La realtà virtuale può essere pensata come un “laboratorio sociale” adatto a costruire, distruggere o rimodellare la propria immagine e identità, all’interno di un contesto in continua evoluzione. Tale possibilità permette un’espansione e una trasformazione del sé, fino a divenire, a volte, causa di nuove forme di dissociazione. In questo articolo prenderemo in esame i videogiochi e le realtà virtuali in cui essi ci conducono.
Le nuove tecnologie: videogiochi e realtà virtuali
Come molti strumenti di comunicazione, anche la rete e le realtà virtuali non sono immuni dai cattivi usi e abusi che portano ad una moderna forma di dipendenza, definita dipendenza digitale o anche Internet Addiction Disorder (I.A.D.)
Si parla di dipendenza o addiction quando una persona instaura un rapporto di “subordinazione psichica” con una sostanza, attività o comportamento che diventa necessario ai fini del benessere del soggetto. Tale interazione comporta un bisogno compulsivo di ricerca ed assunzione della sostanza in modo costante e periodico, per beneficiare dei suoi effetti psichici ed evitarne gli effetti da privazione.
Lo sviluppo e la crescita delle nuove tecnologie richiedono la necessità di esaminare le nuove realtà con le quali si entra in contatto. Bisogna essere molto prudenti ed evitare il rischio di patologizzare l’utilizzo delle nuove tecnologie, sviluppando la capacità di comprendere le forme di comunicazione e i linguaggi delle nuove generazioni digitalizzate.
Il gioco come spazio creativo e potenziale
Nei videogiochi l’interazione non è solo “botta e risposta” ma anche “spazio creativo e potenziale”. Lo psicoanalista Winnicott definisce l’esperienza come quella parte della vita “a cui contribuiscono sia la realtà interna che la realtà esterna” e il gioco come una forma particolare di esperienza che si realizza tra i mondi interni ed esterni di diversi soggetti, a partire dall’originaria coppia madre-bambino, fino a coinvolgere tutte le relazioni creative, inclusa la psicoterapia.
Il gioco è caratterizzato dall’oscillazione tra sentimenti di onnipotenza (propri della realtà interna dell’individuo) e di frustrazione (determinati dall’incontro con la realtà esterna). In questo senso possiamo considerarlo come “spazio potenziale” che esiste tra l’esperienza interna e l’altro da sé, un fenomeno sia interpersonale che intrapsichico.
Videogiochi in età adulta
I videogiochi hanno subìto una rapida crescita di pubblico fino a raggiungere nel mondo vendite e popolarità superiori a quelle del mercato cinematografico. In Italia, spesso, i videogiochi sono ancora vissuti come una forma di intrattenimento destinata ad un pubblico infantile e adolescenziale. Quando, invece, è un adulto a giocare ai videogiochi, esso viene spesso additato come un soggetto immaturo che cerca un rifugio dalla realtà e che scappa dai problemi rifugiandosi nel mondo fittizio/alternativo che gli viene proposto nell'esperienza virtuale. Da un’analisi più attenta risulta, invece, che le persone che giocano ai videogiochi non per forza lo fanno per rifuggire dalla realtà e rinchiudersi in mondi paralleli ma anche per vivere un’esperienza interattiva dove il soggetto diventa protagonista attivo e partecipe di una storia anziché fruitore passivo di un prodotto.
Quali categorie di videogiocatori?
Il videogioco permette all’utente di sperimentare una condizione d’immersione nell’attività che si è impegnati a svolgere che prevede il completo coinvolgimento delle abilità della persona, la sua piena attenzione, un senso di controllo e di autoefficacia percepita molto elevato.
Ci sono diverse tipologie di videogiocatori, qui prenderemo in esame:
- Il casual gamer;
- Il giocatore compulsivo;
- Il giocatore appassionato.
Il casual gamer
È un giocatore che dedica all'attività videoludica poche ore al giorno o la concentra nei momenti in cui ha più tempo libero a disposizione. Questa è la categoria più diffusa. Il casual gamer vive il mondo videoludico come un qualsiasi altro hobby, sceglie i videogiochi in base alla distribuzione di mercato e utilizza il videogioco come sfogo o come un momento di svago e intrattenimento.
Il giocatore compulsivo
È un soggetto che dedica la maggior parte della propria giornata ai videogiochi: questo comportamento, se portato all’estremo, può causare anche isolamento completo e fuga dalla realtà.
Il giocatore compulsivo si sente a proprio agio nell’ambiente controllato e gestibile di un videogioco, per questo tende all'isolamento e sfugge al confronto con le infinite probabilità di eventi imprevedibili della vita di tutti i giorni. Il rischio, in questi casi, è che il soggetto tenda sempre più a identificarsi con il personaggio-eroe del videogioco, alimentando una sorta di confusione sottile tra la realtà e il mondo virtuale.
Nel tempo questo può dar luogo a sintomi di sofferenza, con condotte disadattive e compulsive, contribuendo al rischio di un danno alla sfera emotiva e relazionale dove il vissuto emotivo è più vicino alla dissociazione che al gioco.
Il giocatore appassionato
Gioca per molte ore al giorno, i videogiochi sono il suo intrattenimento preferito ma non limita lo svolgimento delle normali attività quotidiane e di socialità. In questo caso il videogioco è lo strumento che consente di esplorare nuovi mondi e vivere nuove esperienze.
Per un percorso di crescita e consapevolezza
Un’attenta analisi della tipologia di gioco che il soggetto predilige, e delle sensazioni e delle decisioni che egli sperimenta nel compiere determinate scelte all'interno del videogioco, rappresenta un accesso alla mente dell’individuo che ci conduce a lui e alle proprie peculiarità. Attraverso questo approccio, si possono tradurre le scelte in spunti di analisi e riflessioni per cercare d’individuare un percorso adeguato che porti il singolo a capirsi meglio, realizzando così un percorso di crescita e maturazione nella consapevolezza di sé.
I videogiochi possono rappresentare spazi potenziali e creativi, piacevoli occasioni di svago, di fuga dalla realtà e ponti di comunicazione: è necessario però prestare una particolare attenzione alle situazioni in cui si corre il rischio di sviluppare una dipendenza patologica.