Anche se può sembrare una parola difficile da comprendere, la “mentalizzazione” è in realtà un concetto antico quanto la capacità umana di essere consapevoli di sé.
Lo psicoanalista inglese P. Fonagy, nella sua “Teoria della Mentalizzazione”, ha definito questo processo come “la capacità di tenere a mente la mente”, di riflettere e di comprendere il proprio stato d'animo, per avere un'idea di ciò che si sente e perché. In questo articolo parleremo del significato di mentalizzazione e della sua applicazione in ambito psicologico.
Cos’è la mentalizzazione
Spesso diamo per scontata la capacità di percepire i pensieri in modo immaginativo e interpretare il comportamento proprio e altrui come connesso con stati mentali. Eppure, è proprio da essa che dipendono una serie di fattori che influenzano la nostra vita quotidiana, la nostra salute mentale, le nostre relazioni con gli altri. Qual è il significato di mentalizzare?
Il concetto di mentalizzazione nasce nei primi anni Novanta, quando alcuni autori lo utilizzarono in studi sull’autismo e nell’ambito degli studi sulle relazioni dell’attaccamento di matrice psicoanalitica.
Un fondamentale esempio di mentalizzazione in psicologia è, come accennavamo, la teoria della mente di Fonagy, che definisce l’influenza della mentalizzazione nello sviluppo del Sé.
La mentalizzazione, infatti, è connessa con domini della conoscenza che tra loro spesso si sovrappongono:
- la psicoanalisi
- la psicopatologia dello sviluppo
- la neurobiologia
- la filosofia.
La teoria della mentalizzazione
La mentalizzazione secondo Peter Fonagy è un processo di rappresentazione mentale attraverso il quale arriviamo a concepire noi stessi e gli altri come aventi degli stati mentali. Fonagy descrive questa capacità di immaginare la mente degli altri come qualcosa di ancora più complesso dell’empatia.
L’empatia, per Fonagy, è ciò che possiamo provare per una persona in base alla nostra capacità di immaginare quello che l’altra persona sta provando. Tuttavia quell’immaginazione di cosa prova l’altra persona che suscita empatia, non è altro che la capacità di mentalizzazione. Un altro concetto affine e sovrapponibile alla mentalizzazione risulta l’intelligenza emotiva, ossia la capacità di usare le emozioni per pensare e orientarsi circa gli aspetti soggettivi e intersoggettivi della realtà.
La cosa molto importante della mentalizzazione è che, come sostiene Fonagy, deriva tanto dalla conoscenza delle altre persone quanto da una conoscenza molto profonda di se stesso. Grazie alla conoscenza di noi stessi, siamo in grado di mentalizzare l’esperienza dell’altro.
Fonagy sostiene che questa conoscenza di sé si sviluppa molto presto nella vita, attraverso le nostre relazioni con gli adulti che si prendono cura di noi. Secondo la teoria dell’attaccamento, per realizzare una normale esperienza del proprio Sé e mentalizzare le emozioni, il neonato ha bisogno che i suoi segnali, espressione di stati emotivi interni ancora indefiniti, trovino un rispecchiamento adeguato da parte di un caregiver che li definisca per lui.
Mentalizzare ciò che potrebbe accadere nella mente di un’altra persona durante un momento di attivazione emotiva - come la rabbia, la paura, la nostalgia - è un’abilità che sviluppiamo man mano che i nostri bisogni e le nostre capacità di interazione si approfondiscono.
La mentalizzazione nella vita quotidiana
Nella vita di tutti i giorni, la mentalizzazione presuppone l’utilizzo di varie operazioni cognitive tra cui:
- percepire
- immaginare
- descrivere
- riflettere.
La mentalizzazione è anche una forma di immaginazione: noi, infatti, riusciamo ad interpretare un comportamento anche attraverso un pensiero immaginativo e metaforico che ci permette di dare significato. Essere consapevoli degli stati mentali e affettivi delle persone con le quali entriamo in relazione fa parte ed è un aspetto importante della mentalizzazione.
Uno degli esempi più classici della mentalizzazione è quello di una madre verso suo figlio. Una madre che percepisce il pianto del suo bambino può immaginare cosa significhi quel pianto e quindi riconoscere lo stato in cui il bambino si trova, attivandosi e facendo qualcosa per lui. La capacità di comprendere gli stati mentali dell’altro ci spinge infatti anche ad agire per alleviarne la sofferenza; potremmo dire quindi che la logica della mente emozionale è proattiva.
Come mentalizziamo?
- Esplicitamente, cioè quando parliamo degli stati mentali. Ad esempio, quando una persona va dallo psicologo cerca di mentalizzare in maniera consapevole ed esplicita, pensando e parlando dei propri pensieri ed emozioni
- Implicitamente: quando parliamo con altre persone prendiamo in considerazione gli altri punti di vista e reagiamo, anche in modo inconsapevole, agli stati affettivi che percepiamo dagli altri.
Lo sviluppo della mentalizzazione
È proprio la storia dello sviluppo di un individuo che influisce sul suo funzionamento e sulla sua capacità di mentalizzazione. Nella ricerca nell’ambito della psicologia dello sviluppo, si è visto che i genitori con un punteggio elevato nella misura di mentalizzazione tendevano ad avere i bambini con un attaccamento più sicuro. La qualità delle relazioni con i caregiver, dunque, è alla base della regolazione affettiva e della relazionalità interpersonale.
È possibile anche che durante la gravidanza la futura mamma inizi a sperimentare il processo di mentalizzazione con il figlio che aspetta. Un genitore capace di riconoscere, contenere e modulare gli stati affettivi propri e del bambino, permetterà al bambino stesso di interiorizzare questo modello positivo di regolazione emotiva.
È significativo quindi come la qualità delle relazioni precoci con le figure di accudimento influenzi in maniera predominante la capacità, nella vita adulta, di:
- intuire gli stati mentali
- regolare gli affetti
- essere efficaci nelle relazioni interpersonali.
Ad esempio, nei pazienti con disturbo borderline di personalità, c’è spesso una disregolazione emotiva cui corrisponde una fragile capacità di mentalizzazione. Chi soffre di questo disturbo ha vissuto un passato fatto di esperienze di invalidazione emotiva, ovvero di disconoscimento delle proprie emozioni (es. di fronte al pianto gli viene detto "non è successo niente, non c'è motivo di piangere), che anzi lo portano da una parte a tentare di non manifestare le proprie emozioni, per le quali prova vergogna, e dall'altra ad essere estremamente attento a agli stati mentali degli altri per adattarvisi.
Per Fonagy la rappresentazione di sé e degli altri attraverso stati mentali come pensieri, credenze, desideri e così via, non si è sviluppata nel soggetto borderline, in quanto mancante di una relazione di attaccamento sicuro nell’infanzia, tale per cui il bambino vive un’esperienza “anormale” del proprio Sé.
Allo stesso modo, diversi studi hanno dimostrato come l’alessitimia impedisca l’accesso alla mentalizzazione. Nei soggetti alessitimici emerge la difficoltà a mentalizzare i propri stati mentali interni, che li porta a regolare le proprie emozioni attraverso comportamenti impulsivi.
Il trattamento basato sulla mentalizzazione: la terapia psicologica
Come abbiamo visto, la mentalizzazione è alla base di una vita psichica e relazionale soddisfacente e sana. Tutti noi siamo capaci, in vario grado e in momenti diversi, di mentalizzare le emozioni. Tuttavia questa capacità varia da una persona all’altra anche in base alle esperienze di vita e caratteristiche dell’ambiente.
Iniziare una terapia basata sulla mentalizzazione significa intraprendere un percorso psicologico caratterizzato da una relazione terapeutica di fiducia, che può promuovere la capacità di pensare in modo flessibile e riflessivo:
- aumentando la consapevolezza di se stessi
- migliorando la gestione delle emozioni
- promuovendo l’efficacia nelle proprie relazioni interpersonali.
Peter Fonagy crede che la mentalizzazione in psicologia svolga un ruolo decisivo nel processo di guarigione. La psicoterapia con uno psicologo online può essere un'esperienza molto importante, perché rappresenta un profondo esercizio di mentalizzazione. Avendo uno spazio per pensare, parlare ed esprimere ciò che hai in mente, diventi accessibile a te stesso in un modo nuovo e illuminante.
Conclusioni: libri sulla mentalizzazione
Sono davvero tanti i libri sulla mentalizzazione. Di seguito un elenco dei più interessanti:
1) “Regolazione affettiva, mentalizzazione e sviluppo del sé”, di Peter Fonagy, Gergely, Jurist e Target: in questo libro gli autori sostengono l'importanza dell'attaccamento e dell'affettività nello sviluppo del sé, proponendo modelli di intervento psicoanalitico che consentono la graduale acquisizione dell'abilità di mentalizzazione anche in pazienti con una storia di abusi e trascuratezze ambientali. Il testo mostra come le ricerche sull'attaccamento possono effettivamente dare delle indicazioni importanti per la terapia con i pazienti.
2) “Il trattamento basato sulla mentalizzazione”, di Bateman e Fonagy: iI libro offre alcune linee guida pratiche per il trattamento dei pazienti borderline, per aiutarli a sviluppare una più solida capacità di modulare le proprie risposte emotive. II testo è corredato di riferimenti teorici essenziali, integrati da precise indicazioni sulle procedure di valutazione e sugli interventi di base per promuovere la mentalizzazione. E naturalmente anche sulle cose da non fare.
3) “Mentalizzazione e disturbi di personalità”, di Anthony Bateman e Peter Fonagy: si tratta di una guida pratica sul trattamento basato sulla mentalizzazione (MBT) dei disturbi di personalità. Il libro, diviso in quattro parti, delinea come i pazienti vengono introdotti al modello di mentalizzazione in modo che il loro disturbo di personalità abbia un senso per loro. Spiega perché alcuni interventi sono raccomandati e altri sono scoraggiati e descrive sistematicamente il processo di trattamento sia nella terapia di gruppo che in quella individuale per supportare una mentalizzazione più stabile.
4) “La mentalizzazione nel ciclo di vita”, di Nick Midgley: grazie al contributo di esperti internazionali, tra cui Peter Fonagy e Mary Target, il volume esplora il concetto di mentalizzazione da un punto di vista teorico, l’utilità degli interventi basati sulla mentalizzazione nei servizi di psicopatologia infantile e l’applicazione della mentalizzazione nei contesti di comunità e nelle scuole.
Il testo è di particolare interesse per i clinici e per quanti lavorano in ambito terapeutico con i bambini e le loro famiglie, ma si rivolge anche agli insegnanti della scuola, ai ricercatori e agli studenti interessati alla salute mentale del bambino e dell'adolescente, agli studiosi di psicologia dello sviluppo e della cognizione sociale.
5) “Memorie traumatiche e mentalizzazione”, di V. Caretti, G. Craparo, Adriano Schimmenti: il libro è diviso in tre parti: nella prima si analizza la relazione tra esperienze traumatiche e sviluppo dei sistemi cognitivi, affettivi, rappresentazionali e relazionali del Sé. Nella seconda parte vengono presentati studi originali sulla complessa relazione che intercorre tra qualità delle esperienze di attaccamento e sviluppi traumatici.
Nella terza parte, infine, emerge la linea portante del volume: la rottura, nell'individuo, della rappresentazione di sé e del proprio rapporto col mondo, tipica del trauma, viene messa in rapporto con un deficit nelle capacità di mentalizzare i vissuti emotivi.
In ragione di tale deficit, gli autori sostengono la necessità che il trattamento delle sindromi post-traumatiche sia orientato a incrementare la mentalizzazione, sviluppare le capacità di identificazione ed esplorazione delle emozioni, lavorare sugli stati mentali attuali e sviluppare la capacità di abitare il proprio corpo.
6) “Tenere a mente le emozioni. La mentalizzazione in psicoterapia”, di L. Elliot Jurist: l’autore offre una lucida panoramica sulla mentalizzazione in psicoterapia, per poi illustrare come aiutare i pazienti a riflettere sulle proprie esperienze emotive. Integra scienze cognitive e psicoanalisi, così da scomporre l'"affettività mentalizzata" in processi distinti che i terapeuti possono coltivare durante le sedute.
7) “Il trattamento basato sulla mentalizzazione per i bambini”, di Nick Midgley: questo libro è una guida clinica all'applicazione del modello MBT in un trattamento a breve termine, da 9 a 12 sedute, rivolto ai bambini di età compresa fra i 6 e i 12 anni con manifestazioni cliniche quali ansia, depressione e difficoltà relazionali.
8) “La mentalizzazione nella pratica clinica”, di Jon G. Allen, Peter Fonagy, Anthony Bateman: il volume si propone di esaminare le applicazioni della mentalizzazione al trattamento del trauma, alla terapia genitore-bambino, all'approccio psicoeducativo e alla prevenzione della violenza nei sistemi sociali. La tesi degli autori è che, se l'efficacia del trattamento dipende dalla capacità dei terapeuti di mentalizzare e di aiutare i pazienti a farlo in modo più coerente ed efficace, i clinici di qualsiasi orientamento possono trarre vantaggio da una conoscenza approfondita del concetto di mentalizzazione.
9) “La mentalizzazione. Psicopatologia e trattamento”, di J. G. Allen, Fonagy e Zavattini: il libro, grazie al contributo dei maggiori studiosi dell'argomento, presenta in modo articolato i diversi aspetti della mentalizzazione, illustrandone le ricadute pratiche nell'intervento clinico. Un testo per tutti coloro che a diverso titolo - psicologi clinici, psichiatri, psicoterapeuti - si dedicano alla cura della mente.
10) “Mentalizzare nella comunicazione col cliente”, di Bianchi, Parisio Di Giovanni, Eugenio Di Giovanni: il libro espone cose che oggi sappiamo sulla mentalizzazione e la comunicazione interpersonale. Analizza in particolare aspetti critici e rilevanti per un agente di commercio che si rapporta al cliente. In fondo al libro troviamo ricapitolati consigli pratici, che si ricavano dalla conoscenza della comunicazione e della mentalizzazione.
11) “Mentalizzazione e competenza sociale”, di Olivia Liverta Sempio, Antonella Marchetti, Ilaria Castelli, Flavia Lecciso e Cristina Pezzotta: il libro risponde ad una serie di interrogativi su qual è l'origine e quale il percorso evolutivo della teoria della mente, abilità fondamentale per la nostra capacità di interazione, e quali legami esistono tra teoria della mente e contesti di vita quotidiana. Suggerisce, inoltre, quali strumenti siano i più adeguati e come possono essere utilizzati per valutare questa competenza nei bambini.
12) “Sistemi familiari e mentalizzazione. Verso una prospettiva integrata” di Marco Cacioppo, Alessio Gori e Camilla Guccione: questo volume propone una riflessione sull'integrazione di due principali modelli psicoterapeutici: il modello sistemico-relazionale di stampo familiarista e il modello basato sulla mentalizzazione. Gli autori mostrano come un modello integrato sistemico basato sulla mentalizzazione possa agevolare il lavoro clinico con le famiglie.