Negli ultimi decenni, sia a livello internazionale sia in Italia, si sta assistendo a una crescente rivalutazione degli ambiti applicativi che hanno come fondamento la prospettiva comportamentale, scaturita dallo sviluppo dell’orientamento Evidence-Based Medicine (EBM), che dal 1992 si è imposto come standard nelle linee guida dei principali Paesi del mondo. In base all’EMB, l’intervento clinico si deve fondare su prove mirate e sull’evidenza: di tutti gli approcci, quello comportamentale ha trovato la sua naturale collocazione nel movimento evidence-based.
All’interno di questa cornice teorica, l’analisi funzionale del comportamento è considerata una delle principali metodologie nell’assessment comportamentale e oggi risulta ampiamente utilizzata per garantire un intervento mirato sulla funzione del comportamento manifestato dalla persona, che può essere utilizzata da clinico o un tecnico, ma anche adottata con minori dai genitori che hanno fatto un percorso di Parent Training.
Osservare, comprendere e agire con l'analisi funzionale del comportamento
L’analisi funzionale del comportamento è un costrutto introdotto da Skinner, padre del comportamentismo, nel 1953:
Il comportamento è un argomento di ricerca difficile non perché sia inaccessibile, ma poiché è estremamente complesso; dal momento che è un processo piuttosto che un oggetto, non può essere isolato e trattenuto per l’osservazione… le variabili esterne di cui è funzione il comportamento costituiscono gli elementi di quella che può essere chiamata un’analisi causale o funzionale. Ci proponiamo di predire e controllare il comportamento di un organismo, e questa è la nostra ‘variabile dipendente’, cioè l’effetto per il quale desideriamo trovare una causa; le nostre ‘variabili indipendenti’, le cause del comportamento sono le condizioni esterne di cui è funzione quel comportamento!
Oggi il concetto di analisi funzionale si è evoluto, differenziato e ampliato rispetto all’intuizione originaria di Skinner, includendo diversi tipi di procedure che possono essere adottati durante l’assessment.
L’analisi funzionale del comportamento può essere utilizzata in qualsiasi situazione di quotidianità e con tutti i comportamenti osservabili, quando abbiamo necessità di individuare le variabili ambientali che precedono e consolidano un certo comportamento. Tale procedura applicativa è basata sulla premessa teorica del comportamentismo secondo la quale i comportamenti si verificano sempre all’interno di un contesto, caratterizzato da una sequenza di eventi antecedenti e conseguenti, per assolvere specifiche funzioni.
Sapere che i comportamenti non avvengono casualmente, ma per uno o più motivi, consente di assumere un ruolo attivo, efficace ed individualizzato in fase di valutazione di intervento, al fine di comprendere la funzione del comportamento osservato.
Parent Training e analisi funzionale del comportamento
Che cos'è l'analisi funzionale di un comportamento nel contesto del Parent Training?
L’analisi funzionale è una metodica necessaria per rilevare lo scopo-funzione di un determinato comportamento.
Usata da esperti soprattutto in ambito evolutivo, parte dall’esperienza concreta e da episodi di vita quotidiana che riguardano il bambino, fornendo strumenti operativi per aiutare i genitori a osservare i meccanismi che rinforzano le abitudini alla base dei comportamenti non adeguati, per poi proporre strategie per modificarli e verificare se queste siano adatte ed efficaci a modificare i comportamenti presi in esame.
Ne consegue che il ruolo genitoriale è di fondamentale importanza sia nel fornire informazioni, ma anche per far sì che i genitori diventino agenti di cambiamento nella vita del figlio e nelle abitudini comportamentali. Il Parent Training (PT) nasce proprio come un programma mirato a sostenere la coppia genitoriale nella gestione degli aspetti comportamentali del bambino. Attraverso di esso, quindi, i genitori imparano tecniche di modificazione comportamentale per controllare ed estinguere condotte problematiche, ma anche per favorire comportamenti positivi e validi.
Come si apprende un comportamento?
Il comportamento che ognuno di noi mette in atto può dipendere o dai processi di insegnamento-apprendimento o dalla motivazione.
L’apprendimento implica un processo che porta all’acquisizione di un nuovo comportamento, o alla modifica di un comportamento precedentemente acquisito, quindi può darci indicazioni su come l’individuo può aver acquisito una determinata condotta.
Il costrutto di motivazione aiuta, invece, a comprendere il perché viene messo in atto un comportamento. La motivazione è quel processo che spinge l’individuo a innescare un comportamento finalizzato a un determinato scopo ed è una variabile che influenza costantemente il comportamento di ciascuno di noi. Gli aspetti situazionali, fisiologici e distintivi di un individuo sono in grado di influenzare naturalmente l’aspetto motivazionale dello stesso.
Inoltre, la possibilità che ognuno di noi ha di acquisire competenze e capacità nuove e più o meno complesse è legata all’interazione con l’ambiente. Anche se dalla nascita possediamo un’impalcatura neurologica, nell’acquisizione delle diverse abilità e dei comportamenti che mettiamo in atto, il mondo esterno rappresenta un elemento indispensabile per la loro attivazione o sviluppo.
Dopo aver sottolineato l’importanza della componente ambientale nello sviluppo di determinate abilità, andiamo a vedere le modalità tramite le quali possiamo acquisire nuovi comportamenti. Il concetto vygotskijano di zona di sviluppo prossimale indica proprio come lo sviluppo potenziale, diverso dal livello di sviluppo attualmente posseduto dal bambino, possa essere raggiunto attraverso la mediazione di altre persone che, tramite la loro competenza, possono incrementare le abilità dell’individuo. Quindi il processo di apprendimento non può prescindere dall’interazione con l’ambiente.
Il processo insegnamento-apprendimento
Ci sono diversi mediatori che consentono l’apprendimento: l’imitazione, le regole e le contingenze.
- L’apprendimento su imitazione implica la possibilità di apprendere tramite l’osservazione del comportamento dell’altro e la capacità di riprodurre quanto osservato. Possiamo dire, quindi, che il nostro comportamento è in parte influenzato dal comportamento di chi ci circonda. Le capacità imitative e l’interesse per quello che l’altro fa risultano essere dei prerequisiti importanti per l’acquisizione di nuovi comportamenti. Nell’interagire con gli altri, inoltre, l’imitazione può verificarsi immediatamente dopo l’osservazione, ma anche in un secondo momento
- l’apprendimento governato da regole: una volta acquisita una nuova “capacità”, essa viene attuata in base al tipo di istruzione verbale che l’individuo ha ricevuto, indipendentemente dal contesto. Le regole rappresentano, quindi, uno strumento - uno stimolo discriminatorio - e sono gli antecedenti dei comportamenti. Questi tipi di comportamenti sembrano essere unicamente presenti negli esseri umani, perché possono emergere solo in presenza di determinate competenze linguistiche, necessarie per eseguire le istruzioni
- l’apprendimento governato da contingenze si verifica grazie agli esiti che il comportamento messo in atto ha sull’ambiente, quest’ultimo poi a sua volta può influenzare il comportamento stesso. Nello specifico, di fronte a un segnale, l’individuo emette casualmente una determinata risposta e il tipo di esito che avrà sull’ambiente determinerà o meno l’indebolimento o il rafforzamento della probabilità che quella risposta venga o meno rimessa in atto.
L’apprendimento e il mantenimento di un comportamento sono quindi collegati al tipo di conseguenza che avviene in seguito a esso; qualsiasi evento che si verifica subito dopo il comportamento, capace di aumentare e mantenere una risposta comportamentale, viene definito rinforzo. Affinché un rinforzo sia efficace, deve essere garantita una stretta contiguità temporale tra il comportamento e l’evento rinforzante.
Quando il rinforzo fornisce una gratificazione o un premio in seguito a un comportamento, si parla di rinforzo positivo, come le lodi verbali, il contatto fisico, il cibo, le bevande, il denaro, l’attenzione da parte dell’altro. Un esempio di rinforzo positivo può essere, per esempio:
- una nonna seduta sul divano inizia a frugare nella borsa (evento antecedente)
- il nipotino la guarda e le chiede una caramella (comportamento)
- la nonna prende la caramella dalla borsa e la dà al nipotino (conseguenza positiva).
Il comportamento di richiesta della caramella da parte del nipote viene così rafforzato dalla conseguenza di aver ottenuto la caramella.
Quando la conseguenza del comportamento consente l’interruzione o l’allontanamento di una situazione avversativa o spiacevole per il soggetto si parla di rinforzo negativo. Anche questo tipo di rinforzo è responsabile del mantenimento di numerosi comportamenti che mettiamo in atto quotidianamente. Nel caso di comportamenti mantenuti da rinforzo negativo, il segnale che precede il comportamento è avversativo per la persona, per esempio:
- la bambola inizia a piangere (evento antecedente)
- Marta prende la bambola e la sbatte a terra (comportamento)
- la bambola smette di piangere (conseguenza).
Il comportamento di sbattere la bambola consente a Marta di interrompere un suono sgradevole, il comportamento risulta pertanto rinforzato negativamente in quanto il segnale era per lei spiacevole.
In entrambi gli esempi su riportati, i comportamenti vengono seguiti immediatamente da un rinforzo. Questa contiguità temporale risulta essere determinante per il rinforzo di un dato comportamento, per esempio, se alla richiesta della caramella, la nonna continua a frugare nella borsa, il nipotino inizia ad urlare, a quel punto la nonna gli dà un dolcetto. La consegna del rinforzo (il dolcetto) subito dopo l’urlo, va a rinforzare proprio quest’ultimo comportamento (ossia l’urlo), al posto della richiesta.
È importante sottolineare che tanto il rinforzo positivo quanto quello negativo incrementano la probabilità di adottare un comportamento a cui fanno seguito, l’uno perché rappresenta l’accesso a qualcosa di gradito, l’altro perché consente l’interruzione di qualcosa di spiacevole.
Durante l’osservazione dell’interazione organismo-ambiente è necessario, dunque, distinguere tre componenti:
1) il segnale o stimolo che precede la risposta comportamentale, per questo definito antecedente
2) il comportamento
3) la conseguenza.
Questi tre elementi sono interconnessi: un segnale produrrà un comportamento a cui farà seguito un esito, cioè una conseguenza.
Spesso gli adulti, osservando il comportamento dei loro piccoli, dicono frasi del tipo: “non capisco perché lo abbia fatto, sembrava così tranquillo…” oppure “senza motivo ha urlato, lanciato un oggetto per aria, ecc.”, ma in realtà il comportamento si verifica in un contesto in cui sono presenti sempre dei segnali e delle conseguenze, anche se a volte possono non essere stati rilevati. È bene precisare, infatti, che il segnale che precede il comportamento può provenire sia dall’ambiente esterno al bambino, che dall’ambiente interno, come nel caso di uno stomaco che brontola.
Le ampie differenze individuali su cosa ognuno di noi predilige come fonte di rinforzo risultano essere un elemento chiarificatore per determinare se un evento possa essere o meno rinforzante o addirittura avversativo. Esistono vari tipi di rinforzo:
- rinforzi di tipo primario, come l’uso del cibo o delle bevande o anche la condivisione di giochi e attività
- rinforzi di tipo secondario, come i rinforzi sociali cioè sorrisi, carezze, lodi e gesti di affetto.
Ma cosa succederebbe se un comportamento non fosse più seguito dal rinforzo? Si verificherebbe l’estinzione di quel comportamento dal repertorio comportamentale dell’individuo. A differenza della punizione, che provoca un decremento limitato nel tempo del comportamento, l’estinzione è la strategia più efficace e permanente per l’eliminazione di una risposta. Il comportamento, non consentendo più l’accesso al rinforzo non viene più messo in atto.
Per esempio, il comportamento di telefonare a una persona, viene estinto se questa non ci risponde o non ci richiama più. Per di più, la rapidità con la quale assistiamo alla scomparsa di un comportamento è legata alla storia dell’apprendimento del comportamento stesso, più precisamente a quanto prolungata risulta la storia di rafforzamento di quella particolare condotta.
Il concetto di rinforzo di cui abbiamo parlato finora è connesso a quello di motivazione. Tramite l’accesso ai rinforzi, infatti, diamo all’individuo un motivo per cui può essere vantaggioso mettere in atto un comportamento. Ognuno di noi compie delle scelte in base alla motivazione che ci porta a prediligerne alcune a scapito di altre, al fine di raggiungere i nostri scopi. La motivazione, inoltre, può essere intrinseca o estrinseca: è intrinseca quando si prova piacere nello svolgimento stesso di un’attività, mentre è estrinseca quando l’individuo è portato a compiere un comportamento perché in passato questo gli ha consentito l’accesso a rinforzi.
Il modello ABC nell'analisi funzionale
L’analisi funzionale (AF) è una metodica osservativa in grado di individuare la possibile motivazione del comportamento, ossia la sua funzione. Il metodo di analisi funzionale più in uso è quello che prevede tre elementi (ABC): l’antecedente, il comportamento e la conseguenza (antecedent, behavior e conseguent).
Le fasi dell'assessment funzionale
Quali sono le componenti dello schema ABC dell'analisi funzionale?
Il comportamento oggetto dell’analisi funzionale viene emesso in relazione all’ambiente in cui si verifica, quindi vengono registrati gli antecedenti, ovvero gli eventi o la situazione che si verificano prima del comportamento, il comportamento oggetto dell’analisi e i conseguenti, ovvero ciò che avviene dopo il comportamento. Il fine è quello di rilevare le variabili capaci di innescare, nel caso degli antecedenti, e mantenere, nel caso dei conseguenti, il comportamento.
In sintesi, l’analisi funzionale spiega il perché del comportamento in relazione all’ambiente in cui si verifica il comportamento stesso. La funzione può, però, subire delle variazioni, per cui il comportamento viene messo in atto inizialmente per accedere a una conseguenza e successivamente può diventare il tramite per soddisfare un’altra funzione rispetto a quella iniziale.
Un bambino, per esempio, può usare inizialmente il pianto per ottenere le coccole della mamma, cioè una richiesta di attenzione. Successivamente alla richiesta di attenzione si può aggiungere anche il ciuccio, cioè ottenere l’oggetto. Il pianto, nelle occasioni successive, è quindi mantenuto da più funzioni: l’attenzione e l’oggetto. Ovviamente, nel caso in cui il comportamento ha funzioni multiple, l’intervento andrà calibrato in base a queste.
L’analisi funzionale è uno strumento utile non solo per comprendere cosa motiva la persona a compiere comportamenti inadeguati, ma anche cosa spinge l’ambiente a fornire ad essi determinate conseguenze.
Ecco un esempio per chiarire meglio l’importanza dell’analisi funzionale per estinguere i comportamenti disfunzionali: è sera, la mamma e Lorenzo sono in salone a giocare. La mamma dice al bambino che è ora di andare a dormire, Lorenzo si alza e va verso la cameretta. La mamma va in cameretta e gli dice di andare a lavare i denti, allora Lorenzo corre verso il salone e si siede di nuovo sul divano. La mamma va in salone, lo prende per mano e lo sollecita di nuovo ad andare a lavare i denti. A questo punto, Lorenzo si butta a terra e inizia a gridare e a piangere, così la mamma lo prende in braccio e lo sgrida. Il bambino, allora, inizia a colpirla al volto. La mamma gli dice che è cattivo perché le ha fatto male e lo mette giù. Il piccolo corre in cameretta, la mamma lo raggiunge e gli dice di andare in bagno almeno a fare la pipì, quindi Lorenzo va in bagno, fa la pipì e torna in cameretta. La mamma gli dà un bacio, spegne la luce ed esce dalla cameretta.
La funzione dei comportamenti inadeguati di Lorenzo è l’accesso diretto al rinforzamento negativo, ossia la fuga. Nel momento in cui la mamma gli chiede di andare in bagno a lavarsi denti (situazione antecedente avversativa), lui corre in salone (comportamento di fuga), si allontana quindi fisicamente dalla possibilità che gli vengano lavati i denti. Successivamente, di fronte al rimprovero della mamma (conseguenza), mette in atto comportamenti aggressivi colpendola al volto ed interrompe tale escalation solo quando gli viene chiarito che non dovrà lavare i denti (vai in bagno almeno a fare la pipì).
In questo caso, per evitare comportamenti inadeguati di Lorenzo, rispetto al chiedere di lavarsi i denti, potrebbe essere utile anticipare tale richiesta, per poi consentirgli di giocare ancora un po’ in salone.
Le varie tipologie di analisi funzionale
In base al contesto, alle risorse che si hanno a disposizione, alla disponibilità delle varie figure e al tipo di comportamento oggetto di analisi, potrà essere scelto uno dei seguenti metodi:
- analisi funzionale indiretta: la funzione del comportamento viene indagata mediante la compilazione di questionari e scale per raccogliere le informazioni relative agli antecedenti e ai conseguenti del comportamento. Lo scopo è quello di ottenere in maniera rapida una serie di informazioni sul comportamento target, senza una sua diretta osservazione
- analisi funzionale descrittiva: l’osservatore, mediante lo studio del comportamento in contesto naturale, si propone di registrare gli antecedenti e i conseguenti che si verificano prima e dopo il comportamento target, in modo da porre una correlazione tra loro e il comportamento da osservare
- analisi funzionale sperimentale: prevede la manipolazione di variabili ambientali e la rilevazione dell’effetto che queste esercitano sul comportamento target. Vengono, quindi, predisposte delle condizioni antecedenti e conseguenti capaci di favorire l’innesco e il mantenimento del comportamento oggetto di studio.
Le applicazioni dell'analisi funzionale nel Parent Training
I programmi di Parent Training (PT) maggiormente diffusi nascono dall’esigenza di supportare i genitori di bambini che hanno un disturbo del neurosviluppo. In particolare, l’efficacia del Parent Training è stata ampiamente dimostrata in bambini e adolescenti che manifestano:
- disturbo da deficit di attenzione-iperattività
- disturbo oppositivo-provocatorio
- disturbo dello spettro autistico
- disturbo della condotta.
Nel corso del Parent Training i genitori imparano l’azione fondamentale di conoscere e comprendere le caratteristiche del proprio figlio: la conoscenza del problema, infatti, li scarica dal senso di colpa di avere educato male il proprio bambino o di non saperlo gestire e contenere.
Sono molte le situazioni per cui le ricerche scientifiche propongono il PT come intervento di prima scelta per supportare i genitori nella gestione di comportamenti disfunzionali del bambino, ottenendo così dei miglioramenti evidenti sia all’interno della famiglia che nel contesto sociale.
L'analisi funzionale nel bambino con ADHD
Nello specifico, parlando del disturbo da deficit dell’attenzione-iperattività (ADHD), si intendono per iperattività ed impulsività una serie di caratteristiche individuali, come la difficoltà a stare fermi e seduti e la tendenza a rispondere e agire in modo impulsivo. Il problema riguarda principalmente, quindi, la capacità di autoregolazione e autocontrollo e il conseguente uso intenzionale di strategie ed inibizione di risposte inappropriate. Questi comportamenti possono esporre il bambino a un crescente isolamento sociale, poiché compagni di classe, amici e adulti tenderanno a evitarlo.
Le interazioni con l’ambiente possono, quindi, influenzare in modo significativo lo sviluppo del bambino con comportamenti iperattivi e impulsivi. Se, per esempio, i genitori rispondono in modo coercitivo intollerante o con rabbia a tali comportamenti, le reazioni del bambino saranno quelle di comportarsi in modo ancora più negativo. Se, invece, le reazioni dei genitori sono tolleranti e costruttive e i comportamenti sono gestiti senza conflitti, il bambino viene supportato nella gestione delle proprie difficoltà e può sviluppare così una migliore autoregolazione.
È chiaro che i bambini con ADHD mettono in atto comportamenti impulsivi e iperattivi perché, al pari degli altri, vogliono raggiungere un obiettivo: usano però modalità inappropriate e spesso faticano anche a immaginare le conseguenze di un comportamento o di un’azione, rendendosi conto di quello che avviene solo quando è troppo tardi.
Dall’altra parte, spesso l’eccessiva attenzione riposta verso i comportamenti negativi del bambino rischia di offuscare i suoi punti di forza e di dipingerlo esclusivamente come un bambino problematico.
Per comprendere meglio quali sono i fattori scatenanti di comportamenti-problema e i relativi meccanismi di funzionamento di un bambino con ADHD è sicuramente fondamentale svolgere l’analisi funzionale del comportamento-problema. Analizziamo una situazione specifica: una mamma e le due figlie in età prescolare sono sul divano a guardare un film (antecedente). Barbara, una bambina di quattro anni, si muove in continuazione e finisce per dare più volte calci alla sorellina più piccola (comportamento-problema). La mamma chiede a Barbara di smetterla, ma lei continua a dare i calci. La sorellina si mette a piangere, la madre si arrabbia e porta via la piccola, rimproverando Barbara (conseguenza).
Da questo esempio si può rilevare che il genitore non ha chiara l’esigenza di Barbara di muoversi e di non riuscire a controllarsi, ma non conosce neanche l’importanza dell’attenzione negativa che in questi casi si attua con rimproveri e punizioni. Sarebbe infatti opportuno chiarire alla mamma di Barbara che le reazioni negative come rimproveri e punizioni hanno un ruolo fondamentale nel mantenere i comportamenti indesiderati, perché comunque concedono attenzioni al bambino.
In questo caso è comprensibile che la madre rimproveri Barbara, ma è importante poter fornire alla bambina esempi di modalità alternative di comportamento, che possano consentire sempre di esprimere i propri bisogni in forme più accettabili. Quindi, se sappiamo che Barbara non può fare a meno di muoversi, è opportuno stabilire i posti sul divano in modo che non si possano determinare le condizioni per cui sia vicina alla sorella più piccola: per esempio, il genitore si potrebbe mettere in mezzo, potrebbe lasciare più spazio a Barbara per muoversi o potrebbe far sedere la sorellina o Barbara su una poltroncina vicino al divano. La mamma dovrebbe trovare, quindi, una soluzione alternativa a priori per consentire a Barbara di esprimere comunque il proprio bisogno, che è quello di muoversi.
L'analisi funzionale in bambini con disturbo dello spettro autistico
Altro ambito in cui l’analisi funzionale può essere di risoluzione per i vari comportamenti-problema è il disturbo dello spettro autistico. La naturale capacità di entrare in contatto con l’ambiente, di comunicare e interagire con gli altri è compromessa nei bambini con disturbo dello spettro autistico, generando in loro reazioni apparentemente incomprensibili in momenti di difficoltà.
Facciamo un esempio concreto: c’è una festa di compleanno in un centro sportivo, adulti e bambini sono tutti insieme in un grande salone con gli animatori della festa. C’è musica ad alto volume ed urla di gioia. Un bambino nello spettro autistico di nome Dario entra nel salone camminando accanto alla madre: da subito manifesta disagio, si agita, emette dei suoni particolari, vuole stare in braccio. La mamma cerca di contenerlo e distrarlo.
Dario si tranquillizza, ma ad un certo punto, il compagno di scuola Filippo si avvicina a Dario e gli chiede di andare a giocare. Dario gli dà un calcio e scappa, la mamma lo insegue, lo prende in braccio e lo riporta nel salone. A quel punto, il bambino inizia a piangere e la mamma lo tranquillizza nuovamente. Dopo un po’, però, l’animatrice annuncia l’arrivo della torta, quindi parte la musica della canzone “Tanti auguri” e sia gli adulti che i bambini iniziano a cantare. Dario a quel punto inizia a gridare e a piangere, si morde il dorso della mano e si tappa le orecchie. La mamma, per calmarlo, è costretta a portarlo via.
L’antecedente in questo caso è che ci troviamo a festeggiare un compleanno in un centro sportivo dove adulti e bambini sono in un grande salone in cui ci sono vari stimoli uditivi. A causa della confusione Dario manifesta da subito disagio e, quando viene coinvolto da un bambino, gli dà un calcio e fugge via (comportamento problema). La conseguenza è che la mamma lo riprende e lo riporta nel salone aumentando così la sua ansia, tanto che poi c’è un'escalation dei comportamenti-problema del bambino.
In quest’ultimo caso, attraverso il Parent Training, si farebbe comprendere alla mamma che un ambiente così rumoroso (iperstimolazione uditiva) più le sollecitazioni sociali e relazionali possono creare difficoltà in bambini nello spettro autistico, quindi si dovrebbe lavorare nell’esporre gradualmente il bambino a certe situazioni.
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