Salute mentale
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Salute mentale: un problema di genere?

Salute mentale: un problema di genere?
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Marcello Delmondo
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Psicoanalitico
Unobravo
Pubblicato il
22.10.2024

Provate a immaginare il suono di strumenti musicali come violini, chitarre e tamburelli. Il ritmo rallenta e poi diviene più veloce, quasi feroce. Gli sguardi si concentrano sulla stanza, dove distesa a terra giace una donna. 

Improvvisamente il suo corpo sembra rianimarsi. Spasmi e movimenti diventano sempre più frequenti fino a esplodere in un ballo. La gente mormora: è stata morsa dalla taranta! 

L’antropologo De Martino, nel libro La terra del rimorso (1961), descrive il fenomeno del tarantismo con il ritmo, la luce, la magia e i colori tipici del Salento. Le “tarantate” erano in larga maggioranza donne che, in precisi momenti dell’anno e della loro vita, spesso in pubertà, rispondevano alla stimolazione musicale entrando in stati simili alla trance e sfogando una sorta di malessere psichico nel ballo.

La spiegazione del mondo agricolo riconduceva l’accaduto al morso del ragno. Dal punto di vista dell’antropologia medica questo fenomeno, come quello dei nervios in america latina (Pizza, 2005), viene identificato come incorporazione. Il malessere psicologico e il disagio sociale legati a determinate condizioni di vita e lavoro a cui è costretto il genere femminile, trovano espressione plastica in fenomeni somatici che divengono vera e propria drammatizzazione di una condizione di sofferenza. 

Genere e salute: alcuni dati

Non solo il sesso dunque influisce sulla manifestazione della malattia, ma anche il genere

Aspetti sociali e culturali legati all’essere donna impattano infatti sulle possibilità di accesso alle risorse e sulla percezione di malattia (WHO, 2021). 

Le donne vivono in media di più degli uomini, ma in peggiori condizioni di salute (ISTAT, 2005). L’impatto del genere si estende anche al benessere psicologico femminile con percentuali maggiori di ansia e depressione. 

Come evidenziato dall’Istituto Superiore di Sanità la molteplicità di ruoli che le donne si trovano a ricoprire (mogli, madri, lavoratrici) aumenta il rischio di disagi psichici e minaccia il loro benessere psicologico.

Kristina Paukshtite - Pexels

Donne e salute mentale: i fattori di rischio

Quale potrebbe essere uno stipendio adeguato per una casalinga? Correndo il rischio di alimentare gli stereotipi di genere che descrivono al femminile il mestiere di chi si occupa a 360 gradi della vita domestica e familiare, vogliamo partire da questa provocazione. 

Il sito americano Salary.com ha svolto un’indagine partendo proprio da questa domanda. Si stima che un’adeguata remunerazione per i lavori di cucina, trasporto e assistenza compiti ai figli, “psicologa” familiare e manager dell’economia domestica, si aggirerebbe intorno ai 7000 euro al mese

La domanda iniziale mette in evidenza importanti questioni che vanno a impattare sul tema donne e salute mentale:

  • status sociale più basso e maggiore esposizione al rischio di povertà: occupandosi di tante mansioni non retribuite, può essere più difficile accedere a una posizione professionale, ad un reddito e all’indipendenza economica
  • secondo lo studio di Kesavayuth (2015) ci sono fattori di rischio e fattori protettivi a seconda dei tipi di personalità. In particolare donne con una personalità caratterizzata da alti livelli di amabilità hanno maggiori facilità nel costruire e nel poter contare su di una rete sociale e di supporto che rappresenta un importante fattore protettivo nei confronti della malattia mentale. Anche le donne con una personalità caratterizzata da bassi livelli di coscienziosità, sperimentando spesso la situazione di non avere il controllo, risentirebbero meno del disagio legato alla sofferenza mentale
  • minor possibilità di controllo sulle decisioni: la dipendenza economica può impedire scelte libere, anche rispetto a tematiche riguardanti il proprio corpo, la famiglia e la comunità
  • l’assenza di indipendenza economica determina la minor possibilità di accesso alle risorse, all’istruzione, con un corrispondente aumento del rischio di esposizione alla violenza anche in ambito domestico-familiare
  • aumentati rischi di sviluppare ansia, depressione, Disturbo Ossessivo Compulsivo, somatizzazioni, attacchi di panico
  • aumentati rischi per la salute sessuale, come gravidanze indesiderate, HIV, cancro alla cervice. In generale, la sessualità femminile si presenta ancora oggi vittima di pregiudizi, stereotipi e sottovalutazione dell’impatto sul benessere della persona.

Le conseguenze psicologiche sulle donne

Assistenza, cura, figli, controllo del corpo, immagine estetica sono parole che tendiamo a ricondurre al mondo femminile. In questo collegamento, spesso implicito, non ci accorgiamo dei maggiori livelli di stress a cui vanno incontro le donne. 

La parte preponderante della dimensione riproduttiva (dal ciclo mestruale, alla gravidanza al parto, per non parlare del carico fisico, emotivo e morale di un eventuale aborto) è a carico della donna e del suo corpo. 

Oltre agli aspetti biologici, per esempio ormonali, che hanno un impatto specifico sulla salute mentale femminile, dobbiamo considerare tutta una serie di aspettative. Si presuppone che una donna debba essere mamma, conoscere tutte le migliori strategie e tecniche per la gestione di concepimento e gravidanza. Ci si aspetta perfino che le donne debbano essere “brave” a partorire. 

Anche i canoni estetici e la reificazione a fini commerciali colpiscono più duramente il corpo femminile rispetto a quello maschile. Dal confronto con ideali di estrema magrezza ed esasperata forma fisica, può essere influenzata la tendenza a sviluppare disturbi del comportamento alimentare (Ladogana, 2006).

Liza Summer - Pexels

A ciò si aggiunge anche la frequente disparità di trattamento economico-lavorativo. Il fatto che, a parità di titolo di studio, il salario femminile sia inferiore a quello maschile e la frequente difficoltà a conciliare un progetto di vita familiare con una carriera lavorativa, si traducono inevitabilmente in un maggior carico di stress. 

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità le donne si ammalano di più, consumano più farmaci, sono più soggette a reazioni avverse e a svantaggio sociale. 1 donna su 5 sperimenta ansia o depressione (Lan et al., 2022) e la depressione è il 50% più comune nel sesso femminile rispetto a quello maschile (Thomas, 2023). 

I tassi di suicidio, in Italia, sono particolarmente elevati tra le donne vedove, divorziate e separate (Pompili et al., 2010). Secondo i dati forniti dall’European Institute for gender equality (2021) in Europa le donne hanno anche un maggiore tasso di fobie, pensieri e tentativi suicidari.

Non essere credute: la sottovalutazione delle patologie femminili

Il termine “isteria” deriva dal greco hystera, cioè utero. La psicoanalisi è nata dunque dallo studio di una nevrosi che si considerava legata alla dimensione uterina. Già nell’antichità greca, infatti, si riconduceva questa particolare sindrome a uno spostamento dell’utero.

Prendendo in considerazione delle patologie femminili come l’endometriosi, emerge un altro aspetto che può impattare sulla salute mentale delle donne: la sottovalutazione del loro dolore e il conseguente ritardo nella diagnosi e nel ricevere cure adeguate.

Infatti, per la diagnosi di questa patologia possono servire fino a undici anni (Ardenti, 2014). 

Sebbene i sintomi aspecifici abbiano a lungo reso difficile la diagnosi, stiamo parlando di una malattia, spesso invalidante, chiaramente localizzata nel corpo con importanti impatti sulla psiche. 

Il discorso si complica ulteriormente per la fibromialgia, che rientra invece nella categoria dei disturbi psicosomatici. Dolori, debolezza, conseguente depressione che spesso, prima di essere diagnosticati, vengono scambiati per aspetti caratteriali, finzioni, recite.

Alcuni semplici esempi che testimoniano come storicamente per le donne è stato più complesso essere prese sul serio nel loro malessere. La tendenza a minimizzare il dolore e ad ascrivere la sua manifestazione a un certo carattere o a una certa predisposizione alla recita e all’esagerazione è stata molto presente. Quali sono le cause di questo fenomeno?

  • gli studi su cellule, tessuti, anatomia, farmacologia sono quasi sempre stati condotti su corpi maschili sia in vivo che in vitro. Questo crea un primo gap relativo a conoscenze, tecniche, efficacia dei trattamenti tra maschi e femmine
  • la disparità di risorse economiche, culturali e di istruzione si traduce in una minore possibilità di accesso alle cure 
  • dall’isteria alla fibromialgia, spesso si attribuisce la sofferenza a una dimensione emotiva, finendo per sminuire e non credere al racconto di malattia narrato al femminile.
Sora Shimazaki - Pexels

Genere e accesso alle cure

Proviamo ora a concentrarci sui certificati di malattia, basandoci su alcuni dati pubblicati nel 2023 e riferiti al periodo 2021-2022 (quotidianosanità.it). 

Il maggior numero di certificati di malattia, nell’intervallo considerato, si riferisce alle donne. 

Questo dato ci permette di fare una serie di riflessioni. All’apparenza ci porterebbe a dire che le donne hanno maggiore accesso alla richiesta di cure. La necessità di ricorrere alla malattia per una donna può, però, essere influenzata da necessità familiari (come le malattie dei figli) oppure dalle problematiche connesse al ciclo mestruale

Interessante notare invece, rispetto ai trattamenti, che il gap di genere veda spesso penalizzate le donne. In un articolo pubblicato sul “Il Sole 24 ore” nel febbraio 2022 viene messo in evidenza come un minor numero di donne viene trattato a livello ospedaliero in caso di infarto entro i novanta minuti (Dati Piano Nazionale Esiti, Agenas). 

Anche i dati dell’European Institute for Gender Equality mettono in evidenza una realtà contrastante. Gli uomini hanno l’8% di probabilità in meno di consultare un medico (Wang et al., 2013), ma le donne, soprattutto in particolari condizioni di povertà e istruzione, complessivamente affrontano maggiori barriere di accesso alle cure. Come si spiega questo paradosso? 

Spesso le donne sono maggiormente in contatto con i servizi sanitari per questioni connesse alla cura dei figli o dei familiari, dunque non direttamente per se stesse. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità (2019) norme di genere e relazioni di potere influenzano negativamente la possibilità di accesso alle cure per le donne. 

La psicologia a supporto delle donne

Sebbene gli stereotipi legati a “professioni rosa e professioni azzurre” dovrebbero essere superati, pensando alla professione psicologica, si immagina un professionista di quale sesso?

Trattandosi di una professione di cura anche nel mondo della psicologia la prevalenza di professioniste di sesso femminile è netta. Rispetto al tema donne e salute mentale, questo dato potrebbe risultare utile. La comunità professionale potrebbe essere più attenta alle azioni da implementare, per esempio:

  • riconoscere che nessun professionista e nessuna comunità professionale può dirsi completamente immune da bias, stereotipi e pregiudizi legati al genere
  • promuovere il dialogo tra professionisti della cura e della salute mentale per sviluppare cultura, ricerca e gli studi di medicina di genere, definita dall’Istituto Superiore di Sanità come lo “studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e socio-economiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona”
  • promuovere la formazione dei professionisti rendendoli più capaci di riconoscere eventuali bias e pregiudizi
  • promuovere la conoscenza delle normative in caso di violenza e favorire l’accesso a servizi, istituzioni, associazioni che offrono assistenza legale, sanitaria, psicologica alle donne vittime di violenza
  • favorire l’accesso ai servizi di cura da parte delle donne
  • lavorare su processi di cambiamento individuale, sociale e comunitario che possano contribuire a garantire un maggiore accesso a risorse economiche, culturali e formative per le donne. Per esempio, iniziative per promuovere l’autostima e sviluppare maggiore consapevolezza della propria efficacia, il sostegno a iniziative economiche e l’abbattimento di barriere legate a ruoli di genere
  • promuovere attività di educazione all’affettività e alla sessualità già a partire dalle scuole, al fine di evidenziare le tematiche di genere, favorire la conoscenza fisiologica e anatomica della sessualità in generale e della sessualità femminile in particolare. 

(Ri)mettersi in gioco

Come persone, nella nostra quotidianità e nella vita lavorativa, siamo certi di non essere influenzati da stereotipi di genere? Dobbiamo metterci in gioco tutti e tutte e riconoscere che il cambiamento culturale parte dal prendere atto che bias e pregiudizi spesso si trovano dentro di noi e che abbiamo molto da studiare, ricercare e informarci per produrre un cambiamento. 

È necessaria una rivoluzione a livello medico-sanitario, politico-sociale, ma anche a livello individuale, capace di tradursi in maggior benessere mentale per tutta la popolazione e la comunità.

Bibliografia

Sitografia

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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