La compassione è una particolare sensibilità e capacità di comprensione della sofferenza di sé stessi e degli altri, unita ad un profondo desiderio di alleviarla. La capacità di provare o ricevere compassione favorisce uno stato di rilassamento psicofisico: scopriamo insieme cos’è la Compassion Focused Therapy.
È possibile parlare di tre tipi di compassione:
- La compassione che riceviamo dagli altri;
- La compassione nei confronti degli altri;
- La compassione verso noi stessi.
Cos’è la Compassion Focused Therapy?
La Compassion Focused Therapy (CFT) è un approccio di psicoterapia cognitivo-comportamentale sviluppato dallo psicologo e psicoterapeuta Paul Gilbert e nasce dall’osservazione di pazienti depressi, autocritici e auto-colpevolizzanti.
I pazienti che soffrono di depressione sembrano, in alcune circostanze, non mostrare miglioramenti con la terapia standard. Anche dopo aver riconosciuto il loro atteggiamento disfunzionale e messo in discussione i pensieri negativi, non riescono ad interrompere la tendenza ad accusarsi e colpevolizzarsi. Secondo Gilbert, sarebbe presente uno squilibrio nei sistemi di regolazione delle emozioni, riconducibile alle prime esperienze di vita.
Attivare la calma
Nella Compassion Focused Therapy si affrontano insieme al paziente le dinamiche dei sistemi emotivi, mirando all’attivazione del così detto “sistema di consolazione o calmante”, in modo che questo possa essere utilizzato come supporto per regolare le emozioni basate sul senso di minaccia come ad esempio la rabbia, la paura e la vergogna. Proprio queste sono le emozioni che scaturiscono dalla costante autocritica che un individuo rivolge a sé stesso.
L’obiettivo principale della terapia basata sulla compassione è il ripristino dell’equilibrio tra i sistemi di regolazione delle emozioni: con l’attivazione del “sistema calmante” si riduce quella del sistema di protezione della minaccia, regalando una sensazione di sicurezza e la possibilità di calarsi in uno stato mentale che permette di sentirsi appagati e in armonia con sé stessi e con il mondo.
A chi è utile la CFT?
I pazienti che traggono beneficio dalla CFT spesso hanno alle spalle storie di abusi, violenza o assenza di cure. Queste persone sembrano non aver vissuto sentimenti di sicurezza e gentilezza, ma di avere profonde convinzioni di inadeguatezza. Le esperienze infantili in cui le persone sono state vittime di negligenza, abuso o disprezzo, causano l’attivazione del “sistema di protezione dalla minaccia” piuttosto che di quello calmante.
Solitamente, nei pazienti abusati, traumatizzati o non accuditi, l’idea di provare compassione e prendersi cura di sé scatena sentimenti negativi. Quando però queste emozioni riescono ad essere associate al vissuto del “sé bambino” bisognoso di cure, i pazienti possono provare empatia per quel bambino o indignazione per quanto subito.
Come si sviluppa la compassione verso di sé?
Le abilità di compassione possono essere apprese e consistono:
- nell’imparare a sviluppare la compassione verso di sé;
- nell’avere un atteggiamento di apertura verso gli altri;
- nel favorire la capacità di reagire alle avversità in modo compassionevole.
In terapia è possibile aiutare i pazienti ad avere un tono di voce di caldo e gentile, a creare pensieri alternativi per incoraggiarsi e svolgere al meglio gli specifici esercizi assegnati dal terapeuta, utili a promuovere l’attivazione del sistema calmante.
Alla base della compassione
É possibile lavorare con i pazienti sull’utilizzo di alcune competenze fondamentali per lo sviluppo della compassione, attraverso il Compassion Mind Training:
- L’attenzione compassionevole;
- Il ragionamento compassionevole;
- Il comportamento compassionevole;
- L’immaginazione compassionevole;
- La sensazione compassionevole;
- L’emozione compassionevole.
Come curare le proprie ferite?
Per curare le proprie ferite traumatiche è necessario un lavoro sulla relazione che l’individuo ha con i suoi molteplici sé: le emozioni negative diventano differenti “sé” del soggetto, e possono essere visualizzate attraverso esercizi guidati. Il paziente viene accompagnato nell’esplorazione di cosa il sé compassionevole pensa e prova nei confronti dei differenti sé, con domande quali “Cosa pensi dei diversi sé?”, “Cosa vorresti dire loro?”.
Questa pratica aiuta la persona ad accettare le proprie emozioni negative, individuandole come parti del sé verso cui rivolgere la compassione. Una volta che il paziente sarà in grado di riconoscere le proprie emozioni negative, sarà più semplice attivare sentimenti di compassione verso di esse ed eliminare via via atteggiamenti di autocritica e accusa.
A cosa serve la compassione verso di sé?
Lavorando sulla compassione potranno iniziare a sparire:
- l’autocritica;
- il disprezzo per sé stessi;
- la disconnessione.
L’idea di essere gentili, prendersi cura o di essere compassionevoli verso sé stessi può provocare inizialmente emozioni di disgusto, per poi evolversi nella capacità di riconoscere i propri bisogni infantili frustrati, rivolgendosi a sé stessi con cura e gentilezza.
“La compassione è una delle strade che portano alla liberazione dal dolore universale dell’uomo” Arthur Schopenhauer