Dipendenze
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Il gioco e l'azzardo

Il gioco e l'azzardo
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Stefania Pacca
Redazione
Psicologa Cognitivo-Comportamentale
Unobravo
Pubblicato il
7.2.2020

Il gioco è una cosa seria

Secondo lo storico e linguista olandese Joahn Huizinga il gioco è uno specifico bisogno sociale e un fenomeno non connesso a nessun interesse di tipo materiale; con esso si facilita l’espressione di emozioni e sentimenti: è tutt'altro che un semplice passatempo, bensì un’esperienza senza la quale l’uomo si sente mancante.

Il gioco è da considerarsi un elemento fondamentale dell’infanzia, attraverso cui il bambino può sviluppare e acquisire nuove abilità e competenze, misurarsi con i propri limiti, prendere coscienza e perfezionare alcune qualità come la creatività, l’imitazione e lo scambio di ruoli.  In età adulta invece assume un ruolo compensatorio, creativo, di scarico delle tensioni e dell’aggressività e va ad irrompere nella routine quotidiana facendo prevalere la parte divertente e gratificante delle cose semplici.

Il gioco dunque non solo è un’attività naturale, ma è anche preziosa ed indispensabile per lo sviluppo socio-psicologico dell’uomo.

L’azzardo è un gioco?

I giochi possono essere distinti in quattro categorie con caratteristiche diverse, che possono intrecciarsi l’una con l’altra: 

  1. giochi di competizione (agon): prevedono l’esistenza di un avversario con cui competere e sono influenzati dall'abilità dei partecipanti;
  2. giochi di travestimento (mimicry): si basano sulla simulazione, la fantasia, l’illusione, sono i giochi del “come se”; 
  3. giochi di vertigine (ilinix): provocano stordimento, un’alterazione temporanea della percezione, con una sensazione di eccitamento e agitazione; 
  4. giochi di rischio (alea): le abilità del giocatore non influenzano la vittoria o la sconfitta nel gioco. L’obiettivo è quello di vincere sulla sorte! Il giocatore è passivo, non sono richiesti sforzi né fisici né mentali. 

Alcune tipologie di gioco, come ad esempio il poker, possiedono caratteristiche sia dell’alea sia dell’agon

Che cos'è il gambling?

Tra i giochi di alea rientrano i giochi d’azzardo, nei quali: 

  • si scommette denaro o altri oggetti di valore; 
  • la posta, una volta messa in gioco, non può essere ritirata
  • il risultato del gioco dipende dal caso, cioè è impossibile prevedere il risultato del gioco. 
Pixabay - Pexels


Il giocatore d’azzardo

Lo psicoanalista americano Bergler afferma:

nella nostra civiltà chiunque è potenzialmente un giocatore della varietà innocua o di quella pericolosa

Secondo Bergler il vero gambler è colui che:

  • corre continuamente rischi;
  • a causa del gioco esclude ogni altro interesse;
  • concentra i suoi pensieri esclusivamente sul gioco;
  • si rivela un ottimista estremo e la sconfitta sembra non insegnargli nulla;
  • anche quando vince non riesce a smettere perché è convinto che continuerà a vincere sempre di più "perché è il suo giorno fortunato”;
  • anche se inizialmente riesce a mantenere la cautela, alla fine finisce per rischiare troppo;
  • nel gioco sperimenta una tensione piacevole e penosa insieme.

Il gioco d’azzardo è sempre un problema?

È opportuno precisare che il rischio di incorrere in una dipendenza non è presente solo del gioco d'azzardo! Anche nei videogiochi, per esempio, sempre più numerosi sono i casi in cui, soprattutto per gli adolescenti (ma non solo), il gioco viene utilizzato come rifugio sicuro dalle incertezze del quotidiano, perdendo il suo valore di ludens e diventando in alcuni casi ossessione o dipendenza.

È necessario distinguere il gioco d’azzardo problematico dal passatempo che stimola lo sviluppo dell’intelligenza, della creatività e fa vivere l’emozione del rischio. In questo caso la persona, anche se cede ad immaginare di poter guadagnare tanto da trasformare la sua vita ed esaudire così i suoi desideri, intuisce il sottile confine tra svago ad accanimento e riesce a non oltrepassarlo. 

Il Gambling, quindi, non è necessariamente patologia! Per la maggior parte delle persone il gioco d’azzardo rappresenta semplicemente uno svago come altri e resta un’attività sociale sana. Per una minoranza invece diventa un problema serio

Cottonbro- Pexels


Dal sano piacere dell’azzardo alla patologia

Chi si avvicina al mondo dell’azzardo spesso non immagina le potenziali conseguenze cui va incontro, in quanto si tratta di un’attività socialmente accettata e regolamentata dallo Stato. Nonostante le campagne di sensibilizzazione offerte dai mass media, difficilmente ci si identifica in una categoria a rischio, pensando di essere perfettamente in grado di controllarsi e godersi gli elementi di piacere evitando quelli negativi. Per molti effettivamente è così!

Come in tutti i giochi si vince e si perde e possono quindi anche capitare delle vincite più corpose. L'euforia che ne deriva può essere tale da far diventare il gioco sempre più frequente fino a diventare un’abitudine.  Ma la dimensione del piacere non è legata strettamente alla vincita e quindi al denaro. Se si ascoltano le persone che hanno questo problema si scopre che il piacere è nella giocata stessa e nel brivido del rischio, nell’attesa della sorte, nella sensazione di sospensione dalla realtà, nella speranza di rifarsi e sentirsi competente… 

Non esiste dipendenza che non abbia in sé un nucleo di piacere e ognuno di questi elementi rispondono ad un bisogno, a un desiderio, a un’aspettativa che può essere soddisfatta (illusoriamente) solo in questo modo.

Il gioco d’azzardo problematico: una questione multifattoriale

Come abbiamo visto c’è il rischio che il diletto diventi un'abituale tana in cui rifugiarsi per stare bene. Ma come mai c’è chi arriva a sviluppare una dipendenza e chi no? Questo dipende da molti fattori, tra cui:

  • risorse interne; 
  • risorse esterne; 
  • rete sociale;
  • storia familiare;
  • cultura di riferimento;
  • credenze su di sé, sugli altri e sul mondo;
  • prospettive future.


Tra le risorse interne, una delle principali, è la consapevolezza di avere un problema e il riuscire a chiedere aiuto.

MART PRODUCTION - Pexels




Questo è un contenuto divulgativo e non sostituisce la diagnosi di un professionista. Articolo revisionato dalla nostra redazione clinica

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