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La controdipendenza affettiva

La controdipendenza affettiva
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Antonella Verdolotti
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Psicoanalitico
Unobravo
Pubblicato il
19.5.2021


L’essere umano nasce in uno stato di dipendenza assoluta. Anche con una sua autonomia e il bisogno di mantenere un suo spazio personale, nel corso della sua vita manterrà sempre un certo grado di dipendenza verso l’Altro e il bisogno di relazionarsi ad esso. Quando la creazione di un legame profondo, il raggiungimento di un’intimità e la paura dell’abbandono e del rifiuto provocano paura, si sfocia nella controdipendenza affettiva. Una negazione inconscia di quello che è il bisogno primario della vita umana: essere amato e amare.

Il momento storico e la società in cui viviamo sembrano alimentare sempre di più ideali non realistici. Il contraltare di tutto ciò è la diffusione di sentimenti di:

  • inadeguatezza
  • insicurezza personale
  • chiusura in se stessi per proteggersi da una perdita di controllo “emotiva”.

Un vuoto interiore intollerabile

A differenza del codipendente e del dipendente affettivo, la persona con funzionamento controdipendente ha paura di amare ed evita con cura i legami o ne crea solo di superficiali. L’equilibrio su cui si gioca il suo funzionamento di personalità può essere messo in crisi:

  • da un evento improvviso
  • da una particolare fase della vita
  • dall’incontro con una persona che oltrepassa la sua corazza difensiva e fa emergere il suo conflitto psichico, tra il bisogno e la paura di essere abbandonato dall’altro.

Il sentimento che emerge è la vergogna: di sé e dei propri bisogni affettivi, ritenuti da sempre ridicoli e inaccettabili. Il controdipendente non è abituato a provare tali bisogni e a manifestarli: egli vive in uno stato di anestesia emotiva e ha difficoltà ad accedere alle proprie emozioni. Per esempio:

  • non riesce a piangere o non riesce ad essere completamente sereno
  • può essere euforico per una conquista o un successo lavorativo, ma le emozioni si rivelano fugaci e superficiali
  • gli è difficile comprendere lo stato emotivo altrui e provare empatia per l’altro.

Se i bisogni autentici sono negati con disprezzo, la propria immagine non sarà altro che un castello di carta, privo di solide fondamenta e pronto a volare via alla prima folata di vento. La persona con funzionamento controdipendente indossa una maschera del falso Sé, a difesa di quel vuoto interiore fatto di angoscia e perdita di senso. Questa maschera è caratterizzata da una certa dose di esibizionismo e grandiosità (anche nascoste), che rimane del tutto scissa dal “vero” Sé.

VICTOR SANTOS - Pexels

Uno sguardo all’attaccamento infantile: legami intermittenti

Il controdipendente lotta contro il ripetersi di un’esperienza di rifiuto e abbandono che ha vissuto spesso nelle prime esperienze di vita. Quando il bambino o l'adolescente percepisce la mancanza di calore affettivo e di supporto nell'ambiente che lo circonda, egli impara a fare da sé, sopprimendo i suoi bisogni di accudimento e ostentando una finta autonomia e un’immagine di sé che nega il sé reale.

Il controdipendente può aver sperimentato un attaccamento infantile ansioso-ambivalente: il suo oggetto d’amore (chi si è preso cura di lui) non ha corrisposto con sufficiente costanza alle richieste di presenza e di affetto del bambino e questo primo, importantissimo legame è stato caratterizzato da:

  • intermittenza
  • scarsa disponibilità
  • scarsa centralità del figlio nella mente del caregiver.

L’assenza di una fase di sana dipendenza e di una fiducia verso l’altro e lo svilupparsi di una fragilità strutturale, portano così a un’incapacità di amare in modo maturo e alla cherofobia: la paura di essere felice può derivare infatti dall'aspettativa che una relazione in cui l'altra persona finirà per essere poco presente e disponibile.

Greta Hoffman - Pexels

La psicoterapia può aiutare?

Se è presente una certa motivazione intrinseca, che origina dentro di sé, un percorso di psicoterapia può aiutare la persona con funzionamento controdipendente affrontando emozioni difficili da metabolizzare come:

  • la consapevolezza del proprio funzionamento
  • l’accettazione della propria vulnerabilità
  • il riconoscimento della presenza di una parte di sé totalmente deprivata.

Iniziare un percorso di terapia permetterà di accedere allo step successivo: il riconoscimento di una parte di sé più viva, autentica. Il controdipendente potrà finalmente lasciarsi coinvolgere e, infine, emozionarsi e amare.

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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