Fra gli eventi critici che una coppia può vivere, vi è la “rottura” del proprio legame: un evento stressante, che necessita dell’elaborazione della perdita del legame stesso, nonché dell’accettazione dei cambiamenti che tale scelta comporta.
Nella ricerca di nuovi adattamenti ed equilibri la famiglia si trova a dover definire nuovi spazi emotivi e relazionali. In alcuni casi questo processo può richiedere la presenza di una “figura terza” che aiuti le parti a ripristinare un’area di pensiero e di comunicazione, ristabilire la relazione con i figli, e/o di ridurre altri possibili effetti deleteri della crisi di coppia.
Su questo sfondo si staglia la mediazione familiare, che è un percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista della (o in seguito alla) separazione familiare o divorzio. Negli ultimi anni, si è giunti a un riconoscimento ufficiale della mediazione familiare e della figura del mediatore familiare, che assumono oggi un valore importantissimo.
Mediazione familiare: cos’è e come funziona
Prima di definire in cosa consiste e cosa fa il mediatore familiare, facciamo un brevissimo cenno sulla storia della mediazione familiare.
La mediazione è una disciplina nata a seguito della costituzione del primo Centro di mediazione familiare, creato dall’avvocato e psicologo J. Coogler dopo una personale e dolorosa esperienza di separazione.
Successivamente, J. Haynes fonda nel 1982 l’Academy of Family Mediators in seno agli studi sulla gestione dei conflitti. In Italia, la prima associazione dedicata alla promozione della mediazione familiare GeA (Genitori Ancora) vedrà la luce nel 1987 a Milano.
Oggi sono attive diverse realtà, tra cui la Società italiana di mediatori familiari (S.IMe.F.). Sui siti web delle diverse associazioni, è possibile reperire informazioni sulla mediazione familiare, e leggere esempi pratici di mediazione familiare.
La mediazione familiare costituisce oggi un punto di incontro fra il campo psicologico e quello giuridico; si rivolge alla coppia, sia coniugata che convivente, con figli e senza, che sia in fase di separazione o che sia già separata o divorziata.
Un percorso di mediazione familiare ambisce ad attenuare la conflittualità delle parti coinvolte e a creare un clima più disteso: non si cerca di riunire la coppia, ma di riorganizzare i rapporti familiari.
Negli ultimi anni, viene accentuata la funzione preventiva e propedeutica della mediazione, prima del ricorso all’azione legale di separazione/divorzio.
In un contesto strutturato, il mediatore o la mediatrice familiare, sollecitati dalle parti nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dall’ambito giudiziario, si adoperano affinché i partner elaborino in prima persona un percorso di separazione soddisfacente per sé e, se vi sono, per i figli.
Tra gli obiettivi della mediazione familiare vi può essere il raggiungimento della cogenitorialità, ovvero la salvaguardia della responsabilità genitoriale individuale nei confronti dei figli in caso di separazione dei genitori.
La mediazione familiare è utile se le parti desiderano evitare un lungo e costoso procedimento legale. Promuove l'autodeterminazione consentendo ai partner di superare i problemi familiari prendendo decisioni che rispecchiano le loro esigenze e quelle dei loro figli.
Mediazione familiare: la normativa di riferimento
L’istituto della mediazione familiare in Italia si comincia a nominare esplicitamente con la promulgazione della Legge 54/2006 Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli, regolamentata successivamente dalla Legge 28/2010.
Nel 2016 la figura del mediatore familiare ha cominciato a essere regolata dalla Norma Tecnica UNI 11644 della Commissione Tecnica Attività professionali non Regolamentate, che stabilisce i “requisiti di conoscenza, abilità e competenza” necessari.
Il mediatore familiare, a oggi è annoverato tra gli ausiliari del giudice, e condivide il delicato compito di supportare l’Autorità Giudiziaria nell’adottare le decisioni migliori nell’interesse dei figli.
La Legge 206/2021, che ha riformato il Sistema Giustizia Italiana, nota come Riforma Cartabia, ha dato, rispetto al passato, più valore alla mediazione e agli accordi raggiunti durante tale percorso.
La Mediazione viene delineata chiaramente come “un percorso di ristrutturazione e rigenerazione della relazione tra le parti, nella difficile transizione tra la relazione affettiva e il mantenimento di quella genitoriale”.
La Riforma ha previsto che il giudice, sin dal decreto di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, informi le parti della possibilità di avvalersi della Mediazione Familiare (art. 473 bis 14 c.p.c.).
La norma che più valorizza il ruolo del mediatore è l’art. 337 ter c.c. il quale recita “Il Giudice prende atto…degli accordi intervenuti tra i genitori, in particolare qualora raggiunti all’esito di un percorso di Mediazione Familiare.”.
Presso ciascun Tribunale, vi è un elenco di mediatori familiari iscritti presso le associazioni del settore riconosciute nell’ambito giuridico, con possibilità per le parti di scegliere il mediatore stesso.
Nel caso di separazione la mediazione familiare è obbligatoria?
La mediazione familiare non è obbligatoria perché, per definizione, è un processo volontario. Non vi sono infatti situazioni in cui la legge italiana preveda l'obbligatorietà della Mediazione come passo preliminare alla procedura giudiziaria.
Tuttavia, si riconosce la possibilità di informare le parti “in ogni momento” della possibilità di avvalersi della mediazione familiare. Si tratta in ogni caso di un invito che non può diventare un obbligo.
Mediazione familiare: quando non è possibile
Il mediatore familiare, sin da subito, è chiamato a fare una valutazione della mediabilità fra le parti coinvolte; infatti, vi sono situazioni, in cui la mediazione è o diventa praticamente impossibile.
Fra le motivazioni più frequenti vi è l’incapacità di uno o entrambi i partner di rappresentare adeguatamente i propri interessi, per esempio nei casi di patologia psichiatrica grave, ritardo mentale o abuso di sostanze stupefacenti.
Se invece nel corso del percorso di mediazione si ravvisa la presenza di episodi di abuso e/o violenza di genere o violenza domestica, si pone espressamente un limite all’impiego dello strumento della mediazione: i mediatori hanno l’obbligo di interrompere la loro attività e quindi il percorso.
Anche nei casi di procedimenti penali in corso, la mediazione viene sospesa fino a conclusione del processo.
Il ruolo dello psicologo nella mediazione familiare
I mediatori familiari sono professionisti dotati di adeguata formazione (devono infatti aver conseguito un corso professionalizzante della durata di due anni) e specifiche competenze nella disciplina giuridica della famiglia, nonché in materia di tutela dei minori.
Può esserci un mediatore familiare psicologo? Il mediatore può essere un professionista di formazione psicologica che, attraverso l’utilizzo di metodologie e strumenti, accompagna chi vi si rivolge, lungo un percorso di riconoscimento reciproco, per stimolare un atteggiamento cooperativo e di riconoscimento delle parti.
Qualora all’interno del percorso emergano specifici bisogni di presa in carico psicologica/psichiatrica, il mediatore indirizzerà le parti verso professionisti specializzati. Lo psicologo spesso si avvale della collaborazione di un avvocato per la revisione e la stesura dell’accordo finale dei coniugi, che costituisce l’obiettivo e il punto di arrivo di ogni mediazione.
Su quali eventuali problemi psicologici lavora uno psicologo esperto in mediazione familiare?
I mediatori familiari aiutano le parti a esplorare le preoccupazioni, gli interessi e le esigenze dei partner, incoraggiando una comunicazione aperta e costruttiva, con l’obiettivo di evitare, per esempio, il meccanismo di triangolazione familiare che può rendere disfunzionali le dinamiche nella famiglia.
Lo psicologo concentra il proprio lavoro sull'idea che la comunicazione non violenta e la cooperazione siano fondamentali per risolvere i conflitti in modo pacifico. Le attività di mediazione si basano sull’ascolto attivo e sulla comprensione delle esigenze psicologiche, emotive e pratiche degli individui coinvolti.
Fra le tematiche emotive collegate al lavoro di uno psicologo esperto in mediazione familiare, vi è il compito di aiutare a comprendere come gestire la scissione del vincolo sentimentale/emotivo, in quanto i partner continueranno ad avere rapporti interdipendenti e continui, volti a garantire una continuità nel ruolo di genitori.
L’intero percorso di mediazione è un processo di rielaborazione delle emozioni, in quanto la separazione implica una rielaborazione sul piano affettivo ed emotivo, delle relazioni di attaccamento e delle relazioni affettive familiari, con una riorganizzazione di ruoli e funzioni.
L’approccio sistemico alla mediazione familiare ritiene essenziale far emergere ed affrontare il conflitto, che coinvolge non solo la coppia ma l’intero sistema familiare di cui fa parte, compresi figli e nonni o il sistema amicale.
Quando viene intrapreso il percorso di mediazione prima di intraprendere l’azione legale, lo psicologo mediatore può essere di supporto sul come comunicare la separazione ai figli o agli altri membri della famiglia.
Mediazione familiare e psicologia: le competenze da mettere in campo
Quali sono le competenze che uno psicologo deve avere per svolgere consulenze di mediazione familiare? Lo psicologo, affinché possa svolgere consulenze di mediazione, deve innanzitutto, possedere:
- sensibilità
- empatia
- capacità di ascolto
- buone capacità nel comunicare, in quanto è attraverso la comunicazione che si sviluppa l’intero percorso.
Come diventare mediatore familiare? Uno psicologo che sceglie di fornire la propria prestazione in un servizio di mediazione familiare, deve essere un esperto nella gestione dei conflitti, capace di rimanere imparziale e non dare giudizi personali (come del resto accade in ogni circostanza, quando si esercita questa professione) sui comportamenti e le proposte dei membri della famiglia.
Deve creare un clima positivo in cui tutte le parti coinvolte si sentano incoraggiate a collaborare e confrontarsi per raggiungere un obiettivo comune. Il linguaggio utilizzato durante gli incontri dovrà saper ricorrere a delle strategie e tecniche linguistiche ben precise.
Innanzitutto dovrà ricorrere a un linguaggio semplice, perché se fosse troppo tecnico o composto da periodi molto lunghi, potrebbe mandare in confusione persone che si trovano in uno stato emotivo alquanto fragile. Il linguaggio deve essere anche positivo, in modo da aiutare a disinnescare il conflitto anziché intensificarlo.
Il colloquio, nella mediazione familiare, è un elemento fondamentale. Lo psicologo mediatore deve utilizzare la tecnica della riformulazione, per riformulare affermazioni, idee espresse precedentemente dai partecipanti, facendo comprendere all’uno il punto di vista dell’altro.
Le fasi della mediazione familiare: quali sono e come gestirle dal punto di vista psicologico
La mediazione segue alcune fasi, che si snodano in una serie di incontri (solitamente 10 o 11), la cui durata varia in relazione al livello di conflittualità in cui si trova la coppia. La base di partenza per iniziare un processo di mediazione è che le parti si riconoscano a vicenda come interlocutori.
Il presupposto, affinché possa avviarsi un processo di mediazione, è la volontarietà delle parti a voler sanare il conflitto e raggiungere un accordo comune. Di solito, le esperienze di mediazione familiare si snodano seguendo diversi step:
- pre-mediazione: si valuta l’adeguatezza della coppia e si analizzano le motivazioni che l’hanno condotta alla separazione, esponendo ciò che questa decisione comporta. In questa fase si valuta se la decisione di separarsi è condivisa e, in caso contrario, si strutturano incontri supplementari per identificare il modo migliore di agire.
- contratto: è la fase in cui si definiscono le tematiche da negoziare, stipulando un “contratto di mediazione” dove sono elencati precisi obiettivi e regole, utile a stabilire l’impegno della coppia alla collaborazione con il mediatore
- negoziazione: è la fase in cui si cercano delle opzioni utili a trovare le migliori soluzioni per i membri della coppia, sulla base degli obiettivi fissati nella fase precedente
- accordo: è il risultato del lavoro di mediazione, che prevede la redazione di un verbale che la coppia potrà far visionare ad avvocato e giudice, che può renderlo vincolante.
La mediazione familiare: modelli e strategie operative
Nel tempo, si sono sviluppati diversi modelli di intervento che caratterizzano il panorama internazionale. Alcuni modelli propongono una mediazione globale, che cioè comprenda tutti gli aspetti della separazione e quindi anche delle questioni patrimoniali ed economiche.
Altri modelli invece prediligono una mediazione parziale che ha come scopo principale quello di aiutare la coppia genitoriale a raggiungere un solido accordo riguardante la loro relazione con i figli.
Il mediatore parziale è quindi generalmente un operatore di area psicosociologica e ha come obiettivo quello di ristabilire una corretta comunicazione tra i coniugi per tutelare l’interesse dei figli.
Il mediatore globale, pur avendo le stesse competenze e svolgendo le stesse funzioni, ha una maggiore competenza in campo giuridico e può entrare nei dettagli degli aspetti patrimoniali della separazione, definendo in modo concreto:
- la divisione dei beni
- l’attribuzione degli assegni di mantenimento e della casa patrimoniale.
In Italia i modelli maggiormente condivisi sono rappresentati da:
- quello a orientamento sistemico trigenerazionale, teorizzato nel libro La mediazione familiare. Il modello simbolico trigenerazionale, di D. Mazzei e V. Neri
- il modello basato sui bisogni evolutivi, che troviamo nel libro Coppie in mediazione. Legami, conflitti, riconoscimenti, di F. Canevelli e M. Lucardi che dedica molta attenzione agli aspetti emotivi e ai richiami al passato.
L’approccio di Mazzei, tenendo conto dell’intero sistema familiare, propone una lettura complessa della dinamica relazionale che ruota intorno al conflitto, e adotta un approccio di tipo interdisciplinare sollecitando il dialogo tra operatori di diversi ambiti professionali (psicologico, giuridico ecc).
L’aspetto chiave del modello di Canevelli, invece, è rappresentato dal fatto che, una parte del lavoro di mediazione, si rivolge alla possibilità di scambi emotivi e di interazioni conflittuali per la costruzione di uno spazio di comunicazione tra i coniugi:
“La mediazione è il modo di stare insieme (…) tre persone qualsiasi in una stanza qualsiasi a riscoprire il valore di ciò che si è, si ha, si dice in relazione a qualcosa, senza cercare di cambiare, ma chiedendosi se ci si possono fare domande e dare risposte e, soprattutto, collaborazione restando quello che si è…quindi, cambiando profondamente”.
Libri sulla mediazione familiare
Oltre ai due volumi già citati, concludiamo l’articolo con una breve bibliografia sulla mediazione familiare:
- La mediazione familiare: dalla rottura del legame al riconoscimento dell'altro, F. Canevelli, M. Lucardi, Bollati Boringhieri
- Introduzione alla mediazione familiare. Principi fondamentali e sua applicazione, J. Haynes, M. Buzzi, Giuffrè Editore
- La mediazione familiare. Indicazioni e strumenti per accompagnare la transizione del divorzio, M. C. Marzotto, P. Farinacci, M. Bonadonna, Franco Angeli Editore
- La mediazione familiare: Modelli e strategie operative, L. Parkinson, Edizioni Erickson.