Crescita personale

Cosa causa l’aggressività?

Cosa causa l’aggressività?
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Elisa Pastorelli
Redazione
Psicoterapeuta ad orientamento Sistemico-Relazionale
Unobravo
Pubblicato il
7.2.2020

In ambito psicologico, l’aggressività è da intendersi come il comportamento teso a danneggiare un altro essere umano. Possiamo distinguere:

  • l’aggressività ostile, cioè un’azione "a caldo" che scaturisce da un impulso momentaneo;
  • l’aggressività strumentale, determinata da un comportamento calcolato e premeditato, in grado di portare all'aggressore un beneficio materiale.

Ma cosa causa l’aggressività? Ci sono persone più predisposte ad essere aggressive? L’aggressività si impara o è innata?

Il gene guerriero

È il 2004 quando Abdelmalek Bayout uccide un uomo sconosciuto colpendolo con diverse coltellate dopo che lo aveva chiamato “omosessuale”: un’azione violenta e feroce quanto inaspettata. Le perizie svolte durante il processo individuarono nell’uomo una mutazione del gene MAOA, definito il gene guerriero proprio perché associato a una maggior propensione all’aggressività.

La proteina MAOA influisce sui nostri livelli di dopamina e serotonina connessi al comportamento e all’umore e ha una maggior vulnerabilità a eventi aberranti esterni. Essere portatore di questa mutazione può rendere il soggetto più incline a manifestare aggressività se provocato o escluso socialmente.

Diversi studi, però, mostrano come una bassa attività del gene MAOA non sia sufficiente per l’instaurarsi di comportamenti violenti. È più forte la correlazione tra mutazione del gene guerriero e aggressività nel caso in cui l’individuo sia cresciuto in un contesto familiare e sociale traumatico.

Liza Summer - Pexels

Danni neurologici

Il cervello è il nostro centro di controllo, artefice di gran parte delle nostre azioni volontarie o meno. In caso di danni neurologici conseguenti a traumi, vi possono essere determinate conseguenze in relazione alla parte lesa. Lesioni ai lobi frontali, ad esempio, possono determinare:

  • un aumento di comportamenti violenti;
  • una maggiore propensione all’aggressività;
  • il discontrollo emotivo;
  • la riduzione del controllo degli impulsi.

Antonio Damasio, una vera autorità nel campo delle scienze biomediche, per definire gli individui con danni ai lobi frontali tali da influenzarne la personalità con una mancanza di empatia, mancanza di senso di colpa e incapacità di comprendere stati emotivi altrui parlò per la prima volta di sociopatia acquisita.

I danni, in particolare nell’area prefrontale, sono maggiormente connessi a:

  • irritabilità
  • impulsività
  • euforia
  • disregolazione emotiva
  • allo sviluppo di comportamenti aggressivi, anche violenti.

Teoria dell’apprendimento sociale

Negli anni ’60 inizia a diffondersi l’idea che l’apprendimento di un comportamento umano possa avvenire attraverso l’osservazione e l’imitazione di comportamenti altrui. Lo psicologo Albert Bandura dimostrò questa teoria attraverso l’esperimento della Bambola Bobo. A questo esperimento prendono parte due gruppi di bambini di 4-5 anni.

  • Il primo gruppo osserva un adulto entrare in una stanza piena di giochi e iniziare a relazionarsi con una bambola gonfiabile (Bobo) in modo positivo, giocando e divertendosi;
  • Il secondo gruppo vede l’adulto che interagisce in modo violento con Bobo, aggredendola e offendendola.

Al termine dell’osservazione, i bambini vengono lasciati liberi di giocare nella stanza. I bambini che hanno osservato i comportamenti aggressivi dell’adulto sono più propensi a imitarli riproducendo con Bobo le modalità di interazione a cui avevano assistito.

Lukas - Pexels

La frustrazione 

Nel 1939 sono stati condotti i primi studi che indagavano una possibile correlazione tra la frustrazione e i comportamenti aggressivi. Lo psicologo Dollard e colleghi, in seguito a diversi esperimenti, hanno formulato la Teoria della frustrazione e aggressività: intendendo la frustrazione come l’impossibilità di raggiungere un fine, ritenevano che essa evocasse uno stato di istigazione ad agire in maniera aggressiva.
Vi era quindi un nesso causale tra frustrazione e aggressività.

Questa teoria è stata riformulata prendendo in considerazione gli aspetti:

  • culturali
  • sociali
  • i diversi modi di gestire la frustrazione.

Condizioni ambientali stressanti possano causare frustrazione, che a sua volta può aumentare la probabilità di comportamenti aggressivi e impulsivi. La frustrazione viene quindi considerata come un fattore che può predisporre all’aggressività e non una condizione necessaria.

L'influenza del gruppo sociale

Gli studi di psicologia sociale hanno evidenziato come l'influenza del gruppo di appartenenza possa condizionare il comportamento umano, portando anche a condotte aggressive. Uno degli studi più famosi a tal proposito è l'esperimento di Stanford, condotto dal professor Philip Zimbardo nel 1971.

Il gruppo di ricerca guidato da Zimbardo creò nei corridoi del seminterrato dell’Università di Stanford una finta prigione, all'interno della quale assegnò ai partecipanti  il ruolo casuale di detenuti e guardie penitenziarie.

Quello che accadde destò molta sorpresa nei ricercatori: alcune delle guardie ebbero comportamenti aggressivi e atteggiamenti vessatori verso i prigionieri, tanto da portare a decidere di interrompere l’esperimento. Nel commentare i risultati di questo studio Zimbardo uso l'espressione "Effetto Lucifero", sostenendo l'ipotesi che, se esposta a certe condizioni, ogni tipo di persona può agire in maniera violenta.

Ultime considerazioni

Non possiamo definire l’aggressività come qualcosa di innato o che ha cause ben definite, ma possiamo concludere sostenendo che vi sono condizioni:

  • biologiche
  • genetiche
  • ambientali
  • sociali
  • relazionali

che possono predisporre l’uomo ad avere comportamenti più aggressivi, ostili o impulsivi, aumentando la probabilità di questi agiti.

Bibliografia

Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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