Psicologia dello sport
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Lo psicologo dello sport: specializzazione e opportunità

Lo psicologo dello sport: specializzazione e opportunità
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Laura Castellan
Redazione
Psicologa ad orientamento Analitico Transazionale
Unobravo
Pubblicato il
19.6.2024

La psicologia è una scienza con un vasto numero di applicazioni. Una delle più recenti è quella legata all’ambito sportivo, oggetto di crescente interesse. Ma cosa fa esattamente uno psicologo sportivo e come lo si diventa? Qual è la differenza rispetto al mental coach

Chi è lo psicologo dello sport

La psicologia dello sport studia i fattori cognitivi ed emotivi legati alla prestazione sportiva e al benessere dell’atleta. Uno dei suoi obiettivi principali è quello di sostenere la persona affinché possa raggiungere una prestazione ottimale: mentre l'allenatore si occupa di migliorare la prestazione sportiva, spesso concentrandosi sulla performance fisica, lo psicologo assiste gli atleti e lavora sulle cosiddette mental skills per aiutarli a raggiungere calma, concentrazione e grinta. 

Lo psicologo sportivo, quindi, è quella figura che si occupa del benessere psicologico dell’atleta, il quale può essere sottoposto a livelli di stress importanti e, in risposta a questo stress, può adottare autonomamente strategie di coping, come ad esempio attuare comportamenti superstiziosi, per aumentare il senso di controllo e rassicurazione.

Il CNOP ha individuato diverse aree nelle quali lo psicologo dello sport può intervenire, tra queste:

  • relazione tra percezione, rappresentazione e condotta motoria,
  • fattori che influenzano la prestazione sia a livello individuale che di gruppo, come quelli interpersonali o intrapersonali, situazionali o motivazionali,
  • tecniche efficaci a preparare mentalmente l’atleta alla competizione,
  • tecniche di autoregolazione psicofisiologica e cognitiva,
  • dinamiche di gruppo e leadership.

Il lavoro dello psicologo sportivo con gli atleti

Uno degli autori italiani più eminenti nella psicologia dello sport è Flavio Nascimbene, psicoterapeuta e professore presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Nel suo libro Guida alla Psicologia dello Sport 2011. Verso un approccio relazionale-ipertestuale (2011) offre una buona panoramica del lavoro con gli sportivi.

Il primo passo per il professionista è effettuare una valutazione psicodiagnostica del singolo atleta o della squadra per individuare attitudini, aree di difficoltà o eventuali disturbi.

Successivamente, nel lavoro individuale si utilizzano varie tecniche per rafforzare le capacità di attenzione e autoregolazione, oltre alla motivazione.

Il lavoro con le squadre

Lo psicologo dello sport si avvale anche di strumenti specifici per il lavoro con i gruppi. Tra questi, il sociogramma di Moreno è tipicamente utilizzato per un’indagine psico-sociologica della squadra, che consideri la leadership, la gerarchia e l’esistenza di eventuali sottogruppi.

Dopo una prima fase di assessment dei rapporti tra gli atleti, lo psicologo studia azioni e progetti specifici per lavorare sul team building, sulla comunicazione e sulla creazione di obiettivi condivisi per sostenere la performance. 

Tecniche e strumenti della psicologia dello sport

Sebbene non esista una formazione universitaria specifica in psicologia dello sport, per un professionista che decide di dedicarsi a questa specializzazione è opportuno acquisire una serie di competenze e strumenti utili per poter svolgere un lavoro 

ottimale con l’atleta o la squadra.

Scopriamo insieme alcune di queste tecniche. 

Il goal setting

Qualsiasi percorso valido non può prescindere da una direzione ben definita. Proprio per questo, uno dei primi passi nel lavoro con l’atleta è quello di sostenerlo nella costruzione di obiettivi specifici, che gettino le basi per una buona preparazione.

La psicologia dello sport si serve di tecniche di goal setting, utili tra l’altro anche in altri ambiti prestazionali, per accompagnare lo sportivo in questa fase. Questo processo è tutt’altro che banale e richiede specifiche conoscenze (Bird M. et al., 2023) per stabilire una forma di collaborazione con l’atleta e individuare i suoi punti di forza e le sue debolezze. 

Tecniche di rilassamento

Una delle chiavi principali di una buona performance è la gestione dell’attivazione fisiologica: per questo, tecniche che permettano il raggiungimento di uno stato di calma sono fondamentali prima e dopo la prestazione. Tra queste, le più utilizzate sono la pratica respiratoria, il training autogeno e le tecniche di visualizzazione.

Un articolo del Journal of Sports offre un’interessante meta-analisi sui risultati di tali strumenti sull’ansia da competizione. Tale ansia si manifesta solitamente con “[...] aspettative negative sul successo o sull'autovalutazione, discorsi negativi su se stessi, incapacità di far fronte alla situazione, preoccupazione per la prestazione, paura di fallire, incapacità di concentrarsi e restringimento dell'attenzione” (Sudhir M. et al., 2019).

Allineamento ideo-motorio

L’allenamento ideomotorio è uno dei principali strumenti della psicologia dello sport. Si basa sull’effetto Carpenter, tale per cui la visualizzazione di un comportamento motorio produce un’attivazione neuro-muscolare simile a quella che si avrebbe nell’esecuzione reale di quel movimento. La ripetizione di queste visualizzazioni consente migliori performance e permette di ottimizzare il recupero sia nei tempi di riposo che in quelli successivi a un infortunio.

Diverse sono le ricerche a riguardo, ma particolarmente interessante può essere la lettura di una meta-analisi molto recente (Simonsmeier B. et al., 2020), che ha rilevato come immaginare il movimento, unito alla pratica fisica, sia più efficace della sola pratica fisica e che maggiori sono le sessioni, maggiore è l’efficacia dell’intervento. 

Biofeedback

Un altro strumento notevolmente prezioso è il biofeedback, tecnica volta alla modulazione dei processi psicofisiologici il cui utilizzo consente di lavorare in modo efficace sulla regolazione dell’attivazione e dello stress.

Tra i benefici che il biofeedback può portare agli atleti troviamo (Liparoti M., Lopez E., 2021):

  • maggiore consapevolezza e possibilità di agire sulle funzioni fisiologiche,
  • prevenzione degli infortuni,
  • aumento quantitativo delle abilità a disposizione e incremento qualitativo di quelle già in suo possesso,
  • miglioramento della qualità della vita dovuto a una maggiore capacità di affrontare in modo più efficace situazioni di ansia e stress anche non correlate direttamente all’attività sportiva.

Il sostegno psicologico nel mondo dello sport

Come sostiene l’AASP (Association for Applied Sport Psychology), la psicologia dello sport non mira in modo superficiale a far “vincere” l’atleta, ma punta al benessere complessivo della persona.

Proprio perché l’interesse primario è la salute, un esperto in questa disciplina lavora non solo con gli atleti, ma anche con chi li circonda: genitori, allenatori, dirigenti, staff. I destinatari vengono coinvolti sia separatamente che insieme, per lavorare sul miglioramento della comunicazione e dei rapporti reciproci.

Nascimbene sottolinea come la psicologia dello sport sia una disciplina aperta all’influenza di altre dottrine, come la pedagogia e la filosofia. Per questo, è fondamentale organizzare corsi di formazione per tecnici, allenatori, arbitri e genitori, utili a diffondere le conoscenze indispensabili per la creazione di un ambiente sano per l’atleta. Questo è imprescindibile, soprattutto nel lavoro con l’età evolutiva, che prevede sempre un’ottica sistemica. 

Non solo prestazione

La carriera sportiva di un atleta è costellata di momenti difficili. Tra questi, uno dei più sfidanti è quello successivo a un infortunio. In questo caso, l’intervento dello psicologo può essere molto utile per dare sostegno emotivo e ottimizzare i tempi di recupero, per esempio attraverso l’allenamento ideomotorio.

Non solo, il suo contributo è fortemente richiesto anche a conclusione della carriera: lo sportivo va supportato nell’elaborazione del lutto connesso alla perdita del suo lavoro e nella creazione di nuovi obiettivi. 

Lo psicologo dello sport nelle grandi competizioni

È soprattutto nelle grandi competizioni, come Olimpiadi e Mondiali, che il ruolo dello psicologo dello sport diventa più importante per l’atleta, la squadra e i preparatori atletici.

In che modo gli atleti professionisti possono essere supportati in queste occasioni?

Nell’immaginario collettivo, Olimpiadi, campionati mondiali ed europei sono le competizioni sportive per eccellenza: rappresentare il proprio Stato, competere con atleti da tutto il mondo e avere un ruolo più o meno fondamentale all’interno di una squadra, può far sì che gli sportivi si carichino di molte responsabilità e aspettative su se stessi.

Anche i media contribuiscono a creare una narrazione collettiva e irrealistica dell’atleta. Tale narrazione può influenzare lo stato d’animo dello sportivo alimentando aspettative troppo elevate: l’atleta finisce per essere identificato esclusivamente con il suo risultato, mettendo in secondo piano i sacrifici e le rinunce alle quali si è sottoposto per migliorare le proprie prestazioni.

Prima, durante e dopo la gara, tra le emozioni più provate dagli atleti troviamo:

  • paura di infortunarsi, di non raggiungere i risultati attesi e deludere i tifosi, gli allenatori o i compagni di squadra
  • insicurezza e bassa stima di sé, soprattutto se il risultato portato in gara non è coerente alle aspettative proprie e degli altri
  • ansia che, se non controllata, può influire negativamente sulla prestazione
  • rabbia e frustrazione che possono avere un impatto sulla performance
  • stress negativo.

Inoltre, quando compete in squadra, l’atleta entra in contatto anche con le emozioni dei suoi compagni per periodi prolungati: questo potrebbe influenzare il suo stato d’animo, sia negativamente che positivamente.

Lo psicologo dello sport deve quindi lavorare sulla gestione delle emozioni con tutti gli attori coinvolti, sia attraverso sessioni individuali che di squadra. Lo stato emotivo può impattare sulla prestazione, motivo per cui è necessario affrontare la gara con il giusto mindset e una strategia adatta a fronteggiare lo stress. 

Ecco alcuni aspetti sui quali lo psicologo dello sport può intervenire, sia nella fase di preparazione che in quella successiva alla gara:

  • controllo delle emozioni, in particolare nel pre-gara, insegnando all’atleta a cogliere positivamente i cambiamenti del suo corpo come, per esempio, l’aumento del battito cardiaco 
  • focus sul processo e non sul risultato, per facilitare l’individuazione degli ambiti di miglioramento
  • team building e sessioni di gruppo, per favorire l’unità della squadra 
  • capacità di adattamento alle condizioni esterne e a tutti quei fattori variabili che possono influenzare la gara
  • preparazione al risultato e accettazione del fallimento
  • miglioramento dell’autoefficacia come fiducia nelle proprie capacità e nei propri mezzi e sviluppo di un senso di efficacia collettiva nella squadra.

Come diventare psicologo dello sport

Per poter lavorare nel mondo dello sport, in Italia uno psicologo deve conseguire una laurea magistrale in Psicologia e iscriversi all’Albo degli Psicologi. I suoi interventi non sono legati solamente alla performance, ma alla persona: deve perciò essere in grado di eseguire una diagnosi e avere conoscenze cliniche per dare supporto e individuare necessità di invio a una psicoterapia.

Sono queste le competenze che differenziano un professionista specializzato in psicologia dello sport da un mental coach, una figura che lavora esclusivamente sulla motivazione dell’atleta.

La specializzazione in psicologia dello sport

In Italia, per diventare psicologo dello sport, non è obbligatoria una formazione specifica nella psicologia sportiva e non esiste attualmente un albo specifico. Questo però non significa che ci si possa improvvisare.

Per poter lavorare in modo efficace, servono infatti delle conoscenze acquisibili attraverso un Master specifico su psicologia e sport. In Italia ne esistono diversi: il suggerimento è quello di preferire un percorso formativo completo, che nei suoi moduli preveda anche quelli rispetto al lavoro con le squadre e con le famiglie. 

Non sono necessari, invece, un tirocinio specifico, né una specializzazione in psicoterapia. Tuttavia il CNOP suggerisce alcune discipline che potrebbero supportare il professionista nello svolgimento della sua attività, come per esempio la psicobiologia, la psicometria, la psicologia del lavoro e delle organizzazioni.

Sbocchi lavorativi

Il bisogno di interventi psicologici nelle società sportive è in crescita, basti pensare a come le scuole calcio debbano necessariamente avvalersi di progetti con uno psicologo per ottenere il titolo di “scuola calcio élite”.

A tal proposito, la FIGC (Federazione Italiana Giuoco Calcio) ha pubblicato delle Linee guida per l’attuazione del progetto di Psicologia dello Sport nella Scuola Calcio.

Non sempre, però, le società sportive sono disposte ad assumere: generalmente lo psicologo dello sport lavora in regime autonomo e si rende disponibile privatamente per seguire atleti o fare formazioni e team building all’interno di contesti più ampi.

Altri contesti nei quali lo psicologo dello sport potrebbe trovare spazio sono:

  • la scuola, grazie ai programmi di educazione sportiva
  • gli enti locali e le ASL attraverso politiche di promozione dello sport
  • le associazioni sportive interne alle Università
  • palestre e strutture ludico-sportive

È anche possibile lavorare nella ricerca, per esempio nell’AIPS, oppure, grazie alle competenze acquisite, anche in settori come quello musicale e artistico.

BIBLIOGRAFIA

  • Carpenter W.B., 1894, Principles of mental physiology. With their applications to the training and discipline of the mind, and the study of its morbid conditions, Cambridge University Press, Cambridge
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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