Il meccanismo che sta alla base del ragionamento e dei nostri processi decisionali, permette di elaborare una serie di dati e informazioni relativamente neutre relative
- all’emisfero sinistro del cervello, sede della logica;
- a quello destro, in cui prendono forma le emozioni, che seguono vie differenti rispetto a quelle della cosiddetta razionalità.
L’integrazione di emozione e pensiero logico consente alla persona di avere equilibrio nella quotidianità e nelle scelte di vita che compie ogni giorno. Quando prevale l’una o l’altra, ci troviamo di fronte a quella che in psicoanalisi si definisce dissociazione fra pensiero e emozione.
Dissociazioni fra parti di sé
il tema è stato trattato a lungo negli ambienti scientifici, che si sono concentrati su due aspetti della dissociazione: quella già citata fra pensiero e emozione e quella fra differenti parti di sé. Philip Bromberg, psicoanalista contemporaneo, ne individua la causa in un trauma che può travolgere le nostre vite e segnare una scissione fra parti di sé che non riescono più a comunicare fra loro.
Così come all’interno di un gruppo di lavoro, di una famiglia o di una coppia, la comunicazione fra membri è fondamentale per assicurare il benessere reciproco e risolvere problemi e crisi, all’interno della persona devono coesistere le differenti parti di sé, e raggiungere un equilibrio affinché la persona possa sentirsi unica e univoca.
Un’ambivalenza rischiosa
Quando le parti che compongono il Sé vanno eccessivamente in contrasto, può generarsi una condizione di conflitto interiore, un'ambivalenza che porta a una vera e proprio dissociazione interna. Più è grande l’incomunicabilità che si è generata, più la dissociazione diventa patologica. Il terapeuta aiuterà la persona a riconoscere e accettare la compresenza di due o più parti contrastanti fra loro ma non necessariamente in conflitto.
Sofferenza nelle relazioni e psicopatologia
La relazione con l’altro è segnata sia da affetti positivi che negativi e questo può essere più accentuato in alcune coppie o tra genitore e figlio. L’amore e l’odio sono compresenti e la relazione che è in sofferenza, richiede molte energie psichiche per essere mantenuta in vita.
Si pensi alle crisi di coppia, in cui ciascuno dei due partner rivendica la propria sofferenza o i suoi sacrifici, oppure alla relazione genitori-figli in cui entrambi soffrono l’incapacità di separarsi e vivere un rapporto con la giusta distanza fisica ed emotiva. In questi casi:
- la persona, pur di difendere sé stessa e il rapporto con l’altro, dissocia una parte di sé a scapito dell’altra che viene nascosta pur continuando ad agire in maniera profonda.
- il rapporto con l’altro viene preservato, a costo di vissuti di vuoto interiore, rabbia, solitudine e talvolta disperazione, che possono talvolta sfociare in stati maniacali o depressivi a cui non si riesce a porre rimedio, proprio perché richiederebbero di affrontare un difficile lavoro di integrazione.
Integrazione e capacità di amare
Quando la persona riesce a collegare vissuti, emozioni e pensieri e riconoscere le proprie difficoltà, ecco che inizia il dialogo più aperto con sé e con gli altri.
Si riconosce che è possibile amare e odiare allo stesso tempo e si può valutare la possibilità di superare la crisi in corso, così da decidere cosa è meglio per sé e per l’altro, smettendo di cambiare idea sulla base di impulsi contrastanti e disorganizzati. La persona ritrova il suo baricentro ed è in grado di amare e di scegliere.