La traumatizzazione vicaria, o stress traumatico secondario, è una forma di stress psicologico che si manifesta quando una persona sviluppa sintomi simili a quelli di un trauma pur non essendo stata direttamente esposta all'evento traumatico.
Questo fenomeno riguarda principalmente i professionisti che lavorano a stretto contatto con persone che hanno subito traumi, come psicologi, psicoterapeuti, assistenti sociali, infermieri e operatori umanitari.
La traumatizzazione vicaria avviene attraverso l'ascolto continuo delle storie traumatiche degli altri, portando a un progressivo accumulo di stress emotivo.
Per esempio, per quanto riguarda l’area delle emergenze, vi sono diversi livelli in cui le vittime vengono classificate. Coloro che sono esposti personalmente all’evento traumatico sono considerati vittime di primo livello. Seguono poi le famiglie e i professionisti sanitari, inclusi nel terzo livello.
Ciò significa che, nonostante non siano spettatori diretti, i professionisti della salute comunque possono “assorbire“ gli effetti del trauma sviluppandone uno a loro volta.
La concettualizzazione del trauma vicario
Il concetto di traumatizzazione vicaria è stato introdotto formalmente dalle psicologhe cliniche Laurie Anne Pearlman e Karen Saakvitne loro libro Trauma and the Therapist: Countertransference and Vicarious Traumatization in Psychotherapy with Incest Survivors (1995).
Tuttavia, i concetti alla base di questa idea hanno radici più antiche, collegate all'idea di stress da compassione e burnout, fenomeni già studiati negli anni precedenti.
Figley (1995) ha formulato il concetto di compassion fatigue fornendo un quadro per comprendere come l'empatia e l'esposizione continua alla sofferenza altrui possano avere un impatto psicologico significativo sui professionisti dell'aiuto. Questo concetto ha aperto la strada a studi successivi sull'importanza del benessere dei soccorritori e dei professionisti sanitari.
Uno dei contributi teorici più significativi è quello di McCann e Pearlman (1990) con la loro Constructivist Self Development Theory (CSDT). Questa teoria esplora come le persone costruiscono e organizzano il proprio senso del sé e del mondo attraverso esperienze, con particolare attenzione al ruolo delle esperienze traumatiche.
Il trauma vicario secondo la Constructivist Self Development Theory
Secondo la CSDT, la traumatizzazione vicaria si verifica quando i professionisti vengono esposti ai racconti di traumi e questa esposizione altera la loro percezione del mondo, del sé e degli altri, influenzando negativamente la loro capacità di funzionare e la loro salute mentale.
Alla base di questo modello vi sono quattro aree di funzionamento che sperimentano un cambiamento negativo o comunque disfunzionale:
- senso di sé
- gestione delle emozioni
- relazioni interpersonali
- sistemi di credenze
Nell'area della cognizione, ossia della percezione del mondo e di noi stessi, vi sono dei cambiamenti riguardo le convinzioni e i valori che impattano l’originaria visione nei confronti degli altri.
Le emozioni vengono sperimentate in maniera più intensa e negativa. Per esempio la paura, la rabbia e la disperazione sono più simili a quelle espresse dai pazienti.
Il professionista perde quella capacità di “contenitore” e non riesce più a rielaborare il vissuto doloroso dell’altro per restituirlo in maniera più funzionale e integrata. La funzione di specchio viene meno e il professionista stesso è inghiottito nel vortice delle emozioni negative.
Una terza sfera che subisce una compromissione è quella delle relazioni interpersonali che vede il professionista sempre più isolato e alienato nel suo mondo.
Infine l’ultima area toccata è quella della spiritualità dove vi possono essere vere e proprie crisi che inducono a un cambiamento di credenze spirituali o religiose.
In cosa consiste il trauma vicario?
Il trauma vicario non deriva dall'esperienza diretta di un evento traumatico, ma dall'empatia verso le persone traumatizzate e dal continuo confronto con le loro storie dolorose.
I professionisti della salute mentale, per il ruolo che svolgono, sono particolarmente soggetti a questa condizione, poiché possono entrare in contatto quotidiano con le esperienze altamente drammatiche dei loro pazienti.
Questo continuo assorbimento di emozioni intense e dolorose può influire sulla loro salute psicologica, portando a un'esperienza simile al trauma vissuto dai pazienti e generando così una traumatizzazione nel terapeuta stesso.
È pur vero che l’indole, il percorso professionale, il continuo aggiornamento e confronto con i colleghi, sono fattori prognostici positivi per fronteggiare il trauma vicario.
Differenze tra traumatizzazione vicaria e altri tipi di stress
In primo luogo, è necessario fare chiarezza su alcuni termini che vengono usati indifferentemente ma che, in realtà, non sono propriamente sinonimi.
La traumatizzazione vicaria si manifesta con sintomi di stress post-traumatico (flashback, evitamento, ansia) in risposta all'esposizione indiretta al trauma altrui.
La compassion fatigue invece, riguarda l’esaurimento emotivo dovuto all'atto di prendersi costantemente cura di persone in situazioni di sofferenza. È meno legato alla specificità del trauma e più al prolungato coinvolgimento emotivo. Il posporre la propria persona, i propri spazi e interessi per il bene del prossimo può generare, a lungo andare, un esaurimento delle proprie risorse.
La compassione e l'empatia dimostrate dai professionisti sanitari, dei servizi di emergenza e dei servizi sociali possono risultare costose dal punto di vista psicologico, mentale ed economico e avere un impatto negativo anche sulle loro famiglie e sulle organizzazioni per cui lavorano.
Un altro aspetto del trauma vicario è il burnout dello psicologo, cioè un esaurimento fisico, emotivo e mentale causato da uno stress lavorativo cronico, spesso dovuto a carichi di lavoro eccessivi, mancanza di risorse o di supporto organizzativo.
Il burnout è legato alla durata dell’esposizione allo stress alla quale il professionista è sottoposto, alla cattiva gestione e quindi alla modalità lavorativa, nonché al deterioramento e alle difficoltà legate alle relazioni in ambito lavorativo.
Le ripercussioni, però, vanno a danneggiare anche altre aree del funzionamento della persona che, impotente di fronte alle richieste eccessive (o percepite tali) dell’ambiente, non troverà più un limite e porterà il proprio malessere anche nell’ambito privato.
Sintomi del trauma vicario e segnali da riconoscere
La sintomatologia del trauma vicario è caratterizzata da esaurimento, rabbia e irritabilità, comportamenti di coping negativi, inclusi abuso di alcol e droghe, ridotta capacità di provare simpatia ed empatia, un senso diminuito di soddisfazione o piacere nel lavoro, aumento dell'assenteismo e una capacità compromessa di prendere decisioni e di prendersi cura dei pazienti.
Gli effetti negativi della cura sono amplificati dalla gravità del materiale traumatico a cui il caregiver è esposto, come il contatto diretto con le vittime.
Per quanto riguarda le emozioni, si possono verificare episodi di ansia, depressione e umore deflesso accompagnato da un senso di impotenza. Quando queste emozioni raggiungono una dimensione insostenibile, possono trasformarsi in comportamenti disfunzionali talvolta pericolosi.
Da un punto di vista cognitivo, anche per il trauma vicario, sono inclusi i flashback e pensieri intrusivi oltre che difficoltà di concentrazione e capacità di prendere decisioni.
Per quanto riguarda il comportamento, tutto ciò che può ricordare il trauma viene evitato oppure iper controllato, favorendo un distacco emotivo che funge da corazza emotiva.
Il corpo accusa il colpo con sintomi quali insonnia, affaticamento, mal di testa o dolori muscolari. Apparentemente slegati tra loro, inizialmente non se ne comprende la natura, finché non si raggiunge un livello soglia piuttosto elevato che blocca la persona, costringendola a fare ricorso a farmaci e terapie.
A livello relazionale emerge la difficoltà nel mantenere rapporti personali. Chiusura e isolamento tendono a impedire il normale funzionamento sociale.
Perché i professionisti della salute mentale sono vulnerabili
I professionisti della salute mentale sono vulnerabili a questa condizione poiché il coinvolgimento empatico e il confronto quotidiano con sofferenze intense possono esaurire le loro risorse. Turni lunghi e orari notturni con riprese del lavoro dopo poche ore, non consentono un’adeguata gestione dello stress e del carico emotivo.
Inoltre, la responsabilità di assistere persone in grave difficoltà può far sentire i professionisti sopraffatti o impotenti di fronte alla gravità delle situazioni che affrontano.
Per prevenire la traumatizzazione vicaria, è essenziale che i professionisti della salute mentale adottino pratiche di autocura, ricevendo supporto tramite una supervisione regolare e prendendo pause necessarie per ricaricarsi emotivamente.
Non sempre le strutture forniscono un adeguato supporto psicologico o programmi di aiuto per i professionisti sanitari, soprattutto in condizioni di emergenza e conflitto.
Il valore della cura di sé
Il trauma vicario è riconosciuto come un fenomeno che può avere conseguenze serie sul benessere di chi lavora con persone che hanno subito traumi e richiede strategie di prevenzione e supporto per garantire la salute mentale dei professionisti.
Lavorare sulla prevenzione resta di fondamentale importanza. Tutto ciò che può fornire sostegno e supporto agli operatori è indice di un buona prognosi per l’eventuale risoluzione del trauma vicario e dei correlati sintomatici.
Programmi di benessere aziendale, psicoeducazione, formazione nella psicologia dell’emergenza e modelli simili, possono essere un valido aiuto per i professionisti sanitari, i soccorritori e tutte quelle figure implicate nelle professioni di aiuto. Imparare a prendersi delle pause in terapia, dedicarsi ad attività divertenti, comprendere i propri bisogni e dedicarsi alla cura di sé, possono essere alcuni traguardi per il professionista che dedica molto tempo al benessere dei suoi pazienti.