Famiglia

Il sonno nei neonati e nei loro genitori

Il sonno nei neonati e nei loro genitori
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Gabriella Petrosino
Redazione
Unobravo
Pubblicato il
7.2.2020

Con l’arrivo di un bebè le abitudini serali dei genitori si stravolgono, e diventa inevitabile cercare consigli dai genitori più esperti oppure provare metodi di ultima generazione che promettono di addormentare il piccolo in pochi semplici mosse. Ma le risposte ottenute sono tra loro contradditorie o non risolutive, creando nei genitori ancora più confusione.


I bambini non sono tutti uguali!

Il sonno dei bambini viene considerato più come un problema da risolvere per gli adulti che un bisogno fisiologico del neonato. Ci si dimentica che il sonno dei neonati è caratterizzato da ritmi completamente diversi rispetto a quello dei genitori.

Per questo motivo è fondamentale conoscere la fisiologia del sonno dei neonati e poterne comprendere più a fondo le sue manifestazioni, facendo sì che i genitori possano essere adeguatamente informati per poter scegliere la modalità di riposo familiare più adatta a loro.

Fisiologia del sonno nei neonati

Dormire occupa circa un terzo della nostra vita. In base all’età avrà una durata differente: i neonati infatti dormono in media 15-20 ore, mentre un anziano dorme circa 5-6 ore. Il sonno dei neonati, quindi, è molto diverso rispetto al sonno degli adulti. I neonati presentano un ritmo sonno-veglia piuttosto irregolare, questo perché non seguono i ritmi circadiani di un adulto.

Inoltre, fino al terzo mese di vita, i piccoli non secernono in modo stabile la melatonina, l’ormone che permette al nostro corpo di riconoscere e stabilizzare i ritmi di luce/buio. Da qui nasce l’affermazione che il neonato “scambia il giorno per la notte”.

Kelly Sikkema - Unsplash

Il ciclo del sonno nel neonato

Il ciclo di sonno di un neonato è più breve rispetto a quello degli adulti: dura circa 50 minuti rispetto ai 90-120 minuti degli adulti e i momenti di passaggio dalla fase di sonno calmo e profondo (non REM) a quella di sonno leggero e con intensa attività cerebrale (REM), sono molto frequenti.

Mentre gli adulti hanno imparato ad ignorare questo breve risveglio, i neonati si svegliano più facilmente e hanno bisogno di più tempo per riaddormentarsi.

Sonno REM e NREM

Alla nascita, la percentuale di sonno REM e NREM è quasi sovrapponibile ma, molto velocemente, la fase REM decresce. Soltanto al terzo mese di età questi due stadi diventano definiti, per questo prima dei tre mesi un neonato non riesce a dormire profondamente.

Ed ecco perché è molto facile che si svegli per rumori, cambiamenti di ambiente o attività fisiologiche.  Dopo il terzo mese, si iniziano ad individuare le fasi di addormentamento e di sonno più profondo.


Quando finiscono i risvegli notturni?

Con la crescita, la durata dei singoli risvegli si riduce progressivamente fino a diventare di pochi secondi (come accade anche agli adulti) e il bambino impara pian piano a riaddormentarsi in modo autonomo. È, pertanto, fisiologico che fino ai tre anni di vita i bambini abbiano risvegli notturni, che contribuiscono al corretto sviluppo del loro sistema nervoso.

Il sonno quindi, è una conquista del neonato che dovrebbe avvenire gradualmente, in modo autonomo e in pieno rispetto dei suoi tempi.

Simon Berger - Unsplash

Co-sleeping tra vizi e pregiudizi

Quando si parla di sonno nei neonati e genitori possiamo parlare di co-sleeping, o sonno condiviso. Con questo termine si indica una pratica che consiste nel far dormire il bambino nella stessa stanza dei genitori, in particolare vicino alla madre, in modo tale che possa rispondere prontamente ai segnali di richiesta di attenzione del bambino durante la notte.

Questa pratica è diffusa in molte culture e, negli ultimi anni, sebbene ancora oggi esistano molti pareri contrastanti a riguardo, anche in Occidente si sta riscoprendo l’importanza del contatto fra genitore e neonato.

Un istinto naturale 

La critica che viene maggiormente mossa al co-sleeping è che il bambino possa essere viziato dai genitori e cresciuto come un individuo insicuro e dipendente. In realtà queste convinzioni non hanno un fondamento scientifico e, nonostante oggi l’argomento sia ancora molto dibattuto, psicologi e pediatri sembrano essere d’accordo sul fatto che dormire insieme ai genitori non costituisca un vizio, bensì un istinto naturale del piccolo, che richiede protezione dai suoi genitori. Soddisfarlo non mette a rischio né la sua autonomia né l’indipendenza.

Si potrebbe, anzi, affermare il contrario: dormire nella stanza dei genitori dà al piccolo la possibilità di sviluppare presto un senso di sicurezza ed indipendenza. Il bambino apprende velocemente che i genitori sono pronti ad accorrere qualora ne avesse bisogno, sentendo un senso di sicurezza interiore. Quindi, più verrà accolto il suo desiderio di dipendenza quando è piccolo, più facilmente potrà diventare autonomo da adulto.

Gestire al meglio i risvegli notturni

Il co-sleeping permette una migliore gestione dei risvegli notturni che, come già detto, sono molto frequenti fino ai 2-3 anni di età. La qualità del sonno non viene intaccata perché i risvegli sono brevissimi, e la vicinanza dei genitori rassicura il piccolo permettendogli di riaddormentarsi rapidamente. I genitori, inoltre, non sono costretti ad alzarsi, riuscendo così a dormire meglio e per più tempo.

Piccoli consigli per i genitori

È bene ricordare le raccomandazioni che danno i pediatri per evitare la SIDS (sindrome della morte improvvisa del lattante):

  • Non esporre il bambino a fumi di nessun genere, che sia di camini, stufe o sigarette
  • Far dormire sempre il bambino a pancia in su
  • Tenere il bambino e l’ambiente in cui dorme alla giusta temperatura, compresa tra i 18 ed i 20 gradi centigradi e non coprirli eccessivamente
  • Allattare al seno quando possibile
  • Far dormire il piccolo nel suo lettino accanto al letto dei genitori: sarà più facile allattarlo e rispondere alle sue richieste
  • Utilizzare il ciuccio nell’ora della nanna.
Marcos Paulo Prado - Unsplash

Molto utili ed interessanti sono anche gli accorgimenti per far aumentare la qualità del sonno sia ai genitori che al piccolo che la psicologa perinatale Alessandra Bortolotti suggerisce nel suo libro “E se poi prende il vizio?”:

  • Non far agitare il piccolo prima della nanna con corse o giochi, ma favorire rituali che facilitano il rilassamento come leggere filastrocche, abbassare le luci, spegnere la televisione e eliminare tutto ciò che può catturare l’attenzione del bambino;
  • Non sovrastimolare il bambino durante la giornata. L’ambiente domestico e i luoghi che vivono i nostri bambini hanno già in sé tutto ciò che è necessario per la loro crescita;
  • Tenere conto di ciò che è successo durante il giorno: non tutte le giornate sono uguali;
  • Ascoltare tutto ciò che il bambino ci comunica durante il suo addormentamento e trasmettergli sicurezza e contenimento emotivo se dimostra difficoltà.


Ma, più di ogni altro suggerimento, occorre ricordare che non esistono regole o manuali con soluzioni preconfezionate. Nessuno, più dei genitori, sa cosa è meglio per il loro piccolo. Pertanto, ogni genitore deve lasciarsi guidare dal proprio istinto, dalle proprie capacità e da ciò che il bambino comunica.

 

Bibliografia

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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