L’arte del Kintsugi e il valore del riparare

L’arte del Kintsugi e il valore del riparare
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Giuliana Capasso
Redazione
Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale
Unobravo
Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica
Pubblicato il
7.2.2020
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La storia del Kintsugi

Nel XV secolo il Giappone ha un intenso scambio commerciale con la Cina, così anche nel paese del sol levante, tra le famiglie nobili, si diffonde la pratica della cerimonia del tè, che prende il nome di Chado. 

Come dicevamo, lo Shogun Ashikaga Yoshimasa decise di affidare il restauro della sua tazza da tè preferita a degli artigiani ceramisti cinesi. Questi la ripararono secondo le tecniche di restauro classiche, utilizzando delle graffette metalliche per tenere insieme i pezzi. Yoshimasa non era per niente contento del risultato e così affidò l’incarico della riparazione a dei ceramisti giapponesi. Questi, colpiti dalla tenacia dello shogun, decisero di utilizzare una nuova tecnica per il restauro e riempirono le pieghe con lacca di Uruschi (la resina di una pianta autoctona del Giappone) mischiata a farina di riso. In seguito depositarono della polvere d’oro sopra la linea di frattura, rendendo evidenti ma anche preziose le crepe della ceramica.

Lo Shogun fu soddisfatto della sua tazza, la riparazione con l’oro aveva reso l’oggetto incredibilmente prezioso e soprattutto unico. Nacque così l’arte del Kintsugi che significa letteralmente “riparare con l’oro”  da “kin” (oro) e “tsugi” (riparare).

Oltre la leggenda

La tecnica del kintsugi richiede un procedimento lungo e complesso che si svolge in più fasi e che richiede estrema precisione, attenzione e pazienza: un vero e proprio lavoro di cesello. L’oggetto sottoposto al restauro ne risulta impreziosito e assume un carattere di unicità divenendo una vera e propria opera d’arte nella quale le crepe, che in precedenza erano punti fragili da nascondere, vengono invece valorizzate con l’oro.

Il valore delle imperfezioni

Quando rompiamo un oggetto tendiamo a disfarcene, lo consideriamo danneggiato e inutile. Allo stesso modo tendiamo a considerare le nostre imperfezioni fisiche e le nostre fragilità come qualcosa da nascondere. La cura del nostro corpo è importante e il bisogno di sentirsi accettati è naturale, è però anche importante riconoscere e accettare le proprie diversità proprio perché sono queste a renderci unici.

Negli ultimi anni anche le grandi case di moda hanno sviluppato una nuova concezione di bellezza dove alcune imperfezioni, o meglio, peculiarità vengono valorizzate; basti pensare alle modelle Armine Harutyunyan o Winnie Harlow che hanno rotto gli schemi valorizzando caratteristiche da sempre considerate imperfezioni. 

Se l’accettazione del nostro corpo è un processo a volte lungo e difficile, il riconoscere, il mostrare e il prendersi cura delle nostre fragilità personali è ancora spesso oggetto di tabù. Il successo personale è associato ad una idea di forza, di riuscita in tutti i campi della propria vita, di perfezione. L’idea dominante è che le fragilità vadano nascoste perché le nostre imperfezioni o “crepe” sono sintomo di debolezza, di sconfitta personale.

Ecco che l’arte del Kintsugi ci offre un bello spunto di riflessione: sono proprio le nostre fragilità, le nostre crepe a renderci non solo unici ma soprattutto autentici. E la nostra autenticità è un bene molto prezioso perché ci rende consapevoli delle nostre scelte di vita.


Il Kintsugi e la psicoterapia

Il Kintsugi è una metafora calzante della psicoterapia. Le nostre cadute, le nostre “crepe”, possono diventare l’occasione per una riscoperta di noi stessi. 

Così come la ceramica richiede attenzione, cura e tempo per essere riparata, la terapia, il percorso di “riparazione”, non è sempre semplice e richiede del tempo e impegno. Così come le crepe vengono valorizzate con la polvere d’oro la terapia parte dalle fragilità della persona per compiere un percorso verso il cambiamento che valorizzi le risorse peculiari di ciascuno

Con la tecnica del Kintsugi, l’oggetto riparato non ritorna uguale a prima e le crepe non scompaiono; ciò nonostante diventa unico e prezioso. Allo stesso modo l’obiettivo della terapia non è nascondere le difficoltà, è promuovere un percorso di crescita in cui la persona possa ritrovarsi e diventare sempre più consapevole di sé stessa, delle sue fragilità e delle sue risorse, in modo unico e prezioso.


Bibliografia
Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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