In un ambiente ideale, la famiglia è intesa come un luogo di supporto e cura reciproca, che favorisce la crescita e lo sviluppo armonico dei suoi membri.
Accade però che alcune dinamiche disfunzionali, caratterizzate dalla violenza, possano mettere in pericolo il benessere e la salvaguardia di adulti e bambini.
In questo articolo approfondiamo il tema della violenza assistita, fenomeno riconosciuto dalla Convenzione di Istanbul come abuso psicologico sui minori. Partendo dalla definizione di violenza assistita intrafamiliare, andremo a esplorare le conseguenze su bambini e genitori, i principali riferimenti legislativi e i possibili interventi psicologici.
Cos’è la violenza assistita?
Per comprendere che cos’è la violenza assistita, riportiamo la definizione del CISMAI (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’abuso all’Infanzia), che la descrive come
“l’esperire da parte del/della bambino/a qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative adulte o minori.”
Il CISMAI include nella sua definizione di violenza assistita anche l’assistere ad atti di violenza contro animali domestici, incluso l’abbandono. Il bambino può fare esperienza di tali azioni violente in modo
- diretto, quando è presente nel momento in cui la violenza avviene
- indiretto, quando ne viene a conoscenza tramite altri o ne percepisce gli effetti, per esempio vedendo le ferite di chi subisce violenza fisica.
Violenza assistita e violenza sulle donne
La violenza assistita intrafamiliare può essere considerata l'altra faccia della violenza di genere. Nella maggior parte dei casi, infatti, gli episodi di violenza assistita ai danni dei minori si verificano in contesti di violenza domestica in cui la vittima è una donna.
Quando il ciclo della violenza investe i figli questi possono trovarsi a vivere situazioni traumatiche che includono episodi di violenza estrema, come il caso di bambini che assistono all'uccisione della propria madre.
Proteggere i bambini dalla violenza assistita è di fondamentale importanza per diverse ragioni, sia immediate che a lungo termine, legate alla loro salute, sviluppo e benessere. Purtroppo troppo spesso l'identificazione della violenza assistita avviene solo dopo che la violenza di genere subìta dalla madre è stata riconosciuta o segnalata [1].
I numeri della violenza assistita in Italia
Benché le statistiche possano variare a causa della sottostima e di difficoltà di rilevazione, studi e indagini indicano che una percentuale significativa di bambini italiani è esposta a forme di violenza domestica assistita.
Una stima sulla diffusione del fenomeno ci viene presentata nella Seconda Indagine Nazionale sul maltrattamento di bambini e adolescenti in Italia, condotta dall’associazione Terre des Hommes insieme al CISMAI.
L’indagine, realizzata tra il 2019 e il 2020, ha individuato la violenza assistita come seconda principale forma di maltrattamento, che interessa il 32,4% dei 2,1 milioni di minori reclutati. In particolare si è visto che 1 bambino su 5, fra quelli seguiti per maltrattamento, si è trovato ad assistere a violenza, di cui più spesso la vittima è la madre.
Recenti dati ISTAT sulla violenza assistita evidenziano come si tratti di un fenomeno ancora molto diffuso. Si legge infatti che “Nel quarto trimestre 2022 nel 55% dei casi le vittime con figli dichiarano che i propri figli hanno assistito alla violenza e nel 15,3% l’hanno subita loro stessi.”
Coronavirus e violenza assistita
Secondo uno studio [1] , la pandemia da Covid-19 ha visto un aumento delle segnalazioni di violenza domestica in tutto il mondo, di cui i bambini sono stati vittime secondarie.
Il lockdown ha portato anche a una diminuzione delle denunce e in parte il motivo può essere legato al mancato contatto di bambini e insegnanti, di solito in prima linea nella segnalazione della violenza assistita.
Insegnanti, personale sanitario o altre figure che hanno il ruolo di pubblici ufficiali hanno infatti l’obbligo di denunciare alle autorità i casi di maltrattamento familiare di cui sono a conoscenza o di cui sospettano l’esistenza.
La violenza assistita è reato?
Con la Legge 69 del 19 luglio 2019, nota come "Codice Rosso", la violenza assistita è stata riconosciuta come circostanza aggravante all'interno dei reati di maltrattamento domestico, disciplinati e sanzionati dall'articolo 572 del codice penale (Maltrattamenti contro familiari e conviventi).
Il Codice Penale italiano prevede diverse disposizioni che possono essere applicate in casi di reati compiuti in presenza di minori come la violenza assistita, tra cui
- l’Art. 573 (Abbandono di persone minori o incapaci): sebbene focalizzato sull'abbandono, questo articolo sottolinea l'importanza della protezione dei minori da situazioni di pericolo, che possono includere anche l'essere testimoni di violenza.
- l’Art. del codice penale 612-bis (Atti persecutori): noto anche come norma sullo "stalking", può essere invocato quando un minore è testimone di atti persecutori, soprattutto in contesti familiari. In questi casi la violenza assistita è reato perseguibile d'ufficio.
- la Legge n. 154/2001 sulla prevenzione e repressione della violenza domestica verso le donne e i minori ha introdotto importanti meccanismi di tutela che, indirettamente, riguardano anche la violenza assistita, attraverso l'implementazione di misure protettive a favore dei minori che si trovano in contesti familiari caratterizzati da violenza.
Anche la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18833 depositata il 2 maggio 2018, ha affrontato il tema della violenza assistita, confermando che il delitto di maltrattamento si configura anche nelle situazioni in cui i minori sono "involontari spettatori" di atti violenti, fisici o morali, all'interno delle mura domestiche.
La giurisprudenza riconosce dunque che la violenza assistita può far parte degli atti di violenza verso i minori, non solo quando vi è un diretto comportamento vessatorio nei loro confronti, ma anche quando creano un clima familiare oppressivo che incide negativamente sulla loro crescita.
L’autorità giudiziaria può disporre anche l’affidamento esclusivo del minore che subisce violenza assistita, al fine di assicurargli un ambiente sicuro e privo di violenza.
Conseguenze della violenza assistita
La violenza assistita, in particolare quando è persistente nel tempo, può causare non solo danni fisici ma anche un'ampia varietà di sintomi a livello cognitivo, emotivo, comportamentale e somatico, portando a condizioni complesse.
Il disturbo da stress post-traumatico complesso è uno degli esiti possibili tra diversi quadri diagnostici, che possono avere tempi di insorgenza variabili.
Oltre alle ripercussioni sulla salute fisica e psicologica ricordiamo che questa forma di maltrattamento può avere anche conseguenze per i genitori, compromettendo seriamente il loro rapporto con i figli.
Come racconta anche il film di Paola Cortellesi “C’è ancora domani”, possono venirsi a creare fratture del legame tra genitori e figli con conflitti familiari che si protraggono anche in età adulta, o alleanze familiari in cui i figli difendono la madre contro il padre.
Violenza assistita: conseguenze sui bambini
Crescere in una famiglia violenta può essere un'esperienza terrificante e traumatica che impatta su ogni aspetto della vita, della crescita e dello sviluppo di un bambino, causando effetti sulla salute a breve e lungo termine.
Le conseguenze a breve termine
I minori vittime di violenza assistita possono sentirsi colpevoli, pensando di essere loro stessi la causa dell'aggressione. Non riuscendo a cambiare la situazione, possono sperimentare anche un profondo senso di impotenza, sentimenti di vergogna e disperazione [3].
I bambini che assistono a violenza domestica subiscono un vero e proprio trauma relazionale a seguito del quale possono sviluppare problemi in diverse aree compromettendo:
- lo stile di attaccamento: spesso attaccamento disorganizzato e violenza assistita sono uno la conseguenza dell’altra
- la regolazione delle emozioni: la disregolazione emotiva e la somatizzazione delle emozioni possono essere conseguenze frequenti
- la coesione del sé: sintomi dissociativi, tra cui derealizzazione e depersonalizzazione, possono essere meccanismi di difesa dal trauma
- il controllo del comportamento: alcuni possono diventare bambini oppositivi o manifestare aggressività e violenza verso gli altri
- la sfera sociale: possono presentarsi difficoltà scolastiche o il coinvolgimento in episodi di bullismo.
Ricordiamo poi che, nel breve termine, i figli che assistono a scene di violenza in famiglia (in particolare quando cercano di difendere la vittima) sono maggiormente a rischio di vivere sulla propria pelle altre forme di abuso come la violenza psicologica, fisica e sessuale e il neglect.
Le conseguenze a lungo termine
Le conseguenze della violenza assistita rendono i bambini più esposti al rischio di conseguenze a lungo termine che compromettono la salute psicologica, tra cui:
- bassa autostima
- disturbi da stress post traumatico
- disturbi alimentari
- abuso o dipendenza da sostanze
- depressione o altri disturbi dell’umore [3].
I bambini esposti alla violenza assistita hanno inoltre maggiori probabilità di diventare vittime o autori di violenza, colpendo a loro volta le nuove generazioni (trasmissione intergenerazionale del trauma) [2].
Il documento ISTAT del 2014 “La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia” riporta che i figli che subiscono le conseguenze psicologiche di un padre violento hanno una probabilità maggiore di interiorizzare gli stereotipi di genere e diventare violenti a loro volta con le future partner, mentre le figlie hanno maggiori probabilità di diventare vittime di violenza nella coppia.
Violenza assistita: interventi possibili
La lotta contro la violenza assistita richiede un approccio multidisciplinare che integri interventi legali, psicologici e educativi. Solo attraverso una collaborazione sinergica tra servizi sociali, istituzioni giudiziarie, scuole e strutture sanitarie è possibile garantire ai minori una protezione efficace e promuovere percorsi di recupero e di crescita sana.
Le linee guida CISMAI
Il CISMAI ha elaborato delle linee guida per gli interventi in caso di violenza assistita, sintetizzate in un documento [3] in cui si sottolinea l’importanza di alcuni elementi chiave della presa in carico delle vittime:
- un concetto ampio di protezione, che includa non solo il lavoro con le vittime ma anche con le figure maltrattanti
- la necessità di cure, come forma di protezione per le possibili conseguenze dei traumi infantili
- la diffusione di una cultura del rispetto dell’altro
- la prevenzione della violenza
- una presa in carico multidisciplinare.
Le linee guida per gli interventi nei casi di violenza assistita si concentrano principalmente sui casi di maltrattamento delle madri, ma prendono in considerazione anche i casi in cui i minori hanno vissuto, direttamente o indirettamente, il trauma dell’omicidio/suicidio del padre o della madre o ancora in cui ci siano stati maltrattamenti subiti da fratelli e sorelle.
Il ruolo dello psicologo nei casi di violenza intrafamiliare
Lo psicologo gioca un ruolo cruciale nel contesto della violenza intrafamiliare, offrendo supporto e interventi specializzati alle vittime, agli autori della violenza e ai membri della famiglia esposti, come i bambini testimoni.
Alcuni aspetti fondamentali del ruolo dello psicologo in questi contesti possono includere:
- la valutazione e la diagnosi: il processo diagnostico consente di identificare i bisogni specifici di ciascun membro della famiglia e di pianificare un percorso terapeutico personalizzato
- il supporto psicologico ai genitori: interventi a favore dei genitori nei casi di violenza assistita, tra cui la mediazione familiare, possono facilitare il dialogo tra i membri della famiglia per promuovere la comprensione, la comunicazione efficace e la risoluzione dei conflitti
- l’intervento con l’autore della violenza, per affrontare le questioni sottostanti come problemi di gestione delle emozioni come la rabbia, abuso di sostanze o traumi passati, e sviluppare abilità di relazione più sane
- l’aiuto ai bambini vittime di violenza assistita, volto ad offrire loro un contesto sicuro in cui comprendere ed elaborare le loro esperienze, favorendo la resilienza e il benessere emotivo.
Approfondimento: libri sulla violenza assistita
Diversi libri trattano il tema della violenza assistita, offrendo sia prospettive accademiche che testimonianze personali. Questi lavori possono favorire una comprensione più profonda delle dinamiche della violenza assistita, dell’impatto psicologico sui bambini e degli interventi possibili.
Ecco una selezione di titoli che potrebbero essere di interesse:
- Proteggere i bambini dalla violenza assistita. Riconoscere le vittime, E. Buccoliero, G. Soavi, Franco Angeli
- La violenza assistita. Da fenomeno a reato, G. Crovetti, C. Depalmas, Aracne editore
- Bambini e violenza in famiglia. L’intervento psicoterapeutico con minori testimoni di violenza, A. F. Lieberman, P. Van Horn, Il Mulino
- Violenza assistita, separazioni traumatiche, maltrattamenti multipli. Percorsi di protezione e di cura con bambini e adulti, R. Luberti, C. Grappolini, ed. Erickson
- La voce nel silenzio. La violenza assistita, M. G. Cilio, C. Depalmas, Aracne editore.
- Il «danno invisibile» nella violenza assistita da minori tra aspetti penali, civili e psicologici, S. Mazzaglia, Edizioni Univ. Romane, 2010
- Violenza assistita e percorsi d’aiuto per l’infanzia, I. Bertacchi, S. Mammini, M. G. Anatra, ed. Erickson
Bibliografia
- [1] Carnevale, S., Di Napoli, I., Esposito, C., Arcidiacono, C., & Procentese, F. (2020). Children witnessing domestic violence in the voice of health and social professionals dealing with contrasting gender violence. International journal of environmental research and public health, 17(12), 4463
- [2] Cappa, C., & Jijon, I. (2021). COVID-19 and violence against children: A review of early studies. Child Abuse & Neglect, 116, 105053
- [3] Gualco, B., Rensi, R., & Fossa, G. (2017). Violenza assistita e comportamenti devianti dei giovani in Italia: i risultati dell’International Self-report Delinquency Study-3. Rassegna Italiana di Criminologia, (2), 104-114.