Il concetto d’identità è trasversale a diverse discipline: molti studiosi hanno cercato di delineare quali fossero le caratteristiche usate per definire se stessi in quanto individui unici e diversi dagli altri.
Henry Tajfel, autore della Teoria dell’identità sociale (SIT), nota che il comportamento delle persone nelle interazioni con gli altri può essere considerato lungo un continuum dove:
- a un estremo troviamo il comportamento interpersonale, che porta le persone a interagire con gli altri in base alle loro caratteristiche personali;
- all’estremo opposto troviamo il comportamento intergruppi, che porta gli individui a relazionarsi con gli altri in base alle caratteristiche che sono attribuite al gruppo di appartenenza.
L’identità sociale
A questi due differenti comportamenti sono legati due aspetti dell’identità:
- al comportamento interpersonale è connessa l’identità personale, che fa riferimento a una serie di attributi specifici del soggetto e che rappresenta il sentimento di sentirsi unici rispetto agli altri
- al comportamento intergruppi si lega l’identità sociale che, invece, deriva dalla consapevolezza di appartenere a un certo gruppo e a cui si aggiunge la valutazione e il significato attribuito dal soggetto.
Tajfel individua due processi che determinano il comportamento degli individui nelle situazioni di confronto con gli altri gruppi sociali:
- categorizzazione
- confronto sociale.
La categorizzazione e il confronto sociale
La categorizzazione svolge due funzioni: cognitiva ed identitaria. La funzione cognitiva permette di semplificare la complessità della realtà circostante attraverso la formazione di categorie. Le categorie permettono di formulare dei giudizi con cui organizzare i dati provenienti dall’esperienza quotidiana attraverso la loro semplificazione e il loro raggruppamento.
Nel relazionarsi con persone di cui non si ha una conoscenza approfondita, si è portati a utilizzare una serie di caratteristiche che vengono attribuite alla categoria in cui inserisce una certa persona: si fa facilmente ricorso agli stereotipi. Attraverso gli stereotipi è infatti possibile compiere una generalizzazione, attribuendo a tutti i membri di una certa categoria delle caratteristiche simili.
“Noi” vs “loro”
La categorizzazione porta alla percezione degli individui in base alle caratteristiche che vengono attribuite al gruppo di cui far parte e ha due effetti:
- l’accentuazione, che porta a sminuire le differenze tra gli elementi di una stessa categoria;
- il contrasto, con cui si evidenziano le differenze tra le categorie.
Il confronto sociale è funzionale al raggiungimento o al mantenimento di una valutazione positiva del proprio gruppo di appartenenza, regola le differenze tra i gruppi e porta i soggetti a favorire il proprio nel processo di confronto.
L’appartenenza a un gruppo
Il comportamento intergruppi è retto dal desiderio di mantenere o promuovere un senso di identità positivo. Per questo, in tutte quelle situazioni in cui l’interazione fa percepire una minaccia alla propria identità sociale, gli individui tendono a differenziare:
- l’in-group (il gruppo a cui sentono di appartenere);
- dall’out-group (il gruppo in cui non si identificano)
in modo da promuovere un’immagine positiva di sé. Se la minaccia percepita è molto grave, la categorizzazione tende ad esprimersi attraverso il pregiudizio e lo stereotipo. Il processo di categorizzazione legato al pregiudizio è sempre accompagnato dall’attribuzione di valori ad una certa categoria.
Pregiudizi e stereotipi
Secondo il professore di psicologia sociale Rupert Brown, il pregiudizio può essere definito come una serie di atteggiamenti o credenze cognitive negative, attribuite ai membri di un certo gruppo in virtù della loro appartenenza ad esso.
L’aspetto principale del pregiudizio, quindi, è attribuire a due individui di uno stesso gruppo sociale le stesse caratteristiche diminuendo, invece, le differenze individuali. Questo meccanismo si innesca ogni qual volta nel ragionamento vengono adoperati degli stereotipi.
Si può parlare di stereotipi ogni qualvolta le emozioni, i giudizi di valore sugli altri e sul loro comportamento non sono legati a un’esperienza diretta con quell’individuo, ma alle reazioni che le persone hanno di fronte ad una parola in grado di suscitare determinate aspettative.
Il pensiero pregiudizievole e stereotipato è connesso, ad esempio, con il fenomeno del razzismo: ogni qualvolta gli individui percepiscono una minaccia al proprio in-group ricorrono a pregiudizi e stereotipi per proteggersi.