Il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, negli ultimi anni, si è modificato per un insieme di fattori economici, sociali e psicologici. Si è così venuto ad individuare un ulteriore stadio del ciclo di vita definito fase del “giovane adulto”, che indica la fascia d’età compresa tra i 19 e i 30 anni. Questo stadio porta con sé sfide e difficoltà peculiari: scopriamole in questo articolo.
Chi sono i giovani adulti?
Il passaggio all’età adulta non è più un evento critico ma si sta sempre di più ampliando, rendendo la fase di passaggio uno spazio liminale dai contorni sempre più indefiniti. Ci troviamo, dunque, di fronte ad uno stadio in cui l’individuo non appartiene alla fase dell’adolescenza ma, per molti aspetti, non ha ancora pienamente raggiunto l’età adulta. Indubbiamente, questa transizione è strettamente collegata ad alcuni aspetti sociali e politici, che hanno anche delle ripercussioni di carattere psicologico.
Fattori sociali
Il giovane adulto, solitamente, non ha ancora raggiunto quelli che possono essere identificati come alcuni dei compiti evolutivi propri dell’età adulta. Spesso, infatti, abita ancora con i genitori, non ha un lavoro stabile o un percorso di studi regolare e ha difficoltà a realizzare una vita di coppia.
Nel giovane adulto, quindi, il passaggio all’età adulta come realizzazione di sé e come mantenimento dell’autonomia lavorativa e affettiva conquistata è frenato. Indubbiamente, vi sono delle cause sociali e politiche che contribuiscono a questo fenomeno, come:
- una lunga permanenza nel percorso di formazione;
- l’incertezza lavorativa;
- ostacoli economici per raggiungere l’indipendenza.
Questi fattori sociali hanno scatenato una dilatazione nella fase di assunzione del ruolo di adulto indipendente dalla famiglia d’origine. Tali problematiche, infatti, ritardano e frenano le possibilità di uscita dell’adolescente dal nucleo familiare.
Fattori psicologici
Vi sono anche degli aspetti di carattere psicologico che rendono più lungo il passaggio dall’età adolescenziale a quella adulta. Uno fra tutti è il passaggio teorizzato dallo psichiatra e psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet dalla famiglia tradizionale normativa alla “famiglia affettiva”.
La famiglia tradizionale era incentrata soprattutto sulla trasmissione di valori e orientata a trasmettere regole, in cui era primario lo scopo educativo. Ciò avveniva prevalentemente tramite una modalità autoritaria a cui i minori dovevano aderire. Questo contribuiva a determinare un clima conflittuale all’interno della famiglia, dalla quale l’adolescente cercava di emanciparsi e, tramite anche la ribellione e il contrasto, ottenere una sua identità e indipendenza.
Oggi prevale invece una tipologia di famiglia definita “affettiva”, in cui il compito primario non è più cercare di trasmettere e imporre un sistema valoriale al figlio ma promuovere la circolazione di affetto all’interno del nucleo e far crescere dei figli felici.
Oppositività e conflitto
In questo quadro, l’aspirazione genitoriale è quella di farsi obbedire dai figli per amore, non per timore delle sanzioni che potrebbero, in qualche modo, incrinare il legame affettivo. Ciò porta ad un livello di conflittualità inferiore (nonostante una quota di conflittualità sia fisiologica) ed una ridotta dose di oppositività nei confronti degli adulti di riferimento.
L’oppositività e il conflitto tra genitori e figli adulti, però, sono funzionali a sostenere quei processi separativi che permettono al giovane adulto di costituire una propria identità separata ed autonoma.
Oggi, invece, i figli sono spesso cresciuti al centro delle attenzioni genitoriali, in un clima a bassa conflittualità e, pertanto, possono avere più difficoltà a realizzare i compiti di separazione-individuazione. Di conseguenza, l’identità personale si sviluppa a fatica e nasce l’insicurezza su di sé provocando un prolungamento dell’adolescenza e il non assumersi le responsabilità dell’adulto.
Inoltre, spesso attualmente il modello educativo è incentrato sulla promozione di istanze ideali troppo elevate e ciò porta gli adolescenti a crearsi identità non autentiche a costo di tentare di assecondare le aspettative di altri. Questa delicata fase di passaggio del ciclo di vita rischia così di essere un’incessante sfida per i giovani, un’eterna competizione in vista di aspirazioni irraggiungibili.
Difficoltà psicologiche
Questa fase del ciclo di vita porta con sé alcune sfide particolari sul benessere psicologico. In particolare, sono sempre più frequenti i disturbi d’ansia, causati:
- dalla confusione e dall’instabilità circa lo sviluppo dell’identità personale;
- da un sentimento di insicurezza nei confronti delle proprie capacità e risorse.
La difficoltà nel costituirsi una propria identità e quella di raggiungere l’indipendenza dalla famiglia genitoriale, determinano spesso anche disturbi dell’umore (ad esempio la depressione maggiore, la ciclotimia...) e disturbi psicosomatici. Spesso i giovani sperimentano una situazione di profondo disagio e di blocco evolutivo, che si ripercuote nella vita quotidiana, causando diverse difficoltà, come:
- l’impossibilità di intraprendere una carriera universitaria;
- la difficoltà a individuare la propria meta lavorativa;
- la difficoltà nella sfera relazionale e di coppia.
Stai attraversando questa fase di vita?
Se stai attraversando la fase di vita del giovane adulto e ti sei ritrovato nelle difficoltà di cui abbiamo parlato, potresti trarre giovamento da un percorso di supporto psicologico. Le sfide che stai affrontando possono seriamente mettere a dura prova il tuo benessere mentale e influenzare la tua vita quotidiana. Affidarti a un professionista della salute mentale può aiutarti a ritrovare il tuo benessere e a superare questo blocco evolutivo!