Psicologia della salute

La malattia cronica e le cure per i dolori “incurabili”

La malattia cronica e le cure per i dolori “incurabili”
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Olga D'orso
Redazione
Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale
Unobravo
Pubblicato il
7.2.2020

La patologia cronica, soprattutto quando grave, costituisce una vera e propria minaccia per il benessere psicologico. Questa condizione di sofferenza continua, soprattutto quando visibile, modifica la propria immagine corporea e risulta essere frequentemente associata a stigma e delegittimazione. Considerare le ripercussioni psicologiche è quindi fondamentale per poter prendere in carico il benessere della persona a 360°.

Le malattie croniche sono sempre più frequenti. A causa della loro incidenza crescente, esse costituiscono spesso un problema non solo per chi ne è affetto, ma anche

  • per la famiglia che se ne occupa
  • per la società che ne sostiene i costi
  • per la medicina i cui i progressi, di grande ampiezza, non sembrano riuscire a alleviarne il peso e il costo umano.

La medicina, di fronte alla cronicità, è obbligata a ripensare un modello di comprensione del fenomeno e di cura dei pazienti che sia appropriato ai loro bisogni. Un tipo di approccio strettamente biomedico non permette di incontrare il paziente affetto da malattia cronica nella complessità della sua sofferenza che è non solo fisica, ma anche psicologica e relazionale. Oltre a offrire percorsi di cura, tra cui rientrano anche le cure palliative, è importante quindi anche la presa in carico da parte di uno psicologo.

Un modello più ampio per affrontare la malattia cronica

L’evoluzione clinica dei pazienti cronici non è determinata da solo fattori biologici, ma anche dalle configurazioni e dagli eventi psicosociali della vita del soggetto. In questa costellazione psicosociale della cronicità, sono tre le dimensioni che rivestono un‘importanza particolare:

  • l’esperienza della malattia vissuta dal paziente
  • la risposta della famiglia
  • le modalità d’incontro tra il paziente e il sistema di cura.

Per tener conto di queste tre dimensioni è necessario elaborare un modello di intervento bio-psico-sociale che sia adeguato alla complessità della malattia cronica e che incoraggi i medici ad allargare il loro campo di intervento, anche cooperando in modo più articolato con gli psicoterapeuti.

SHVETS production - Pexels

In tal modo si potranno mobilitare e valorizzare le risorse del paziente e di coloro che lo circondano. Medici e terapeuti conoscono, ma non sempre prendono in considerazione, la sofferenza e le destabilizzazioni che una malattia a lungo termine generano in una famiglia e i sacrifici che questo comporta. Anche la famiglia, come il paziente, è infatti colpita dalla malattia, che influenza in modo diretto coloro che sono legati al malato da una relazione affettiva.

Un evento in una storia

La malattia si può definire come il processo specifico per cui ila persona subisce un attacco da parte del proprio corpo. Alcune modifiche possono sorgere a livello di cellule, tessuti, organi, sistema organico o dello stesso sistema nervoso. Ma la malattia e l’essere paziente diventano dei dati reali solo nel momento in cui il soggetto prova malessere, dolore, angoscia, o manifesta un comportamento che può indicare una malattia.

La malattia, in questo senso, non è mai un fenomeno puramente biologico ma colpisce il paziente nella complessità della sua esistenza: per un essere umano ammalarsi è un “evento”. In modo spontaneo o involontario, esso trasforma la sua condizione di esistenza ed esorta l’individuo ad adattarsi al disturbo che, attaccandolo nel suo corpo, lo attacca nella sua persona. La limitazione delle capacità, l’accresciuta vulnerabilità e le esigenze di eventuali trattamenti farmacologici sono poi ulteriori fenomeni imposti dalla presenza della malattia.

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Cosa significa, per un essere umano, la “cronicità”?

Su un piano esistenziale, la malattia cronica ha la particolarità di costituire un evento “insuperabile”. Essa obbliga il paziente a trasformarsi in modo da adattarsi ad un dato non modificabile della sua storia di vita. Emerge la necessità di riprogettare attivamente la propria esistenza.

Il tempo e lo spazio devono essere necessariamente riorganizzati, in modo tale da poter rimodulare la vita personale, sociale e lavorativa. Il paziente deve praticamente riorganizzare:

  • le sue condizioni di vita
  • le attività professionali
  • le responsabilità familiari
  • i compiti domestici
  • i divertimenti

 in modo da adattarsi alle limitazioni funzionali che la malattia può indurre. La malattia cronica quindi modifica il vissuto corporeo e il senso di sé e diviene un’inevitabile “compagna di vita”.

L’incontro con la cura

La funzione curante costituisce il fondamento del rapporto tra medico o psicoterapeuta e paziente. Questa funzione deve avere come centralità l’incontro con la storia di ogni singolo paziente, con le sue paure, la sua nuova immagine, con la percezione di un corpo che lo ha tradito e con la delusione e la rabbia che ne deriva.

“La vita si ascolta così come le onde del mare… Le onde montano…Crescono…cambiano le cose…Poi, tutto torna come prima ma non è più la stessa cosa.” A. Baricco


Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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