Salute mentale

Bias cognitivi: cosa sono e come influenzano la nostra vita

Bias cognitivi: cosa sono e come influenzano la nostra vita
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Sabrina Consumati
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Cognitivo-Comportamentale
Unobravo
Pubblicato il
14.7.2023

Ogni giorno siamo immersi in un numero inquantificabile di informazioni e la nostra mente ha necessità di trovare una strategia per organizzarle e gestirle. Nel tentativo di semplificare il lavoro, a volte essa cade in errori di valutazione, chiamati anche bias cognitivi, che possono influenzare in modo determinante il nostro stato emotivo e il nostro comportamento. 

Tra gli esempi di bias più evidenti, ci sono i cognitive biases in decision making, che ci aiutano a capire il potenziale impatto che certi bias possono avere sulle decisioni professionali.

Cosa si intende per bias cognitivo? Quali sono i bias più comuni e come ridurli? In questo articolo approfondiremo il tema dei bias cognitivi dando uno sguardo alla psicologia e cercheremo di dare le risposte alle domande più comuni sul tema. Iniziamo dal significato di bias cognitivo e dalla sua definizione.

cognitive bias theory
Meo - Pexels

Cosa sono i bias cognitivi

L’etimologia del termine bias è incerta, e pare derivare dal francese antico biais, che possiamo tradurre con “obliquo” e che assume nel tempo il significato di “inclinazione”. 

Come si evince dalla definizione letterale, i bias cognitivi sono valutazioni errate della realtà, pensieri che formuliamo in automatico senza “razionalità” e che prendiamo per buoni solo perché sono pensieri spontanei

Uno dei principali ambiti di studio dei bias cognitivi è la psicologia sociale, che G. Allport definisce “l’indagine scientifica di come pensieri, sentimenti e comportamenti degli individui siano influenzati dalla presenza oggettiva, immaginata o implicita degli altri” (Allport, 1954).

Che relazione c'è tra euristiche e bias?

Scendiamo ora più nel dettaglio parlando di bias ed euristiche e la loro differenza. 

Il termine euristica, che in greco ha la stessa radice di eureka, indica il modo in cui il nostro cervello può trovare una soluzione a problemi complessi ricorrendo a delle "scorciatoie" e cioè rispondendo a domande più semplici a esso correlate.

È possibile individuare tre tipologie di euristiche che probabilmente con facilità possiamo rintracciare nel nostro dialogo interno quotidiano:

  • euristica della disponibilità: quando prendiamo una decisione, spesso ci basiamo su singoli episodi e non su statistiche oggettive. Per esempio, se la notizia di un incidente aereo ha un forte impatto emotivo, può emergere la paura di volare che ci porta a evitare di prendere l’aereo per paura che caschi. La distorsione nel processo cognitivo sta nel valutare più alta la probabilità di morte in aereo rispetto l’auto, nonostante i dati oggettivi mostrino il contrario 
  • euristica dell’ancoraggio: tendiamo a fare scelte e valutazioni in base a esperienze precedenti relative a quella stessa circostanza, trascurando dati e circostanze contingenti che potrebbero portare a conclusioni diverse. Questo accade perché la nostra attenzione “si ancora” agli elementi messi in evidenza
  • euristica della rappresentatività: è una scorciatoia mentale che utilizza la somiglianza tra elementi o categorie (stereotipi) per formulare valutazioni, trascurando altri elementi rilevanti.


Se da una parte la nostra mente è predisposta a utilizzare al bisogno questo tipo di valutazione, dall’altra spesso lasciamo che le interpretazioni approssimative e i pensieri spontanei ci orientino e condizionino anche in situazioni tendenzialmente innocue, incappando in “errori di valutazione”, quindi bias cognitivi.

tipi di bias cognitivi
Andrea Piacquadio - Pexels

Tipi di bias cognitivi 

Quanti tipi di bias esistono? Al fine di organizzare i tantissimi tipi di bias cognitivi, è possibile suddividerli in 4 macrogruppi, che si trovano anche nella cognitive bias cheat sheet di Buster Benson. Vediamoli più in dettaglio.

Evitare il sovraccarico di informazioni

Tutti i bias sono valutativi ed è attraverso i bias cognitivi che cerchiamo di dare una spiegazione di senso agli eventi, pur non avendo informazioni sufficienti. Tra questi:

  • l’Hindsight Bias, la tendenza a pensare un evento già successo come prevedibile anche in assenza di prove che possano confermarlo
  • l’Endowment Effect, la tendenza a valutare le persone che conosciamo in termini più positivi di quelle che non conosciamo, pur non avendo prove a favore della nostra scelta
  • l’effetto alone, bias che ci porta spesso a pensare, per esempio, che se una persona è bella è anche intelligente. 

A questa categoria poi appartengono anche i bias di genere o gender bias (tra le cause della transfobia), il recency bias, l’in group bias (bias di gruppo), il self serving bias, il bias dell'autonomia, il bias di disponibilità, il bias di attribuzione, il causality bias.

Compensare le informazioni mancanti

Sono i bias cognitivi che hanno la funzione di filtrare le informazioni

  • bias dell’attenzione selettiva: a volte siamo portati a focalizzarci solo su alcune informazioni, trascurandone altre. Per esempio, se ho la fobia dei serpenti e mi trovo a camminare in un sentiero di campagna, probabilmente sarò attento ad accertarmi della loro presenza. Un bastoncino lungo il lato della strada potrebbe inizialmente spaventarmi perché la mia mente è impegnata selettivamente ad accertarsi che non ci siano serpenti. 
  • bias di conferma: ci porta a considerare solo le informazioni che confermano le nostre ipotesi e le nostre convinzioni. Per esempio, se penso che gli altri mi giudicheranno in modo negativo, di fronte un’espressione corrucciata potrei pensare che l’altro davvero mi stia giudicando, mentre in modo meno automatico e istintivo sono portato a considerare che quella persona è assorta nei suoi problemi
  • bias della rappresentatività: si verifica quando una somiglianza orienta il nostro giudizio: "mi sono trovata benissimo con lui, poi mi ha detto il nome e l'ho mollato con una scusa.. Si chiamava come il mio ex."

A questi bias si aggiungono: il selection bias (bias di selezione), bias della negatività o negativity bias, il bias di ancoraggio, il bias di attribution, il media bias, l’availability bias (bias della disponibilità), il bias del sopravvissuto, il bias effetto framing, il coded bias e il bias culturale. 

 

Scegliere cosa tenere in memoria

Ci sono poi quei bias comportamentali che ci suggeriscono le informazioni da ricordare. I nostri ricordi spesso non sono del tutto completi e autentici perché la nostra memoria tende a trattenere un numero limitato di informazioni. 

Tra questi, c'è il bias dell’effetto primario (primacy bias o primacy effect) che ci porta a memorizzare maggiormente le prime informazioni di un evento e tralasciare le successive. “La prima impressione è quella che conta” è un detto popolare che riprende questo bias, spesso la prima impressione è (erroneamente) quella che rimane in memoria.

In questo gruppo sono presenti l’effetto Mandela o sindrome del falso ricordo e  il generation bias

Scegliere velocemente cosa fare

Ci sono bias cognitivi che ci permettono di prendere una decisione e agire anche quando non abbiamo informazioni sufficienti per compiere la scelta migliore. In effetti, non sempre abbiamo assoluta certezza dell’esito delle nostre scelte ed è normale cercare un criterio di scelta adeguato. 

Questi bias intervengono quando si prende una decisione in base a un ragionamento emotivo (affect as information). 

  • bias dell’effetto fallacia dei costi irrecuperabili o sunk cost fallacy o bias di avversione alla perdita: avviene quando scegliamo di perseverare una scelta non davvero vantaggiosa in nome degli investimenti già fatti e non più recuperabili. Il bias della fallacia si basa su un aspetto emotivo più che logico: il dispiacere o la frustrazione derivante da una perdita orienta la scelta e porta la persona a giudicare “intollerabile” l’idea di  aver perso qualcosa “So che questa relazione non mi dà più niente, ma non posso lasciarla dopo tutte le cose belle che abbiamo fatto insieme.”
  • effetto Dunning Kruger: il paradosso dell’ignoranza, porta a sovrastimare le proprie competenze, conoscenze o capacità laddove in realtà non si ha padronanza dell’argomento in questione. Una valutazione opposta rispetto al socratico “so di non sapere”
  • Overconfidence bias: avviene quando proviamo un eccesso di fiducia nelle nostre valutazioni, è uno dei bias cognitivi che sperimentiamo nell’ambito dell’economia, ad esempio in ambito assicurativo
  • bias dello status quo: in situazioni di possibile cambiamento, porta a preferire che le cose rimangano come sono, o che cambino il meno possibile. “Chi lascia la strada vecchia per la strada nuova sa quel che lascia non sa quel che trova” è proprio il detto popolare che descrive meglio questo bias, un pregiudizio verso il nuovo che può far assumere una posizione di inflessibilità e stallo in situazioni di sofferenza emotiva.

Si aggiungono poi: l’effetto Pigmalione, l’attrition bias e il bias del pavone.

Cognitive Bias Codex 

A oggi è possibile individuare almeno 200 tipi di distorsioni cognitive sottoforma di elenco di bias cognitivi, che descrivono nel dettaglio alcuni ricorrenti modi di ragionare non del tutto razionali ma, che in modo inconsapevole, prendono parte del nostro dialogo interiore. 

Per averne una visione panoramica è possibile utilizzare il Cognitive Bias Codex (CBC). Il CBC presenta una tassonomia di bias cognitivi , un elenco che descrive nel dettaglio alcune modalità di ragionamento che di solito diamo per buone ma che osservate da vicino possiamo in realtà mettere in discussione.

I bias cognitivi e il marketing

Quante volte è capitato di fare un acquisto e, successivamente, chiedersi il perché? Il mondo delle vendite è uno dei settori in cui è più facile cadere in una “trappola psicologica”, proprio perché i venditori vogliono raggiungere lo scopo di attirare e orientare l’attenzione dei consumatori, per questo motivo c’è una profonda correlazione tra bias cognitivi e vendita. 

Al fine di raggiungere i propri obiettivi, ogni venditore utilizza una strategia di vendita che fa leva sui bias cognitivi e sugli elementi percettivi che possono facilmente calamitare l’interesse delle persone. 

È stato osservato, per esempio, che il comportamento d’acquisto è influenzato da bias quali:

  • bias della categoria: il consumatore è più portato a comprare se le informazioni del prodotto sono brevi
  • bias di autorità: l’acquisto è facilitato se il prodotto è presentato da un esperto o da un personaggio familiare (Francesco Totti che fa il bucato, Enrico Brignano che prova i divani)
  • bias di scarsità: l’acquisto è facilitato se la disponibilità del prodotto è scarsa (offerte limitate, edizioni speciali)
  • bias della gratuità: l’acquisto del prodotto è facilitato se il consumatore ha diritto a incluso un regalo gratuito
  • commitment bias o bias della coerenza: chi è già cliente, difficilmente cambierà il servizio o il prodotto.

La conoscenza di questi meccanismi può essere utile per non farsi trascinare da un ragionamento emotivo e agire con maggiore consapevolezza, provando a fare degli “esercizi sui bias cognitivi” che ci aiutino a fare scelte più obiettive. 

Se proviamo un impulso a “non perdere l’occasione”, possiamo fermarci un attimo e chiederci, “mi serve davvero? Da 1 a 10, quanto credo sia davvero un’occasione da non perdere?”. 

Probabilmente, se la risposta è tra 7 e 1, significa che non è davvero quello che vogliamo. Anche se la prima impressione è di essere davanti a un'occasione, pensare un momento in più ci può portare a fare una scelta più consapevole.

bias cognitivi psicologia
Cottonbro Studio - Pexels

Bias cognitivi e disturbi psicologici 

Esiste una correlazione tra bias e ansia? Osservando i disturbi d’ansia è stato possibile individuare un fattore comune: i sintomi dell’ansia sono spesso preceduti dalla percezione di una minaccia. Il disagio psicologico è dunque accompagnato da valutazioni, pensieri, considerazioni che generano la sensazione di essere in pericolo. 

Le persone che manifestano attacchi di panico, per esempio, tendono a focalizzare selettivamente l’attenzione sulle sensazioni del proprio corpo (attenzione selettiva), cercando eventuali segnali di malessere (bias di conferma), spesso scambiando semplici funzioni organiche come la sensazione del cuore che batte come sintomo di un infarto in corso (catastrofizzazione). 

La stessa ansia di avere un malore potrebbe essere interpretata come prova di un effettivo problema di salute in corso (affect as information). Ci sono relazioni con altri disturbi psichici?

Possiamo definire i bias come automatismi mentali, ovvero strategie cognitive trasversalmente presenti in tutti i quadri clinici. Ciò che determina la sofferenza è infatti il modo in cui pensiamo e spieghiamo la realtà. 

Il disturbo ossessivo-compulsivo presenta diversi bias cognitivi che confermano e mantengono le credenze patogene del DOC: l’atteggiamento iper prudenziale, funzionale a evitare il senso di colpa, è orientato dalla tendenza a porre selettivamente attenzione verso gli stimoli che rappresentano una minaccia (bias dell’attenzione selettiva). 

Per esempio, persone con ossessione per la contaminazione (misofobia) o con rupofobia possono interpretare come sangue qualunque macchia di un colore tra il rosso e il marrone (bias di conferma). 

Inoltre, il solo fatto di provare ansia, disgusto o senso di colpa, può rappresentare un elemento sufficiente a provare che davvero la persona è “sporca”, anche se nient’altro sembra confermarlo (affect as information). 

Fattori di influenza del bias cognitivo

Quali sono i fattori che influenzano negativamente i bias cognitivi? I bias cognitivi e i pensieri automatici tendono ad attivare un processo di auto-conferma che genera un circolo vizioso difficile da interrompere e che diventa il motore silente della sofferenza emotiva

Lasciare la mente “a briglia sciolta” può influenzare negativamente le nostre scelte quotidiane, poiché, come abbiamo visto, molte valutazioni che facciamo in modo spontaneo e automatico non sono davvero basate su dati certi di realtà, ma su impressioni. 

Test sui bias cognitivi 

Per testare la nostra predisposizione a “commettere” errori di valutazione, può essere sufficiente mettere in discussione i nostri pensieri alla luce della lista di bias cognitivi più comuni che abbiamo elencato.

È possibile fare un breve test attraverso il sito Cognitive Bias Quiz - BrainyTab, per mettere alla prova quali sono le prime risposte che spontaneamente ci verrebbe da indicare come vere, o dare un’occhiata al Cognitive bias test di Harvard come l'Implicit Association Test (IAT).

bias cognitivi test
Andrea Piacquadio - Pexels

Come gestire, ridurre o evitare i bias cognitivi?

La conoscenza dei bias cognitivi può facilitare una riflessione sul nostro dialogo interiore, cioè un ragionamento sul ragionamento, quello che nella pratica clinica chiamiamo metacognizione

Riconoscere i bias cognitivi è un primo passo per evitarli. È normale e umano ricorrere a delle strategie di pensiero veloci, ma appartiene alla capacità umana anche riflettere su quello che pensiamo.

Evitare del tutto i bias cognitivi è impossibile perché, come abbiamo visto, sono parte integrante del funzionamento della nostra mente. Sapere che esistono ci permette di prendere in considerazione l’idea di fermarci e chiederci, in alcune circostanze:

  • se il “prendere per buone” alcune valutazioni è davvero quello che ci conviene
  • se stiamo facendo delle considerazioni affrettate
  • se riflettere un attimo in più potrebbe darci la possibilità di fare scelte diverse e più vicine a quello che vogliamo davvero. 

Bias e psicologia: come può aiutarci un professionista della salute mentale

In terapia, quello che facciamo è ricostruire la catena di pensieri che portano la persona a provare sofferenza emotiva o mettere in atto comportamenti che alla lunga si rivelano disfunzionali. 

La psicologia ci aiuta a conoscere come funziona la nostra mente e allo stesso tempo conoscere ancora meglio noi stessi, togliere il pilota automatico e muoverci nel mondo seguendo ciò che davvero è importante per noi. 

Allenarci a ragionare in termini metacognitivi, cioè fare “ragionamenti su ragionamenti”, permette di creare una distanza critica tra noi e nostri pensieri, metterli in discussione e avere una visione più realistica e obiettiva della realtà. 

Durante le sedute è possibile:

  • ricostruire quali esperienze hanno portato la persona ad avere una certa aspettativa su di sé, sugli altri e su come funziona il mondo
  • individuare quali pensieri automatici e quali credenze di base guidano i comportamenti, per poi mettere in discussione quei bias cognitivi che ci danno una visione erronea della realtà e che spesso impediscono di trovare quello stato di benessere psicologico che vorremmo avere. 

Libri sui bias cognitivi

Come di consueto, concludiamo l’articolo con qualche consiglio di lettura. Nella nostra lista di libri sui bias cognitivi non può certo mancare il best seller Mondadori Pensieri lenti e veloci di D. Kahneman, premio Nobel e tra i fondatori della finanza comportamentale.  

Per approfondire ulteriormente vi consigliamo anche:

Bibliografia

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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