La vita insieme ad un bambino disabile richiede una riorganizzazione dell’ambiente fisico, familiare e sociale:
- una nuova organizzazione della casa e gestione del tempo;
- un progetto di vita familiare riscritto in funzione della disabilità;
- un nuovo modo di stare in relazione con l’altro: nuove dinamiche inter-familiari e, in molti casi, un isolamento sociale esterno come evitamento di tutto ciò che è evidenza del fatto che si è un genitore diverso di un bambino diverso.
I genitori in attesa hanno in mente un bambino ideale, che racchiude in sé tutti i loro desideri e le loro aspettative. Nel momento in cui nasce, colui che viene al mondo metterà in crisi questa immagine, poiché è nato con le sue personali potenzialità.
Come afferma lo psicoanalista Paul-Claude Racamier, i genitori dovrebbero abbandonare l’immagine del bambino “eccezionale”, che ha il compito di compensare la loro fragile autostima. I genitori del bambino disabile, tuttavia, sono costretti a rivedere anche un’altra parte del bambino immaginato, quella caricata di comuni aspettative e desideri:
- che cresca sano;
- che instauri delle buone relazioni con gli altri;
- che trovi un lavoro;
- che abbia una famiglia;
- che sia autonomo.
Dall’incredulità alla consapevolezza
È necessario che i genitori attraversino la crisi per raggiungere un equilibrio, in cui trovare piena consapevolezza della realtà che stanno vivendo. Questo equilibrio spesso non ha niente a che vedere con quello precedente o immaginato. Vediamo insieme quali sono le fasi della crisi.
1) L’annientamento del pensiero e la negazione
I genitori increduli sono investiti da pensieri come “Che cosa è successo? Com'è possibile che il mio bambino sia diverso dagli altri? E perché proprio lui?”. Lo shock lascia poi il posto alla negazione, accompagnata dall’idea che c’è stato uno sbaglio.
2) La disperazione e lo sconforto
La ribellione e la rabbia verso tutto e tutti è l’unico modo, nella fase iniziale, per non lasciarsi sopraffare dalla disperazione. I vissuti del genitore, tuttavia, spesso sono l’isolamento e l’intolleranza a normali stati emotivi come il senso di colpa, la perdita di sicurezza e l’impotenza. È facile che la rabbia si ritorca contro il sé: pensiamo, ad esempio, alla madre che mortifica la sua autostima definendosi portatrice sana di anomalie, non in grado di trasmettere la vita.
3) La rassegnazione e il nuovo piano di vita
Quello che all’inizio sembrava uno scherzo, qualcosa di sbagliato e passeggero, si trasforma in questa fase nella consapevolezza che si tratta di un’esperienza reale e irreversibile. Il genitore non si rassegna alla disabilità ma alla sua presenza. Nell’ottica dell’accettazione, cambia ciò che può essere cambiato e smette di lottare contro ciò che invece non può esserlo, liberando le energie spese in uno scontro impari, per destinarle a nuovi progetti di vita.