L’obesità è un fenomeno complesso e multifattoriale causato dall’interazione di fattori genetici, ambientali e individuali che hanno una notevole implicazione sulla salute. Oggi disponiamo di trattamenti psicologici che affiancano la terapia dietetica, farmacologica e fisica. Questo tipo di intervento integrato mira a raggiungere il cosiddetto “peso ragionevole”, ossia quel peso realmente mantenibile e raggiungibile che protegga la persona dai rischi legati al sovrappeso e all’obesità.
Secondo il modello bio-psico-sociale e la psicologia della salute, il comportamento alimentare risentirebbe di influenze provenienti:
- dall’ambiente fisico e sociale
- dallo stress percepito
- dalla capacità di gestire le emozioni
- da una serie di complessi meccanismi neurofisiologici che ne regolano l’espressione.
Nei comportamenti alimentari disfunzionali sono implicate una serie di variabili:
- supporto sociale
- scarse capacità di adottare strategie di adattamento (coping) e di problem solving
- aspettative irrealistiche rispetto alla perdita di peso
- basso senso di autoefficacia e autostima
- insoddisfazione per la propria immagine corporea
- scarsa tolleranza alle frustrazioni.
L’immagine distorta di sé
Un altro dato importante a sostegno del modello bio-psico-sociale, si rifà alle ricerche sull’immagine mentale di chi ha perso peso solo attraverso interventi farmacologici e chirurgici. In queste persone permane un senso di insoddisfazione legato alla propria immagine corporea: segno che, impegnarsi in un processo di cambiamento e ancor di più, esserne protagonista, ha influenze positive maggiori in termini di autostima e autoefficacia rispetto al semplice calo ponderale.
I processi cognitivi e il peso
I “comportamenti complessi” che sono coinvolti nella perdita e nel mantenimento del peso, come l’adozione di un’alimentazione salutare e uno stile di vita attivo, sono influenzati da processi cognitivi consci.
I processi cognitivi svolgono un ruolo importante nel mantenimento di comportamenti alimentari disfunzionali (per esempio l’alimentazione eccessiva e sregolata), che rendono difficile l’adozione di un’alimentazione salutare. Essi sono associati:
- al fallimento nel seguire la dieta, quando si hanno aspettative più elevate di perdita di peso o se si vuole modificare l’aspetto fisico come obiettivo primario;
- alla perdita di peso;
- al mantenimento del peso perso, quando si ha fiducia nel riuscire a mantenere il peso e si è soddisfatti per i risultati raggiunti
Come affrontare questi processi psicologici complessi
La semplice educazione dei pazienti sui comportamenti salutari da adottare non basta. L’Associazione Italiana Disturbi dell’Alimentazione e del Peso (AIDAP) raccomanda la necessità di riconsiderare il ruolo dello psicologo nella gestione multidisciplinare dell’obesità.
La terapia deve essere mirata ad aiutare le persone in sovrappeso e obese a far sì che si impegnino in un processo attivo di cambiamento attraverso la riscoperta di sé e delle proprie qualità, al di là del proprio peso corporeo. Inoltre, continuare a proporre ai pazienti una modificazione dello stile di vita facendo leva solo sulla loro forza di volontà, può portarli a sperimentare sentimenti di:
- fallimento;
- senso di colpa;
- inadeguatezza.
Lo stigma del peso interiorizzato
Il tema del vissuto del paziente con obesità si riferisce allo “stigma del peso interiorizzato”. Esso è comune in molti pazienti con obesità e ha numerosi e importanti effetti negativi come:
- la comparsa di comportamenti alimentari disfunzionali, come episodi di abbuffata e aumento della quantità di cibo assunto;
- la riduzione dell’attività fisica;
- la tendenza all’aumento del peso;
- le risposte negative fisiologiche allo stress;
- la riduzione della richiesta di aiuto professionale in ambito sanitario;
- il minor mantenimento del peso a lungo termine.
Da tenere a mente
È bene ricordarsi sempre che l’alimentazione deve restare un piacere, perché le sensazioni legate all’atto alimentare sono un evento che racchiude elementi:
- qualitativi legati al cibo;
- sensoriali legati al gusto del singolo;
- identitari legati alla cultura del gruppo di appartenenza;
- psicologici legati al vissuto soggettivo.
Una dieta con alimenti monotoni che non arrecano alcun piacere, è senz’altro destinata al fallimento. Mettersi a dieta, o seguire un regime alimentare controllato, non significa sottrarre cibo e piacere all’alimentazione: non bisogna, insomma, privarsi di tutti i propri cibi preferiti. Inoltre, gli obiettivi devono essere raggiungibili: si può perdere peso con gradualità e ponendosi obiettivi realistici.