;

5. sorpresa: si origina da un evento inaspettato, seguito da paura o gioia;

6. disgusto: risposta repulsiva caratterizzata da un’espressione facciale specifica.

Hello i m nik - Unsplash

Le emozioni complesse

Oltre alle emozioni innate ce ne sono altre che vengono definite emozioni complesse, nelle quali aspetti emotivi e cognitivi interagiscono in modo intenso. Le emozioni complesse sono quelle che si originano dalla combinazione delle emozioni primarie e si sviluppano con la crescita dell’individuo e con l’interazione sociale.

Facciamo alcuni esempi di emozioni secondarie:

  • allegria: sentimento di piena e viva soddisfazione dell’animo;
  • invidia: si avverte il forte desiderio di avere ciò che l’altro possiede;
  • vergogna: si prova in conseguenza alla trasgressione di regole sociali;
  • ansia: dovuta al prefigurarsi di un pericolo ipotetico, futuro e distante;
  • gelosia: deriva dalla paura di perdere qualcosa che appartiene già al soggetto;
  • speranza: tendenza a ritenere che fenomeni o eventi siano gestibili e controllabili e quindi indirizzabili verso esiti sperati come migliori.

A cosa servono le emozioni?

Secondo il ricercatore Johnmarshall Reeve, le funzioni principali di un’emozione sono tre: adattiva, sociale e motivazionale.

 

1) Funzione adattiva: preparare il corpo ad agire

Le emozioni ci spingono a mettere in atto comportamenti necessari per la nostra sopravvivenza in modo quasi automatico, permettendoci di risparmiare tempo in caso di pericolo o di emergenza. L’importanza delle emozioni come meccanismo adattivo fu notata già da Charles Darwin, che le considerava indispensabili per mettere in atto il comportamento più appropriato.

Secondo lo psicologo statunitense Paul Ekman, a ogni emozione primaria corrisponde una specifica funzione adattiva:

  1. Gioia: Affiliazione
  2. Disgusto: Rifiuto
  3. Rabbia: Autodifesa
  4. Paura: Protezione
  5. Sorpresa: Esplorazione
  6. Tristezza: Reintegrazione.

 

2) Funzione sociale: segnalare il nostro stato d'animo

Le espressioni facciali, il tono della voce, la postura, i gesti e le azioni forniscono agli altri un segnale importante sul nostro stato d’animo e di quello degli altri.  Se vogliamo sapere come si sente un'altra persona, spesso non ci resta che osservarla e immaginare quale emozione potrebbe provare; facciamo tutto questo grazie alla capacità di mentalizzazione.

Le emozioni, inoltre, facilitano l’interazione sociale e permettono a chi ci sta accanto di prevedere il nostro comportamento, così come noi possiamo prevedere quello degli altri.

 

3) Funzione motivazionale: perseguire un obiettivo

La relazione che si crea tra la motivazione e l’emozione è bidirezionale, perché si nutrono in modo costante e reciproco. Da una parte, il comportamento motivato produce una reazione emotiva positiva; dall’altra, le emozioni sono il combustibile della motivazione. Determinano la comparsa di questo atteggiamento, lo dotano di maggiore o minore intensità. Le emozioni ci spingono ad avvicinarci a qualcosa, oppure ad arretrare di fronte ad essa. Non a caso ciò che ci appassiona ci risulta più facile da affrontare di ciò che temiamo.

 

Che rapporto c’è tra le emozioni e la razionalità?

A partire dagli anni ’70 gli studi scientifici sul cervello e sulla plasticità neuronale hanno messo in evidenza l’esistenza in ognuno di noi di due cervelli, due diverse menti e, di conseguenza, due diversi tipi di intelligenza:  razionale ed emotiva. Questa visione della mente bipartita potrebbe portare a pensare, in maniera semplicistica, che la mente razionale e quella emotiva siano continuamente in conflitto per prevaricare una sull’altra.

Quando pensiamo alla nostra mente e al suo funzionamento, infatti, la dividiamo in due sottostrutture distinte:

  1. la mente razionale, governata dalle strutture celebrali evoluzionisticamente più giovani;
  2. la mente emotiva, governata e regolata dalle strutture più arcaiche del nostro cervello.

Se pensiamo in termini di mente razionale prendono il sopravvento la logica, i fatti, la ragione e il senso pratico. Pensiamo di poter fare a meno delle emozioni e che queste siano dannose per il processo decisionale. Con l'espressione mente emotiva intendiamo, invece, lo stato in cui ci facciamo guidare solo dalle emozioni, perdendo il controllo sulla nostra parte razionale. Nella modalità della mente emotiva pensiamo che i fatti e la logica non siano in gioco e che agiamo spinti unicamente dai nostri impulsi.

Fakurian Design - Unsplash

Le decisioni migliori sono quelle prese con la mente emotiva o con quella razionale?

Spesso ci convinciamo che alcune decisioni devono essere prese usando solo la razionalità, mentre altre debbano essere prese seguendo solo le nostre emozioni. Le cose non vanno esattamente così. Nessuno di noi agisce o decide solo attraverso le proprie emozioni o attraverso la logica.

Il nostro cervello è in realtà un organo iperconnesso, in cui ogni area e struttura è legata alle altre. Questo fa si che i nostri sentimenti ed emozioni siano presenti in ogni decisione e, a sua volta, in ogni scelta ponderata e ragionata si trova l’impronta delle emozioni. Per questo è quasi impossibile distinguere fra decisioni emotive e razionali.

Per riuscire a capire meglio questo concetto possiamo affidarci a questo breve cortometraggio, che mostra in modo molto intuitivo come la mente emotiva e quella razionale debbano lavorare in sinergia per riuscire a prendere decisioni e mantenere un sano equilibrio mentale.


Unire emozioni e ragione: l'intelligenza emotiva

Lo psicologo Daniel Goleman, a partire dagli anni ’90, ha contribuito a sfatare il mito dell'esistenza di due menti distinte, diffondendo il concetto di intelligenza emotiva. Goleman definì l'intelligenza emotiva come la capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli altrui, di motivare noi stessi, e di gestire positivamente le nostre emozioni, tanto interiormente quanto nelle relazioni sociali. 

L’Intelligenza emotiva e le sue abilità fondamentali

Per Goleman l’intelligenza emotiva è l’insieme di cinque abilità:

  1. Conoscenza delle proprie emozioni: riguarda la capacità di riconoscere un sentimento nel momento in cui si presenta e di fare attenzione alla propria esperienza (autoconsapevolezza);
  2. Controllo e regolazione delle proprie emozioni: si riferisce alla capacità di controllare l'espressione dei sentimenti, in modo da renderla appropriata alla situazione;
  1. Motivazione di sé stessi: è indispensabile per il raggiungimento di un certo obiettivo e persistere nell’impegno quando le situazioni si fanno altamente frustranti;
  2. Riconoscimento delle emozioni altrui: lempatia si riferisce alla capacità di sapere come si sente un altro essere umano;
  1. Gestione delle relazioni: gestire le emozioni altrui è un’abilità fondamentale in tutte le relazioni interpersonali. Per poter gestire le emozioni altrui ed entrare in sintonia con gli altri, è basilare aver sviluppato una buona padronanza di sé, una certa calma interiore e una buona conoscenza dei propri sentimenti. 
Eliott Reyna - Unsplash

Che rapporto c’è tra Intelligenza emotiva e intelligenza logico-matematica?

Nella società contemporanea uno dei parametri più considerati per definire l’intelligenza umana è il quoziente intellettivo: quanto più è alto, tanto più ci si aspetta da quella persona una vita di successi. In realtà non tutte le persone con Q.I. elevato riescono ad ottenere buoni risultati nella vita, né a intessere rapporti personali soddisfacenti. Questo perché ci si dimentica della mente emotiva e di tutte le capacità che da essa derivano.

Goleman ha ipotizzato che per ottenere una vita soddisfacente sia indispensabile l’intelligenza emotiva. Quoziente intellettivo e intelligenza emotiva sono competenze da ritenersi separate ma non opposte: in ogni nostra azione, reazione o comportamento esse si fondono in un’unica totalità


Come sviluppare l’intelligenza emotiva?

L’intelligenza emotiva può essere potenziata durante tutto l’arco della vita. Uno dei modi attraverso cui è possibile farlo è l’alfabetizzazione emotiva, che consiste nell’insegnare cosa sono le emozioni, a cosa servono e come si esprimono. I programmi di alfabetizzazione emotiva hanno come obiettivo principale quello di sviluppare l'intelligenza emotiva in modo che i processi cognitivi e di apprendimento si realizzino naturalmente, senza interferenze e con maggiore successo.

Ciò che può essere insegnato attraverso l'alfabetizzazione emotiva, è quindi: 

  • sapere cosa sono e quali sono le emozioni
  • imparare a classificare le emozioni
  • imparare a riconoscere le emozioni in se stessi e negli altri
  • modulare e gestire il livello di emotività
  • apprendere l'empatia
  • apprendere l'autocontrollo per far fronte alla disregolazione emotiva
  • apprendere la tolleranza alle frustrazioni della vita quotidiana
  • adottare un atteggiamento positivo verso la vita
  • prevenire i conflitti interpersonali

L’alfabetizzazione emotiva è soprattutto una sfida e come tale una opportunità. Un ponte che facilita la conoscenza di sé e delle relazioni con gli altri.

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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