Famiglia

Il viaggio dell’adozione

Il viaggio dell’adozione
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Costanza Fattori
Redazione
Psicologa ad orientamento Psicoanalitico
Unobravo
Pubblicato il
7.2.2020


Il viaggio dell’adozione rappresenta l’incontro tra diverse sofferenze e prevede un lungo percorso di elaborazione interiore. Da un lato c’è il bambino che ha subito il trauma dell’abbandono, dall’altro la coppia che potrebbe aver subito il trauma della sterilità. Ciò che li accomuna è il desiderio di avere una famiglia ed il bisogno di sperimentare legami affettivi profondi.

L'adozione ha luogo nel momento in cui il bambino che vive nell’attesa di trovare una nuova famiglia, incontra la coppia che è pronta ad offrirgliela. Da qui, inizierà un lavoro di costruzione di una storia familiare comune, in cui si dovranno recuperare i vissuti emotivi di ognuno per tesserli insieme alle esperienze attuali. 

In questo arduo lavoro, lo psicologo può aiutare a far emergere una narrazione più coerente, contribuendo alla costruzione di una storia comune che abbia un senso condiviso.

Il bambino adottato 

Il bambino adottato porta con sé un bagaglio ricco di vissuti emotivi e intensi significati. La sua storia risulta caratterizzata da esperienze traumatiche e dolorose, racchiuse in ciò che si può chiamare la “ferita dell’abbandono”. Si ritrova a vivere la perdita di ogni riferimento e di elementi, come odori e suoni, legati all’esperienza precoce dell’ambiente e della cultura di origine. 

Costanza Fattori- Freepik

Il bambino adottato sperimenta l’interruzione di una continuità, risultando privato della possibilità di sperimentare la presenza di genitori in grado di riconoscere e soddisfare i suoi bisogni. Viene meno la fiducia di base, indispensabile ad ogni sviluppo fisico e mentale. La vita emotiva e lo sviluppo risalenti alla primissima infanzia sono costellati di difficoltà legate alle origini, all’identità, all’esperienza di perdita e alla capacità di creare nuovi legami affettivi.

La coppia adottiva

La coppia adottiva si trova a elaborare l’impossibilità di generare, prendendo consapevolezza della propria infertilità. Questo può far sentire la coppia mancante, incapace e soprattutto diversa da chi ha figli biologici. Elaborare la mancanza legata a tale impossibilità, consentirà di far spazio al lavoro necessario per sostenere la crescita del bambino adottato. 

In alcuni casi la coppia può negare il problema, rifiutandone l’elaborazione o investendo ripetutamente su percorsi di fecondazione assistita. Il rischio è che si ricorra all’adozione per coprire, senza medicare, la “ferita della sterilità”.

A questo si aggiunge l’attesa di un giudizio di idoneità da parte di terzi, che arriva al termine di un lungo percorso sociale e istituzionale. Il desiderio di adottare della coppia infatti, non si traduce in diritto, a differenza del bambino che ha diritto a trovare una famiglia. 

Creare una nuova famiglia 

A partire dalla sentenza di adozione, inizierà la ricerca di un’adozione affettiva. Ognuno, dovrà confrontarsi con la propria storia, per poter arrivare a costruire una storia familiare comune. Elaborare la propria sofferenza, permetterà a ciascuno di riconoscere le proprie emozioni e attribuirgli significato.

Il vissuto emotivo di ognuno, intrecciandosi con quello dell’altro, creerà un tessuto emotivo, che andrà continuamente incontro ad aggiustamenti e trasformazioni nel corso della costruzione della nuova famiglia. 

Oltre a una storia familiare comune, genitori e figlio dovranno costruire insieme una storia significativa, che si può ritrovare nelle prime esperienze sensoriali del bambino, nel suo mondo interno. In questo lavoro di costruzione, i genitori potranno partire da elementi frammentati che il bambino comunicherà inconsapevolmente, ad esempio attraverso il gioco, arrivando a fornire senso a un’esperienza dolorosa, che risulterà così per tutti più tollerabile.  

I vissuti di dolore del bambino saranno contenuti e compresi nella mente dei genitori, che offriranno la possibilità di trasformarli in pensieri e parole comunicabili. In tal modo, si creeranno nuovi sensi che condurranno alla costruzione del legame adottivo, che porta con sé grandi potenzialità trasformative e riparative

In che modo può aiutare uno psicologo?

Il percorso terapeutico aiuta i genitori adottivi nella progressiva costruzione di uno spazio di tolleranza e pensabilità per il bambino e per loro stessi. Inizialmente il terapeuta può accompagnare le coppie ad accettare la mancanza di un figlio biologico, sostenendoli nell’elaborazione della ferita della sterilità. 

Successivamente, un percorso psicologico offre la possibilità ai genitori adottivi di dare senso a ciò che sta accadendo, aiutandoli a sintonizzarsi con i bisogni del figlio e favorendo lo sviluppo di quella capacità riflessiva volta a migliorare la comprensione di sé e del bambino.

In conclusione, il terapeuta rappresenta una risorsa che sostiene la famiglia adottiva, aiutando l’integrazione e l’elaborazione di complessi vissuti emotivi che il viaggio dell’adozione porta con sé.

 

Bibliografia

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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