Ricevere la diagnosi di malattia di un figlio è un’esperienza fortemente dolorosa per i genitori. La possibilità di affrontare i compiti e le difficoltà che la malattia impone, sia sul piano di realtà che su quello psichico, permette al genitore di fronteggiare in maniera sensibile e appropriata le sfide della genitorialità senza essere travolto dalle emozioni negative. Vediamo in questo articolo quali sono queste sfide psicologiche che un genitore si trova ad affrontare quando un figlio si ammala.
La gestione dei primi momenti che seguono la comunicazione della diagnosi è sicuramente molto delicata e può comportare il rischio che il genitore si faccia carico interamente dell'impegno, della responsabilità e delle forti emozioni che la comunicazione della diagnosi porta con sé.
Quando un genitore si trova ad affrontare una diagnosi di malattia del figlio, si scatenano sentimenti di:
- shock
- impotenza
- perdita di controllo
- stress
- senso di colpa
- tristezza
- rabbia.
Questo rende più difficile assumere una posizione supportiva nei confronti del figlio che si ammala e, in quest’ultimo, può nascere la difficoltà di poter fare i conti con la malattia e con i cambiamenti che può comportare.
Quando si tratta di una malattia cronica ci si confronta con una condizione a lungo termine che durerà per l'intero corso della vita. In molti casi esiste la possibilità di fare ricorso a terapie farmacologiche per alleviare la condizione di disagio acuta provocata dalla malattia, in altri quella di prevenire delle nuove manifestazioni ma in nessun caso si prospetta la guarigione.
Questo aspetto, dal punto di vista psicologico, pone l'esigenza di una gestione delle emozioni nel “qui e ora” della fase acuta, ma anche in prospettiva, per l'auspicabile raggiungimento di un equilibrio psico-fisico attraverso la messa in campo delle risorse personali e l'intervento supportivo dell'ambiente familiare.
Fasi di elaborazione dell’esperienza di malattia
Come nelle situazioni di lutto, anche nel caso di comunicazione della diagnosi di malattia di un figlio sono state individuate delle fasi che caratterizzano il processo di elaborazione di tale esperienza dolorosa:
- stordimento e confusione
- negazione della diagnosi
- rabbia
- accettazione della realtà.
Quando il genitore non riesce a passare da una fase iniziale di confusione ai passaggi successivi, potrebbe rimanere preda di dolore e rabbia, a volte negando la malattia del figlio.
Il meccanismo della negazione
La negazione è un meccanismo di difesa, ovvero una operazione mentale inconsapevole che ha la funzione di proteggere l'individuo dal provare eccessiva ansia. La persona agisce come se un evento, un sentimento, un pensiero doloroso non esistessero o non gli appartenessero, andando contro tutte le evidenze.
In risposta a eventi di vita stressanti e destabilizzanti, come può essere ricevere la diagnosi di malattia cronica di un figlio, il meccanismo della negazione ha inizialmente una valenza adattiva. Permette, cioè, di prendersi del tempo per iniziare a elaborare ed esperire l'esperienza di malattia e il cambiamento che questa comporta, facendo ricorso alle proprie risorse e alla capacità di resilienza.
Rimanere "bloccati" a una fase di negazione della malattia del proprio figlio impedisce, però, al genitore di vederlo in modo realistico e di poter accogliere i suoi bisogni e di considerarne le risorse. Tali aspetti di negazione possono rendere il genitore inadeguato a prendersi cura del figlio e influenzare negativamente la relazione con quest'ultimo.
L’elaborazione della diagnosi è un work in progress che può influenzare in maniera sia positiva che negativa la relazione genitore-bambino.
La condivisione del vissuto traumatico nella coppia
La possibilità di condividere l'esperienza della malattia di un figlio rappresenta una risorsa per la coppia genitoriale, ma non sempre avviene in modo adeguato e funzionale.
La comunicazione tra i genitori può essere complicata da un effetto rispecchiamento dell'angoscia: si evita di parlare per proteggere l'altro dalle proprie ansie o nel timore che l'altro possa restituirle amplificate, all'interno di un meccanismo di evitamento delle angosce che ha il risultato di minare la comunicazione nella coppia e a volte di deteriorare il rapporto coniugale.
Soprattutto nelle prime fasi, la paura e l'ansia assumono un carattere pervasivo e generalizzato, circolano nel nucleo familiare e, se non adeguatamente gestite, possono dare luogo a dei veri e propri cortocircuiti che mettono a rischio:
- la gestione della patologia da parte del figlio;
- l'armonia e il benessere familiare.
Il colloquio psicologico per l'attribuzione di senso
Ricevere la diagnosi di malattia di un figlio può avere l'effetto di un vero e proprio terremoto, che sconvolge gli equilibri familiari e i progetti futuri. In questi casi, l'opportunità di un sostegno psicologico per i genitori è auspicabile fin dai momenti immediatamente successivi alla comunicazione della diagnosi di malattia.
La terapia di coppia permette ai genitori di narrare l'esperienza vissuta per poterle attribuire un senso con l'aiuto del professionista. Una funzione fondamentale dell'intervento psicologico in questo ambito riguarda la regolazione emozionale, che si realizza:
- nell'accogliere il vissuto della coppia
- nel legittimare angoscia e paura
- nel contenere le quote di angoscia.
Il sostegno psicologico per la coppia permette, quindi, di:
- dar voce ai propri pensieri e alle proprie emozioni relativi all'esperienza di malattia del figlio
- accogliere quelli del partner
- dare spazio alla condivisione di una esperienza comune.
Abbassando i livelli di angoscia è possibile, per i genitori, ricorrere alle risorse individuali e di coppia per una adeguata gestione dell'evento malattia.