Aspetti psicologici dell’obesità

Aspetti psicologici dell’obesità
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Brigida Piscopo
Redazione
Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
7.2.2020
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L’obesità è caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso corporeo in relazione alla massa magra. Essa provoca gravi conseguenze sulla salute dei soggetti che ne sono affetti e una ridotta aspettativa di vita. 

L’obesità rappresenta, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, uno dei principali problemi di salute pubblica nel mondo e si va diffondendo con grande velocità oltre il mondo occidentale e con incidenza sempre maggiore tra bambini e adolescenti. Il numero di soggetti obesi nella popolazione generale dei paesi occidentali industrializzati e di quelli in via di sviluppo, infatti, è in costante crescita.

Indice di massa corporea e obesità

L’indice di massa corporea (BMI) è il rapporto tra il peso e il quadrato dell’altezza di un soggetto, ed è diviso in quattro categorie: sottopeso, medio, sovrappeso e obeso. Un soggetto si definisce obeso quando il BMI è maggiore di 30. L’obesità è a sua volta distinta in tre stadi:

  • di primo grado quando il BMI è tra 30 e 34,9;
  • di secondo grado se è tra 35 e 39,9;
  • di terzo grado, o estrema, quando è maggiore di 40.

Quali sono le cause dell’obesità?

Le cause di questa condizione sono multiple e chiamano in gioco fattori:

  • genetici
  • metabolici
  • ormonali
  • psicologici
  • sociali.

Sembra essere l’interazione tra questi diversi fattori a condizionare e sostenere il quadro clinico complessivo. Studi di genetica ad esempio, hanno dimostrato che circa nel 94-95% dei casi, la genetica determina una predisposizione ad aumentare di peso che si manifesta solo interagendo con fattori ambientali.

Questo deve farci riflettere anche rispetto ad un diffuso pregiudizio che ci porta a considerare la persona obesa semplicemente come pigra, golosa e senza forza di volontà.

Andres Ayrton - Pexels

Obesità e disturbi psicologici

Purtroppo, tra i fattori coinvolti, gli aspetti psicologici, emotivi, comportamentali e di personalità, sono fortemente sottostimati anche quando si cercano soluzioni al problema. Basti pensare che le prime ricerche empiriche sul contributo causale dei fattori psicologici risalgono agli anni Sessanta. L’obesità è anche associata ad alcuni quadri clinici psicopatologici importanti come il Binge Eating Disorder (BED o disturbo da alimentazione incontrollata), che raggiunge tassi tra il 7 e il 39% in campioni di persone obese in cerca di trattamento.

Tale disturbo fa parte dei DCA ed è caratterizzato da episodi ricorrenti di abbuffate, associati alla sensazione di perdita di controllo e seguiti da un notevole disagio psicologico, senso di colpa e tristezza. Bisogna precisare, però, che non tutti gli obesi presentano le caratteristiche dei pazienti con BED e non tutti i soggetti con BED sono obesi.

Le conseguenze psicologiche dell’obesità

Altri disturbi psicologici associati all’obesità sono:

Per quanto non sia ancora chiaro se queste condizioni precedano o seguano l’obesità, è fondamentale, sia in fase diagnostica che nell’elaborazione di un programma terapeutico, tenere in considerazione anche quegli aspetti psicologici e psicopatologici che possono ostacolare l’adesione del paziente alla terapia e il suo successo.

Marijana1 - Pixabay.

Cosa succede nella testa di una persona obesa

Come si può facilmente intuire, i soggetti obesi hanno uno stile alimentare e di vita che si associa alla sovralimentazione ma, solo con studi recenti, si è provato a comprendere i meccanismi e i nessi tra ciò che accade nel cervello e il comportamento manifesto di chi si sovralimenta. Vediamone alcuni.

Controllo e consapevolezza

Quando le persone obese devono controllare le quantità di cibo ingerite, tendono a valutare come più rilevanti gli aspetti visivi del cibo, ad esempio: quanto resta nel piatto, l’aspetto e la varietà del cibo presentato, piuttosto che gli stimoli interni di appetito e sazietà. In breve, spesso accade che per decidere se smettere di mangiare non prendono in considerazione il senso di sazietà ma guardano se il piatto è pieno.

Processi decisionali

Le persone con obesità, così come accade a chi fa abuso di sostanze, quando devono prendere una decisione hanno una maggiore inclinazione a preferire ricompense immediate e di minor valore, piuttosto che maggiori ma posticipate.

Quindi, in condizioni di stress, ansia o difficoltà di altro tipo fanno più fatica a valutare gli effetti a lungo termine di un’abbuffata e compararli con la gratificazione immediata ottenuta con l’ingestione di cibo, per decidere se continuare o fermarsi.

Hellosoyeon - Pixabay

Meccanismi di dipendenza

Un filone di studi ha considerato l’overeating (sovralimentazione) come categoria delle dipendenze, arrivando a parlare di dipendenza da cibo. Tali condizioni hanno diversi fattori in comune, uno dei più significativi è il coinvolgimento del sistema della ricompensa ovvero l’insieme dei circuiti neurali che incoraggiano la ripetizione di un’azione ricompensandola con sensazioni di piacere, benessere, pienezza.

Obesità ed overeating però hanno anche importanti differenze, che rendono i due fenomeni chiaramente non sovrapponibili. La questione è ancora aperta e potrebbe aprire nuove strade per la comprensione e la cura di questa condizione.

Tanti alleati per una soluzione

Se è vero che, come già accennato all’inizio, l’obesità è una patologia multifattoriale, anche il trattamento dovrebbe riflettere tale complessità e integrare diversi interventi su più livelli. L’ideale è il coinvolgimento di diverse figure specializzate:

  • psicologo
  • nutrizionista
  • medico.

Un approccio multidisciplinare e integrato scongiura i frequenti fallimenti dovuti a soluzioni fai-da-te e diete all’ultima moda, che non fanno altro che esacerbare il problema alimentando autosvalutazione, frustrazione e insicurezza.

Bibliografia
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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