Benessere psicologico e autostima

Benessere psicologico e autostima
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Marta Fracasso
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Psicodinamico
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
7.2.2020
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La letteratura scientifica definisce l’autostima come “l’insieme dei giudizi valutativi che l’individuo ha di se stesso”. La valutazione che il soggetto realizza è il risultato di un costante confronto con il contesto di vita e con gli affetti, che inevitabilmente svolgono un ruolo essenziale in questo processo di costruzione.

Parliamo di “processo” perché, se pensiamo all’autostima come ad una qualità stabile della persona, perdiamo una sua caratteristica importante, ovvero quella di modificarsi di giorno in giorno, in base ai riscontri che il mondo ci dà ma soprattutto in base a quanto questi sono importanti per noi. 

In quest’articolo vedremo come si connettono benessere psicologico e autostima e come l’immagine che ognuno ha di sé è influenzata dall’opinione che l’altro ha su di noi.

 

Autostima e sviluppo del sé

Nella tradizione psicodinamica, l’autostima è strettamente connessa alle fasi di sviluppo del sé. L’autostima e le immagini di sé si sviluppano durante la prima infanzia e si formano in base alla percezione di una relazione, buona o cattiva, con le principali figure di accudimento, in cui è importante essersi sentiti o meno, bambini amati e apprezzati. Lo psicoanalista O. Kernberg sostiene che giocano un ruolo fondamentale le primissime rappresentazioni, ovvero l’immagine che il bambino ha:

  • di se stesso
  • della madre
  • delle altre figure significative

poiché una volta metabolizzate, costituiscono la misura attraverso cui valuta le future relazioni e anche se stesso.

Un test psicologico può aiutarti a capire se hai una bassa autostima
*Non ha valore diagnostico e non sostituisce una diagnosi professionale

Esperienze e aspettative

A partire da queste esperienze relazionali primarie, il bambino sviluppa poi un senso del sé che diviene via via sempre più stabile nello sviluppo. In condizioni in cui il senso del sé è fragile e precario, si possono incontrare vere e proprie difficoltà nella percezione di sé, quindi nell’autostima. In questi casi, la persona spesso ricorre a pareri esterni, per rassicurarsi e trovare conforto.

Secondo lo psicoanalista H. Kohut, la valutazione di se stessi deriva dalla relazione tra:

  • ciò che siamo (sé reale)
  • ciò che pensiamo di dover essere (sé ideale).

Quanto più è grande la distanza percepita tra i due sé, tanto minore sarà l'autostima e la capacità di amare se stessi.

L’autostima sembra derivare quindi dal confronto tra i risultati delle nostre esperienze con le nostre aspettative ideali. Tale confronto, in alcuni casi, può portare a forme di insoddisfazione, mentre in altri può essere uno stimolo di crescita, incoraggiandoci a porsi sempre nuovi obiettivi.

Nel tempo sono stati sviluppati alcuni strumenti psicologici per misurare l'autostima, tra cui test validati come la scala di Morris Rosenberg.

Etichettamento e pregiudizio

Secondo lo psicologo G. H. Mead, la percezione e il giudizio che gli altri hanno di un soggetto entra a far parte della concezione di sé di quest’ultimo. Se, ad esempio, un ragazzo a seguito di una condotta deviante, sente su di sé l’etichetta del delinquente, sarà più propenso a farla sua e a perseguire in quella condotta.

Le etichette dunque sono un segno, un vestito che ci “mettiamo addosso” e costituiscono una forte influenza, un “peso”, che a volte ci fa sentire inadeguati. Così, in situazioni di disagio o di vergogna, tendenzialmente ricerchiamo l’ammirazione degli altri oppure al contrario, in maniera difensiva, esibiamo una certa superiorità sugli altri, finendo per trattarli come sentiamo di essere trattati.


Riconoscersi una buona autostima

Riconoscersi una buona autostima significa trovare dentro noi stessi un equilibrio tra:

  • il considerare i propri punti di forza;
  • riuscire a relativizzare un insuccesso.

Tale stabilità non è sempre semplice da ottenere, spesso siamo vulnerabili e demotivati, ci arrendiamo di fronte a qualche difficoltà o fallimento, perdendo l’entusiasmo.

Iniziamo così a guardare con le lenti della “disistima”, rivolgendo l’attenzione unicamente alle nostre debolezze e, per timore di un rifiuto o di un giudizio negativo, tendiamo ad evitare anche le situazioni abituali. Si tratta di vissuti del tutto personali e soggettivi che, come abbiamo visto, hanno molto a che fare con la propria storia personale e le primissime esperienze relazionali.

L’avere fiducia in se stessi dipende dunque, più che dai successi o insuccessi ottenuti, dai criteri di valutazione che utilizziamo nel giudicare gli esiti raggiunti.

Tirachard Kumtanom - Pexels

Benessere psicologico e autostima: quale relazione?

La fiducia in se stessi influisce sul proprio benessere psicologico e gioca un ruolo sostanziale nel modo in cui affrontiamo la vita. Possedere una buona autostima significa avere maggiori:

  • apertura
  • autonomia
  • fiducia nelle proprie capacità.

Nel lavoro terapeutico è importante aiutare la persona che non riesce ad accettarsi, a prendere coscienza delle convinzioni errate che sono alla base della percezione di sé. Un percorso che va in questa direzione, può aiutare a:

  • vedersi con occhi diversi
  • darsi un’opportunità per conoscersi
  • rintracciare in se stessi i propri bisogni, i propri limiti e le proprie potenzialità.

Questo è possibile attraverso un percorso di introspezione, volto a comprendere e valorizzare la propria unicità e a far emergere le proprie risorse, trovando strategie efficaci per affrontare la propria esistenza.

Bibliografia
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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