Chi sceglie di affrontare il percorso di adozione, in genere, arriva a questa decisione dopo un lungo cammino di sofferenze, fallimenti, lutti e frustrazioni legati ai desideri infranti di procreazione. Cosa rappresentano, in termini emotivi e simbolici, la sterilità e l’incapacità di generare? Il bisogno di riproduzione e il vissuto emotivo come si trasformano in un progetto di genitorialità adottiva? Come si può trasformare un sentimento di perdita in un’esperienza creativa e di condivisione? Cercheremo di rispondere a queste domande nell’articolo.
La nascita del progetto di adozione
Entrare in contatto con i risvolti psicologici e relazionali di temi legati alla sterilità e all’impossibilità generativa rappresenta la modalità privilegiata attraverso cui accostarsi:
- ai vissuti
- alle aspettative
- alle angosce
che spesso spingono i coniugi a pensare e coltivare un progetto di adozione. L’identità dei genitori adottivi, durante questo faticoso percorso, può essere costruita con il supporto di uno psicologo.
Un professionista può aiutare la coppia:
- ad affrontare timori e perdite
- a elaborare aspettative e desideri mancati
- a costruire una nuova storia che abbandoni i vissuti del passato e possa evolvere in un progetto di accoglienza e condivisione.
Il desiderio di un figlio
Il desiderio di un figlio, nel momento in cui si presenta una diagnosi di difficoltà procreativa, si dilata e, poco per volta, occupa quasi totalmente la mente della coppia. Non sempre ci si interroga sul significato o sull’origine della difficoltà, ma si cerca subito una soluzione.
Molte coppie giungono all’adozione come ultima spiaggia e segnalano il bisogno di essere aiutate a capire:
- l’esperienza vissuta;
- i motivi che l’hanno sostenuta
tanto da far emergere una situazione psichica carica di sentimenti contrastanti da esplorare e a cui dare significato.
L’attesa
Giungere all’elaborazione totale e profonda della sterilità fisica, permette di sviluppare un nuovo spazio mentale di attesa, uno spazio fisico e psichico:
- per accogliere il bambino che arriverà;
- che favorisce la costruzione di una nuova identità genitoriale in grado di riconoscere e accudire quel figlio così per come realmente è e non solo per come è stato immaginato e desiderato.
Il periodo dell’attesa è senza dubbio una delle fasi fondamentali per la costruzione della coppia adottiva, perché è caratterizzato da valenze emotive e simboliche che devono essere riconosciute. “Concepire” significa etimologicamente “accogliere, ricevere dentro di sé” e, nel contesto dell’adozione, questo può configurarsi come la maturazione profonda della scelta adottiva.
L’accettazione del limite procreativo, il passaggio dalla dimensione biologica a una dimensione mentale e psichica, sembrerebbero rappresentare dunque il primo passo verso una genitorialità adottiva autentica.
Costruire un modello di attaccamento adottivo
Durante questo lento processo elaborativo della ricerca di un figlio, la sofferenza e i fallimenti giocano un ruolo sostanziale poiché rischiano nella maggior parte dei casi di intaccare fantasie, desideri e aspettative che si sono costruite nel tempo, anche in relazione al rapporto con le proprie figure di cura di riferimento.
Così, se la coppia ha sperimentato nell’infanzia e nelle età successive buone relazioni affettive, avrà sviluppato al proprio interno sentimenti di:
- fiducia
- riconoscimento
- valorizzazione di sé
e sarà probabilmente più orientata a progettare un nuovo modo di essere genitori basato su tali caratteristiche.
Questo può aiutare i genitori ad affrontare le sfide proposte dal percorso adottivo favorendo il cambiamento di quei modelli strutturati durante il periodo di sviluppo precedente, a favore della costruzione di un legame di attaccamento sicuro e significativo.
Nuovi legami
Costruire nuovi modelli di attaccamento significa iniziare a mettere in connessione i bisogni dei genitori con quelli del figlio adottivo. Se il bambino porrà sfide ai propri genitori riguardo la loro capacità di essere tali, questi dovranno essere in grado di interpretare possibili atteggiamenti aggressivi, giudicanti e di sfida, tenendo sempre presente il vissuto pregresso del figlio e mantenendo la predisposizione a confortarlo, accoglierlo e proteggerlo.
Questo permetterà loro di offrire un modello affettivo e di accudimento completamente differente da quelli sperimentati in precedenza e da quelli conosciuti dal bambino durante la sua storia prima del loro incontro.