Gli errori, come ci dice anche la cultura popolare, sono naturali ed essenziali per crescere ed accumulare esperienza. Eppure sempre più persone manifestano difficoltà nell’esporsi a situazioni in cui potrebbero sbagliare, vivendo l’esperienza come una vera e propria catastrofe.
“Gli errori sono necessari, utili come il pane e spesso anche belli: per esempio la torre di Pisa”
da "Il libro degli errori" di Gianni Rodari
Cosa si nasconde dietro la paura di sbagliare?
Da cosa deriva il pensiero che lo sbaglio è assolutamente da evitare? Ecco i quattro tipi di paure responsabili della paura di commettere errori.
1. L’ipergeneralizzazione
“Se sbaglio il rigore allora sarò un perdente”
Il meccanismo di ipergeneralizzazione è la tendenza a trarre una regola universale da un singolo evento negativo. Le persone che ricorrono a questa modalità di pensiero spesso non tentano perché fallire sarebbe una dimostrazione della loro inadeguatezza. All’errore segue il pensiero “Non valgo nulla”, spesso dettato da fattori quali: scarsa autostima, esperienze di errori vissuti, ambiente estremamente giudicante. Il risultato è che la paura di commettere errori scoraggia il mettersi alla prova.
2. Il procrastinare
“Più tardi mi metto a studiare”
Rimandare una decisione all’infinito è un modo in cui di fatto si sfugge alla decisione e alla possibilità di sbagliare e di commettere un errore. Invece di iniziare a fare i compiti, lo studente dice a se stesso che lo farà più tardi. E quando sarà tardi si giustificherà dicendo che non ha avuto abbastanza tempo, di fatto non assumendosi la responsabilità delle proprie scelte.
3. L’Indecisione
“Compro la maglia rossa o quella nera?”
Spesso anche le più piccole decisioni, come scegliere un capo di abbigliamento, possono mettere in crisi una persona, che alla fine non sceglierà o aspetterà talmente tanto che qualcun altro lo farà al suo posto. Dietro questa angoscia spesso si cela una grande paura di fare “la scelta sbagliata”. Prendere una decisione, al contrario, implica accettare di poter sbagliare. Progetti mai realizzati, occasioni sprecate: l’indecisione costringe a rimanere ai margini della propria vita.
4. Il perfezionismo
“Se il lavoro non è come dico io allora è meglio che non lo faccia, le cose vanno fatte al meglio”
Chi teme maggiormente l’errore, quasi fosse una vera e propria fobia, è il perfezionista. Commettere un errore o effettuare una prestazione al disotto delle proprie (spesso irrealistiche) aspettative equivale ad una vera catastrofe. La performance diventa la misura della stima di sé, un’idea questa che si viene a sviluppare già durante l’infanzia.
Da dove viene il perfezionismo?
I perfezionisti hanno imparato che il proprio valore intrinseco, inteso non solo rispetto alle competenze ma anche alla capacità di essere amati e apprezzati, è legato alla propria performance. È il caso, ad esempio, di quei bambini che vengono lodati e gratificati solo per i loro risultati positivi in ambito scolastico o sportivo, mentre gli viene negato affetto e stima nel momento in cui le loro performance non corrispondono alle attese.
È evidente come la società si muova in questa direzione già dai tempi della scuola, andando a caccia di errori e sottraendo i voti, invece di valorizzare le competenze degli allievi. La prestazione diventa condizione necessaria per essere apprezzati e accettati nella società: si diventa così poco tolleranti rispetto alle incertezze nel lavoro, nella vita relazionale e in tutti gli ambiti.
Le conseguenze di questo modo di pensare portano spesso all’ansia da prestazione e in generale a risultati mediocri per mancanza di audacia. La persona rimane così in balia della paura e di fatto non agisce. Per imparare dai propri errori è necessario ammettere che sbagliare è la dimostrazione di avere agito, la possibilità che ci si concede di poter imparare.
Come imparare a tollerare gli errori?
Osservare le sfumature
“La verità sta nelle sfumature”
Charles Bukowski
I successi, come i fallimenti, sono sempre parziali. Per gli adulti mettere in discussione un modo di pensare consolidato può essere difficile. Ecco due esercizi per imparare ad accogliere una nuova idea: il fallimento può avere diverse sfumature:
- Prendendo come riferimento una scala che va da 0 a 10, con una crocetta indicate su una linea i successi e gli insuccessi inerenti a diverse abilità. Questa semplice tecnica è utile a migliorare la percezione di sé, ridefinendo il proprio senso di capacità nell’affrontare le sfide di ogni giorno.
- Un'altra strategie per guardare da una prospettiva diversa i propri fallimenti consiste nel considerare gli effetti delle azioni percepite come sbagliate e dannose. Non tutti gli insuccessi si equivalgono in termini di prestazione: le persone che hanno il timore di sbagliare non commettono poi così tanti errori come pensano.
Accettare le sfide
La sfida per i perfezionisti consiste nell’accettare e integrare una parte di errore nelle loro vite. Per fare ciò è utile apprendere che l’errore non è qualcosa di definitivo e invalidante e che anche nella vita delle altre persone l’errore è presente.
Un esercizio utile a tal proposito è rivalutare le scelte e i comportamenti delle persone che si conoscono, utilizzando il proprio senso ipercritico sugli altri. In questo modo ci si rende conto che nonostante i numerosi errori nelle scelte e comportamenti degli altri, questi riescono comunque a raggiungere degli obiettivi.
Dal momento in cui una persona agisce è esposta al rischio di sbagliare. L'unico modo per essere sicuri di non sbagliare sarebbe il non agire, il che rende assai probabile il rimpianto.
Il rimpianto peggiore
“Posso accettare di sbagliare. Tutti sbagliano in qualcosa. Quello che non posso accettare è il fatto di non averci provato”
Michael Jordan
La maggior parte delle persone preferisce un rimorso a un rimpianto. Spesso non agire ci porta a rimurginare su tutti i possibili scenari, impedendoci di progredire.
Questo concetto è ben espresso nel film del 2009 Mr. Nobady, il cui protagonista viaggia mentalmente in numerosi futuri possibili, interfacciandosi con possibili sé sempre imperfetti ed esposti a nuove scelte decisive. Mr. Nobady ci insegna a non temere gli errori e a domandarci: "cosa posso imparare da questo errore?".
La bussola degli errori
Nella vita ci sono diverse figure che da bambini ci guidano nel prendere decisioni e fare scelte, come i genitori e gli insegnanti. Spesso i genitori si rivolgono al figlio che ha sbagliato rassicurandolo e rammentandogli che “l’importante è non sbagliare una seconda volta”. Questo approccio, seppur benevolo, rischia di essere poco efficace. Infatti questa frase può generare ansia e trasmettere al bambino l’idea che non avrà più scuse, come se in merito a quella situazione non avesse più il diritto di sbagliare. Ciò può spianare la strada al perfezionismo.
Più adatta può essere una prospettiva di scoperta, perché questa è la vera funzione dell’errore: quella di guidarci sul cammino di conoscenza che stiamo percorrendo. La conoscenza di sé non funziona per memorizzazione, come nella didattica frontale, né per imitazione supervisionata, come quando ci impara a dipingere, ma procede per tentativi ed errori.
Quando scegliamo di fare uno sport per assecondare i nostri amici o un corso di studi per soddisfare le aspettative familiari, il fallimento può essere doloroso perché temiamo di aver deluso le aspettative altrui. Prendere atto che non si sta facendo ciò che si desidera veramente può aiutare a guardare altrove e trovare il proprio posto nel mondo tramite tentativi diversi. Il fallimento non sarà più un metro di giudizio di sé, ma una bussola che farà da guida nelle proprie scelte.