Che si tratti di un vestito che potrebbe tornare di moda o della collezione di una serie di oggetti di cui non riusciamo a disfarci, chiunque può aver familiarità con il piacere di conservare un oggetto o la difficoltà di disfarsene.
Ma quando la necessità di accumulare beni, fino a ingombrare aree vitali della propria abitazione, e la difficoltà a liberarsene raggiungono livelli clinicamente significativi, entriamo nella sfera del disturbo di accumulo o disposofobia.
Il disturbo da accumulo ha un’incidenza di gran lunga maggiore di quanto si possa immaginare, anche se non abbiamo molti dati a disposizione su quanto sia diffuso in Italia. Si stima che nei paesi occidentali abbia una diffusione che si aggira tra il 2 e il 5% della popolazione.
Oggi si sente sempre più parlare di hoarding. Ce ne saremo accorti se, facendo zapping alla TV, ci siamo imbattuti in un programma come Sepolti in casa, docu-reality che segue le vicende e mostra le difficili condizioni di vita di persone affette da disposofobia, impropriamente definita “malattia di non buttare via niente”.
In questo articolo ci concentreremo sul disturbo da accumulo compulsivo, cercando di rispondere a delle frequenti domande sul tema, come:
- Che cos'è l'accumulo compulsivo?
- Quando possiamo parlare di un disturbo da accumulo?
- Perché si diventa accumulatori?
- Come si cura il disturbo da accumulo?
- A chi rivolgersi per la cura della disposofobia?
Disturbo da accumulo, disposofobia, sillogomania: di cosa stiamo parlando?
Per conoscere il significato di disposofobia ci rivolgiamo al dizionario, che la definisce come “Tendenza patologica ad accumulare oggetti senza alcun ordine, fino a rimanerne sommersi.”
Il termine disposofobia trova la sua etimologia nell’inglese to dispose (sistemare). Alcuni sinonimi utilizzati per descrivere il disturbo da accumulo sono poi sillogomania o Hoarding disorder.
Il disturbo da accumulo nelle versioni del DSM
Oggetto di studio da quasi mezzo secolo, il comportamento di accumulo era considerato negli anni ‘80 all’interno del DSM-III, come uno dei criteri diagnostici del disturbo di personalità ossessivo compulsivo.
Fu poi inquadrato come un sintomo o una componente del disturbo ossessivo compulsivo, nel DSM IV-TR fino al DSM 5, in cui il disturbo da accumulo o disposofobia approda a una categoria autonoma.
Le caratteristiche dell’accumulatore compulsivo
Una persona con sindrome da accumulo compulsivo sente un bisogno ossessivo di accumulare una grande quantità di oggetti, anche quando questi risultano o sono ritenuti inutili, pericolosi o dannosi.
La disposofobia può portare all’accumulo di cibo, vestiti, ma anche animali (come i gatti). L’accumulo compulsivo di animali si definisce Animal Hoarding e, anche se il DSM-5 non prevede una differenza tra le diverse tipologie di oggetto di accumulo, sono diverse le ricerche in corso sul tema.
Accumulare oggetti, porta “l’accumulatore seriale” (definizione popolare utilizzata per descrivere chi soffre di patologia da accumulo) a esaurire velocemente gli spazi a disposizione per contenerli, rendendo gli ambienti insalubri e provocando significativi danni alla mobilità, all’alimentazione, alla convivenza, alla pulizia.
Non è semplice, oltre che assolutamente sconsigliato, pensare di rimuovere gli oggetti accumulati, perché la persona sperimenta una persistente difficoltà a selezionarli o pensare di separarsene, anche quando non sussiste un reale valore affettivo con essi.
Quando gli oggetti finiscono per congestionare e invadere gli spazi vitali, le limitazioni nelle attività quotidiane diventano più evidenti. A causa delle difficoltà in casa possono nascere problemi familiari, i rapporti sociali e le uscite si diradano, aumentando il senso di solitudine.
Spesso la comorbilitá di questo disturbo è con disturbi d’ansia (come il disturbo d’ansia generalizzata e la fobia sociale) e depressione, ma ci sono evidenze anche di una comorbilità con l’ADHD.
È frequente che il bisogno di conservare beni e l’ansia da separazione da essi si presenti anche con la sindrome da shopping compulsivo, spesso con acquisti online, in caso di oggetti che si crede possano essere indispensabili e per cui, invece, la persona perde interesse nel momento dell’ingresso in casa.
A completamento del profilo psicologico dell’accumulatore seriale, il DSM-5 valuta la consapevolezza della persona che soffre di questo disturbo in merito alle dinamiche che portano all’accumulo.
La comprensione può oscillare:
- da buona, se i comportamenti sono riconosciuti come eccessivi e disfunzionali
- a scarsa o delirante, se questi non vengono percepiti come problematici e l’accumulatore (hoarder) è inamovibile rispetto alle sue convinzioni.
Una persona accumulatrice può non essere cosciente della propria condizione?
Le caratteristiche di egosintonia ed egodistonia del disturbo da accumulo compulsivo hanno portato i clinici a riflettere sulla possibilità di una categoria diagnostica autonoma dal disturbo ossessivo compulsivo.
Ricordiamo che:
- è egosintonico un aspetto o sintomo vissuto come in sintonia con la propria immagine di sé o i propri bisogni
- è egodistonica, al contrario, la percezione di qualcosa come estraneo, distonico appunto, rispetto al sé e che causa disagio.
A differenza, però, di altre tipologie di pazienti ossessivo compulsivi, come i washers/cleaners con i loro rituali di pulizia o evitamento per paura di contagio e/o
sporcizia (rupofobia) o i checkers con i loro controlli e rimuginii continui, gli accumulatori potrebbero non percepire il disagio della loro condizione.
Disturbo ossessivo compulsivo da accumulo e DOC
Una persona che soffre di un disturbo ossessivo compulsivo, appunto, soffre. Si libererebbe volentieri di qualunque compulsione (il tempo speso per le pulizie, i controlli, il riordino), che intenzionalmente mette in pratica per neutralizzare o alleviare la tensione generata da un’ossessione.
Gli hoarders, invece, non sentono di essere invasi da un pensiero persistente e fastidioso, anzi, ritengono estremamente preziosi i loro oggetti, non smetterebbero di accumularli e rinunciano a porzioni della propria abitazione, alla pulizia e all’incontro con altre persone pur di non disfarsene.
La componente legata all’ansia è assente negli hoarders, a meno che non si presenti la possibilitá di eliminare i propri oggetti, mentre negli ossessivo compulsivi è un elemento preponderante del disagio percepito.
Altri disturbi associati alla disposofobia
L’accumulo seriale può essere riscontrato anche in altri tipi di disturbi, rispetto ai quali è importante fare un’accurata diagnosi differenziale. Oltre che, come abbiamo visto, nel DOC, può essere presente:
- nel disturbo ossessivo compulsivo di personalità
- nella schizofrenia
- nella demenza
- nella sindrome di Prader-Willi e in altri disturbi a matrice genetica
- nei disturbi pervasivi dello sviluppo come l’autismo
- nella sindrome di Diogene.
Riguardo la sindrome di Diogene e la disposofobia, bisogna poi sottolineare come la peculiarità della prima, sia quella di portare l’individuo a diventare accumulatore seriale di rifiuti.
Cause della disposofobia
Da quando ha acquisito un’entità nosografica autonoma, anche l’eziologia del disturbo da accumulo è stata studiata in maniera più precisa.
La ricerca ha preso in considerazione fattori di tipo ambientale, genetico, aspetti neurobiologici (come il coinvolgimento di neurotrasmettitori come dopamina e serotonina) e anatomici, così come la presenza di specifici deficit cognitivi.
Nel disturbo da accumulo è stato osservato per esempio un funzionamento anomalo dei lobi frontali, aree cerebrali implicate nella motivazione, nella capacità di prendere decisioni, mantenere l’attenzione sul compito ed evitare errori.
Anche la componente genetica può favorire lo sviluppo del disturbo, così come un vissuto traumatico (per esempio l’aver vissuto un lutto complicato, una separazione, un evento molto stressante).
Uno dei più noti modelli eziologici del disturbo di accumulo è quello proposto dagli studiosi Frost e Hartl, che spiega i sintomi sulla base di:
- deficit nell'elaborazione delle informazioni
- problemi nella capacità di formare legami affettivi
- evitamento comportamentale
- credenze errate sulla natura dei beni.
Accumulare o collezionare?
Come distinguere, quindi, un accumulatore da un “semplice” collezionista? Collezionisti di modellini, fumetti o altri oggetti possono acquistare grandissime quantità di oggetti e arrivare anche a dedicare una stanza o una parte della propria casa alla loro passione o agli oggetti che hanno collezionato.
La differenza risiede nella gestione dello spazio, nella cura e nell’utilizzo che si fa di questi oggetti:
- un collezionista si prende cura della sua collezione, la riordina, cataloga ed esibisce con fierezza
- un accumulatore perde interesse per gli oggetti che ha in casa, li accatasta senza cura in spazi essenziali per i suoi movimenti o per la vivibilità dell’abitazione e sviluppa un senso di vergogna per quanto conservato, salvo poi ritenere tutto indispensabile quando si ripresenta la minaccia della separazione.
Come curare il disturbo da accumulo?
Una persona che si riconosca in una delle situazioni descritte nell’articolo potrebbe trovare grande giovamento nel rivolgersi a uno psicologo e psicoterapeuta e iniziare un percorso psicologico per approfondire l’entità del possibile disturbo.
Il professionista potrà avvalersi di diversi strumenti, tra cui la Hoarding Rating Scale-Interview [1] utilizzata come test per la disposofobia. Rispetto i diversi tipi di psicoterapia, il trattamento d’elezione è la terapia cognitivo-comportamentale, perché permette di:
- valutare la gravitá del disturbo o rilevare presenza e frequenza di ossessioni e compulsioni, anche grazie a scale di misura come la NSGCD Clutter Hoarding Scale [2] o la Y-BOCS [3]
- ricostruire la storia di vita del paziente e comprendere meglio il disturbo
- approfondire che cosa determina la vulnerabilitá e quali sono i fattori che portano allo scompenso
- costruire un profilo interno del disturbo, per individuare l’evento critico che innesca il comportamento compulsivo di accumulo, le valutazioni cognitive dell’evento come minaccioso, grave, non fronteggiabile o inaccettabile e i tentativi di soluzione di primo e secondo ordine adottati per fronteggiare il disagio avvertito
- utilizzare in maniera guidata esercizi pratici per sviluppare o rafforzare capacità organizzative di oggetti e spazi, affrontare la difficoltà nel liberarsi degli oggetti e controllare la tendenza all’acquisizione eccessiva.
Quando il paziente avrà conosciuto meglio le cause e i trigger del suo disturbo, potrà essere guidato in un lavoro mirato a:
- sviluppare e/o rinforzare capacità di decision making, problem-solving o gestione e organizzazione di beni e oggetti
- prevenire o evitare la risposta comportamentale in situazioni e contesti che la stimolerebbero
- operare una ristrutturazione cognitiva dei pensieri irrazionali collegati ai comportamenti di accumulo.
Vivere con un accumulatore
La sindrome compulsiva da accumulo, come abbiamo visto, interessa non solo la persona accumulatrice compulsiva, ma coinvolge anche il contesto familiare e relazionale in cui essa vive.
La casa di un accumulatore seriale spesso è inaccessibile, limitando così le interazioni sociali non solo della persona disposofobica, ma anche, per esempio, dei partner e dei figli.
Questi ultimi, quando in età scolare, non hanno altra scelta che subire la condizione, con conseguenze che possono portare all’isolamento sociale, alla frustrazione e alla rabbia. Una volta cresciuti, se non si è intervenuti per tempo, possono nascere conflitti genitori-figli adulti e portare questi ultimi a troncare del tutto la relazione con il genitore.
Anche per il partner può essere molto difficile capire come gestire la relazione con un accumulatore seriale. Il disturbo da accumulo compulsivo può causare infatti crisi di coppia e problemi nelle relazioni amorose, che a volte possono concludersi con divorzi e separazioni.
La psicologia può essere d’aiuto anche ai familiari e alle persone vicine agli accumulatori compulsivi, dando utili suggerimenti su come aiutare un accumulatore compulsivo ma anche su come gestire le proprie emozioni in relazione all’esperienza che si sta vivendo.
Libri sulla disposofobia
Concludiamo l’articolo con qualche suggerimento di lettura sul disturbo di accumulo compulsivo:
- Il disturbo da accumulo, a cura di C.a Perdighe e F. Mancini, Raffaello Cortina editore
- Non lo butto! Come affrontare il disturbo da accaparramento compulsivo, R. Pani, Sovera edizioni
- Il disturbo da accumulo e la sua valutazione. Definizione, diagnosi e indicazioni per i familiari, C. Novara, S. Pardini, Erickson edizioni
- Tengo tutto. Perché non si riesce a buttare via niente, R.O. Frost, G.Steketee, Erickson edizioni.